Eco-mostruosità senza frontiere, fra esempi architettonici di grande rilievo (anche se brutti) e scempi belli e buoni
Q
uando parliamo di “ecomostri”, nelle nostre menti appaiono presto immagini che fanno parte di una realtà fortemente italiana: immagini di costruzioni imponenti a ridosso di paesaggi naturali, edifici che paiono sculture contemporanee sulle quali Alberto Sordi avrebbe sicuramente da ridire, palazzi il cui interesse non è strettamente estetico, ammesso che ve ne sia uno. Si parla soprattutto di edilizia: non per niente molti di questi casi rivelano realtà di abusivismo e di sfruttamento del territorio che non lasciano troppo spazio alla salvaguardia del paesaggio.
Legambiente ha coniato questo termine che, nato in riferimento all’ormai conosciuto Hotel Fuenti sulla costa di Salerno, oggi designa una tendenza più generica di svariati edifici presenti sul nostro territorio ad essere contrastanti con l’ambiente circostante.
La questione italiana è evidente e sotto gli occhi di tutti: residenze, impianti, costruzioni giustificate da progetti che, se da un lato consentono più introiti alle amministrazioni, dall’altro non rispondono a reali criteri di necessità, arrecando più danni che profitti.
Eppure sarebbe interessante distaccarsi, pur senza dimenticarlo, dal tema dell’illegalità per analizzare in un’ottica strettamente paesaggistica ed estetica il fenomeno degli ecomostri, ed allargare quindi la nostra prospettiva anche in senso geografico. Uno sguardo sull’Europa può, non fosse altro che per un puro spirito di condivisione nella buona e nella cattiva sorte, fornirci qualche idea in più. Spostandosi nelle capitali come Londra, Berlino, Madrid e Dublino, passando per le autostrade che attraversano dell’Andalusia o concedendosi una passeggiata tra le Alpi francesi, infatti, di cose da scoprire ce ne sono.
30 St Mary Axe, London
Nella capitale del Regno Unito impera dal 2004 il primo grattacielo sostenibile: il 30 St Mary Axe, alto 107 metri e noto anche come “the gherkin” (il cetriolo) e come “chrystal phallus”, per la sua architettura definita, dai più, “audace”. Ebbene, questa costruzione inusuale soddisfa diversi criteri di sostenibilità poiché progettata con tecniche che consentono di risparmiare sul consumo energetico, sia per la luce che per il riscaldamento, grazie ad un doppio involucro vetrato che cattura luce naturale ed alla forma stessa dell’edificio che convoglia i venti e funziona da regolatore delle temperature, aumentandole in inverno ed abbassandole in estate. Il St Mary Axe sorge proprio nella City, la zona più antica di Londra, di cui costituisce la metropoli.
Tubature colorate, Berlin
Passeggiando per Berlino, ci si trova spesso e volentieri circondati da tubi rosa: grosse tubature che passano accanto ai tuoi piedi come sopra la tua testa; per la maggior parte sono rosa ma se ne possono vedere anche di blu e viola. Le informazioni disponibili su questa presenza a linee spezzate che colora le strade di Berlino paiono tutte confermare l’ipotesi più ovvia: si tratterebbe di una tra le innumerevoli rimanenze prebelliche della città, in particolare si tratterebbe del resto storico ma ormai in disuso dell’acquedotto; in ogni caso, non c’è traccia di spiegazioni sul colore né sulla scelta di non interrare questi tubi. E non c’è un unico luogo che ne presenti qualche tratto, lo si incontra un po’ ovunque.
Puerta de Europa - Torres Kio, Madrid
Madrid è la capitale che si fa ricordare, oltre che per tutto il resto, anche per i suoi splendidi palazzi dall’architettura barocca. Si rimane colpiti persino dalla sede centrale delle poste: un imponente edificio decorato e biancheggiante, per di più circondato da alcune tra le attrattive turistiche maggiori della città come la Fontana delle Cibeles o il Museo del Prado. Verso il nord della città, invece, si trova la Puerta de Europa che, inaugurata nel 1996, presenta due grattacieli inclinati l’uno verso l’altro, tra i primi costruiti in tutto il mondo, i quali si ergono su una grande distesa di siepi e aiuole, circondati da un complesso di edifici che costituiscono il centro finanziario e divenuti ormai simbolo della Madrid moderna.
Convention Centre, Dublin
Tornando nel nord Europa, sulle rive di un fiume, il Liffey, che raccoglie e riflette i tanti colori di Dublino, si può osservare senza fatica il recentissimo Convention Centre, inaugurato giusto nel 2010. Un edificio dalla struttura molto moderna, anch’esso inclinato ma solo nella sua porzione centrale di forma cilindrica, poiché ai lati sembra essere sostenuto dal resto dell’edificio, costruito in cemento e di forma rettangolare. Si tratta di un luogo destinato a conferenze ed eventi fieristici (lo scorso dicembre ha ospitato per esempio la rassegna dei sapori, delle tradizioni e dei riti del Natale irlandese).
Toros de Osborne, Andalucia
Il percorso alla ricerca delle stranezze architettoniche e non solo potrebbe continuare anche al di là delle grandi province, passando per l’Andalusia e le sue autostrade circondate da immense distese di prati sui quali campeggiano grandi riproduzioni di tori. Si tratta di costruzioni in metallo alte dai quattro ai quattordici metri nate come simbolo pubblicitario di un Brandy prodotto nel sud-ovest della Spagna (l’Osborne, non a caso sono noti anche come “Tori di Osborne”) ed accettate, pare, come simbolo del Paese. Arrivando a Grenoble, città del sud-est della Francia definita capitale delle Alpi, si può osservare che accanto ad antichi palazzi del centro storico sono stati costruiti negli anni Ottanta tre grandi palazzi che hanno tutta l’aria di grattacieli. In questo caso non si tratta di costruzioni destinate ad un uso pubblico: all’interno non vi sono che abitazioni.
Uno dei tre palazzi di Grenoble, Francia
Si potrebbero spendere molte righe con considerazioni sugli esempi riportati, i quali dovrebbero costituire un ponte tra l’Italia e l’Europa sull’argomento degli ecomostri, ma ciò che importa è capire il ruolo di tutto questo all’interno del paesaggio nel quale viene inserito, poiché l’idea di ecomostro risiede precisamente nella relazione che oggetto e contesto intrattengono reciprocamente. Dobbiamo chiederci infatti se tali esempi, che non sono assoluti, possono in qualche modo avere qualcosa in comune con l’idea di ecomostri che abbiamo nel nostro Paese.
Abbiamo intervistato il professor Michael Jakob, insegnante di storia e teoria del paesaggio presso le università di Losanna e Ginevra e direttore della collana Paysages per l’editore Infolio (Losanna), il quale ci invita a fare una distinzione preventiva, che spesso non viene tenuta presente quando si parla di ecomostri: «Bisogna saper fare la differenza tra un ecomostro ed un edificio che rientra nell’estetica del brutto, che ha invece una sua dignità». Esistono dunque delle qualità precise di ciò che può essere definito “brutto”, come per esempio l’essere fuori misura, ma ciò va considerato separatamente rispetto ad un ecomostro, che si caratterizza invece per il fatto di trovarsi in un luogo con il quale non c’è armonia. Secondo il professore, infatti, «il fenomeno sollevato da Legambiente è specificamente italiano, proprio perché parliamo di un territorio che è già connotato e che, in quei casi, viene violentato».
Risulta strano allora pensare ai recentissimi palazzi o alle costruzioni europee come ecomostri, dal momento che non sorgono in luoghi come la Costiera Amalfitana, e probabilmente non si può neanche imputare loro alcun margine di illegalità (seppure, nel caso di Madrid, ci fu una vertenza giudiziaria sull’impresario a causa di spostamenti illeciti di capitali).
Ciò che possiamo affermare con una certa sicurezza è che molti degli edifici antichi che si trovano in ogni città italiana come in Europa sono esempi architettonici di grande rilievo, sui quali sono state scritte pagine e pagine di storia dell’arte. La domanda sorge dunque spontanea: lo stesso destino attende ciò che la nostra modernità produce? Ma le questioni sono in realtà plurime: è sufficiente soddisfare criteri ecologici per dare meno peso alla bellezza di un edificio? E che cos’è la bellezza? Non è forse qualcosa che non riusciamo a cogliere se non a distanza? Ma soprattutto, sia che si tratti di edifici “brutti”, sia che si tratti di ecomostri, non saranno forse gli unici prodotti di ciò che siamo noi? La bruttezza e l’illegalità come unica cosa possibile?
Possiamo astenerci allora dal giudicare l’estetica, anche per una vocazione alla posterità che piace tanto agli italiani, ma la sensazione è che l’Europa possa confermare il fatto che si tratti di un fenomeno tutto nostro, ahinoi. Ma il motivo è perché abbiamo i paesaggi più affascinanti e suggestivi o perché i termini “abusivismo” ed “ecomostro” non trovano corrispondenti nelle altre lingue? Chissà: il 30 St Mary Axe sorge giusto accanto ad un castello; i tubi si trovano in una città caratterizzata ovunque da forti contrasti architettonici e bella per questo; Madrid riesce da sempre a far convivere grande architettura e grandi ambienti naturali; Dublino ti accoglie con quel fiume che ti guida ovunque tu vada; le autostrade dell’Andalusia sono tanto incantevoli quanto quelle che passano per la Toscana e a Grenoble trovi tutta l’atmosfera delle case francesi dai tetti rossi. La scelta della risposta sembra essere obbligata.