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onatella è una precaria, una di quelle donne (neppure tanto ragazzine … trentotto anni suonati) clienti abituali delle agenzie di lavoro interinale. Il suo ultimo contratto “a termine” è scaduto qualche settimana fa. Era stata assunta dalla XXX S.p.A., con mansioni operative per far fronte “… ad un incremento di attività”, o almeno così recitava il suo contratto.
Lella, come la chiamano gli amici, sa fin troppo bene che alla XXX non esisteva nessun “incremento di attività …” temporaneo che giustificasse l'apposizione di “un termine” alla sua assunzione. È la solita furbata all’italiana: le imprese utilizzano la generica formula “incremento di attività.." o "necessità di una copertura di posti .. ( che rimangono perennemente vacanti) per assenze temporanee" o “temporanee esigenze organizzative, tecniche o produttive” per eludere la normativa, giustificare l’uso di precari, cioè di lavoratori con contratti a termine ed evitare assunzioni a tempo indeterminato.
E’ una forma bella e buona di sfruttamento: sei ricattabile, se vuoi sperare nel rinnovo del contratto alla sua scadenza non devi avanzare troppe pretese. Insomma, come si dice dalle mie parti, devi “star schiscio”.
Donatella questa volta, però, si è proprio stancata della vita da "precaria incallita” che le impedisce di pensare al futuro. Non può sposarsi, né avere quel figlio che tanto desidera.
E poi – come le ricorda sempre Luca - l’orologio biologico corre...
Si è già rivolta ad un avvocato, che le ha spiegato che la legge non consente al datore di lavoro di assumere “dipendenti a tempo” per far fronte a delle esigenze aziendali permanenti.
Se ciò succede, il Giudice può dichiarare il termine previsto nel contratto non valido, cioè può considerarlo "come non apposto " e quindi stabilire che il contratto è, di fatto, a tempo indeterminato.
Se il Tribunale le darà ragione, la sua dittà dovrà ripristinare il suo rapporto di lavoro e anche pagarle le retribuzioni maturate con gli interessi.
Carlo e Gaia , gli amici di una vita, hanno già fatto causa ai loro titolari. Carlo dopo la sentenza del Giudice, nel 2006, è stato subito reintegrato con un contratto a tempo indeterminato.
Per Gaia, invece, la via crucis del precariato non è ancora del tutto finita: la causa davanti al Tribunale, certo, l’ha vinta, ma il suo capo è un osso duro. Non vuole cedere ed ha impugnato la sentenza in Corte di Appello.
Gaia è, comunque, fiduciosa perché le hanno detto che è solo questione di tempo!
Ma ahimè i sogni di Lella, di Gaia e degli altri precari sono destinati ad andare in frantumi a causa dell’inattesa legge di cui, in questi giorni, hanno tanto parlato i giornali: la norma anti precari.
Per dirla alla Calderoli “una vera porcata”, un “colpo basso al precariato” ed un grande regalo, direbbe qualcuno, “al padronato".
Infatti la norma, che presto sarà sottoposta al vaglio del Parlamento, agevola i datori di lavoro perchè attenua le conseguenze, le sanzioni per quelle imprese che usano in modo illegittimo i contratti “a termine”.
Se i nostri Onorevoli deputati e senatori la approveranno, il Giudice – anche ove accerti che Donatella e Gaia hanno ragione - non potrà più ordinare la loro reintegrazione nel posto di lavoro, con l’assunzione a tempo indeterminato.
Sarà in grado solo di imporre alla Parecri il pagamento di una semplice indennità, di una sorta di buona uscita che potrà andare da un minimo di 2,5 ad un massimo di sei mensilità dell’ultima retribuzione percepita.
Invece di ottenere, come accade oggi, un lavoro stabile che Le garantisca anni di regolare retribuzione, Lella si dovrà accontentare – ben che vada – di sei mensilità!
La norma crea, poi, un'evidente discriminazione tra lavoratori. Il testo proposto prevede, infatti, che la nuova disposizione si applichi solo ai giudizi in corso. Che vuol dire? Questo: Carlo è a posto, ma a Gaia sarà riservato un diverso trattamento, solo perchè - per colpe non sue - è ancora attivo il suo procedimento.
Ma non finisce mica qui. I datori di lavoro, nei giudizi intentati contro di loro dai dipendenti, si sono sempre difesi con un'argomentazione del tipo “Sig. Giudice, se avessimo saputo di non poter stabilire un termine alla durata del contratto non l'avremmo neppure concluso. La clausola che ne prevede "la durata" per noi è essenziale, e quindi, caro Tribunale, se la dichiari nulla, devi dichiarare nullo anche l'intero contratto ".
Dal momento che questa tesi ai Giudici del Lavoro non è mai piaciuta- perchè accettarla avrebbe voluto significare legittimare un ricorso indiscriminato all'apposizione del termine da parte dei datori di lavori, senza alcuna conseguenza per loro - il Governo Berlusconi ha ben pensato di farla diventare legge, così "le Toghe Rosse" la dovranno per forza applicare ... Morale della favola: le imprese potranno ricorrere sempre più facilmente al contratto a tempo determinato, anche per sopperire ad esigenze stabili della propria azienda, e non ci sarà per loro alcuna sanzione, o al più si tratterà di una punizione veramente irrisoria!
ll gioco è fatto...
Si mettano, quindi, il cuore in pace i precari e con loro pure l'Onorevole Meloni.
Pubblicato con il titolo "Lella e la norma anti-precari: una storia di Italiana follia" sul blog di Emanuela Beacco.