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Intervista al presidente dell'Irer e del distretto Hi Tech Brianza "Servono trasporti su ferro, competenze professionali e una giustizia efficente"

Professor De Maio, cominciamo con una valutazione d’insieme. A Suo parere, quali sono le prospettive del territorio della nuova Provincia di Monza e Brianza, come area capace di attrarre insediamenti di imprese innovative?
Parliamo della Brianza come territorio, indipendentemente dall’istituzione provincia. L’attrattività ha due facce: da una parte occorre trattenere quello che c’è, dall’altra attrarre. Cosa? Capitali, persone, attività produttive. La Brianza ha potenzialità molto forti, a partire dalla cultura imprenditoriale. Al di là delle competenze tecniche e professionali, c’è una attitudine all’impresa, al rischio, alla responsabilità. Al non cercare il posto di lavoro, bensì al crearsi e al creare i posti di lavoro. È una caratteristica, anche, di alcune altre aree italiane. E’ una cosa importante perché, anche in momenti di crisi, chi perde il posto di lavoro invece di cercarne un altro spesso decide di assumersi il rischio di mettersi in proprio.
Un altro aspetto è costituito dal fatto che la presenza di imprese tecnologicamente avanzate ha permesso di sviluppare capacità e competenze professionali di alto livello.
Il saper fare, il know how, la formazione tecnica è stata sempre uno dei punti di forza dell’area.

Quindi a Suo parere la formazione ha anticipato le esigenze produttive?
Sì, ha anticipato.

Che tipo di formazione? Professionale, universitaria?
Professionale, a tutti i livelli.

Interessante: spesso si dice che abbiamo carenza di competenze professionali di alto livello.
Abbiamo carenze professionali a tutti i livelli, dall’operaio specializzato al dottore di ricerca. La rinascita dopo la guerra è stata fatta dai periti.

Quindi Lei ha una visione ottimistica del futuro della Brianza?
Ottimistica no, positiva, anche se la cultura dominante è insidiata da una cultura, diffusa nel nostro Paese, secondo cui invece di agire si aspetta che qualcuno intervenga a risolvere i problemi. Al posto del motto, tradizionale da queste parti, “aiutati che Dio ti aiuta” si diffonde l’idea di aspettare che Dio si dia da fare. Anche se in Brianza questo modo di pensare è ancora minoritario.
Se c’è una possibilità di ripresa, essa verrà da aree come la Brianza, dove c’è lo spirito del darsi da fare, del cercare nuovi mercati, fare nuovi prodotti o farli in modo nuovo.
Vi è anche un altro elemento che caratterizza la Brianza: ed è un radicato spirito comunitario.

Cosa si potrebbe o dovrebbe fare (in particolare da parte delle istituzioni) per far sì che gli aspetti positivi che caratterizzano la Brianza dispieghino tutte le loro potenzialità?
Qualsiasi intervento che possa stimolare queste caratteristiche positive è auspicabile. E’ quello che cerchiamo di fare, ad esempio, con la Fondazione del Distretto Hi-tech Milano-Brianza: favorire e stimolare questi fattori facilitanti di una ripresa dell’attività imprenditoriale.
L’esistenza di piccole e medie imprese è un elemento positivo per lo sviluppo di nuovi insediamenti maggiori. Ogni grande impresa avanzata fa più a meno dell’outsourcing, e il disporre di fornitori qualificati ed affidabili a breve raggio sul territorio, che possano diventare quasi dei partner, è un fatto positivo. Da questo punto di vista emerge un altro punto di forza che è della Lombardia e in particolare della Brianza: la multiculturalità tecnologica. Nella Brianza non c’è una monocultura come in altri territori o distretti italiani, c’è una “multitecnologicità” che tocca fra l’altro molti dei settori più proiettati nel futuro.

Ma anche le imprese che operano in settori avanzati e che notoriamente si approvvigionano su scala globale hanno bisogno di queste “reti corte” sul territorio?
Certamente, per i collegamenti con l’esterno, per diversi servizi, per le competenze professionali necessarie.

Spesso i confronti internazionali mettono in evidenza una carenza italiana di laureati.
Sono confronti errati, un bachelor anglosassone è comparabile non con un laureato italiano, ma con un diplomato.
C’è però sicuramente il fallimento delle lauree triennali, dovuto al fatto che l’università italiana, i suoi docenti non sono preparati a fornire una formazione professionalizzante in tre anni. E speriamo che gli istituti interstudi possano tornare ad essere come quelli di una volta, serbatoi per l’innovazione e l’imprenditoria.

Tornando al territorio della Brianza, quali sono secondo Lei gli aspetti più importanti perché sia attrattiva, al di là della cultura imprenditoriale e comunitaria di cui abbiamo parlato?
La disponibilità di persone dotate di competenze tecnico professionali, dall’operaio specializzato al dottore di ricerca.

E secondo Lei queste persone ci sono in Brianza?
Ce ne sono più che altrove, ma non abbastanza.

E inoltre?
I trasporti, di persone e merci, a breve media e lunga distanza. Specialmente su ferro.

E ancora?
I servizi, a partire dalla giustizia. Se chi progetta di insediarsi sa che per riscuotere un credito si debbono aspettare anni, non viene.

Ma la giustizia non dipende dai poteri locali, anche se il Tribunale di Monza è sempre citato come esempio di rara efficienza.
Ma quanto dura una causa civile? Ci sono poi tanti altri servizi locali, legati ai piani regolatori, a concessioni, autorizzazioni varie, che rendono difficile anche realizzare un capannone. Spesso gli sportelli unici si sono rivelati uno sportello in più invece che un modo per eliminare gli altri. C’è una completa aleatorietà dei tempi, e non si investe se non si sa quando si potranno prendere le decisioni. Per un investitore è meglio dire “no” in fretta che “forse” tra cinque anni.
Un altro problema è il campanilismo esasperato nel governo del territorio. Le decisioni sono spezzettate a un livello di territorialità così minuta da non consentire risultati adeguati. Io sono antinapoleonico e antisabaudo, sono per il risolvere le cose al livello più basso. Ma allora bisogna sapere quali sono le dimensioni territoriali giuste per governare che cosa.

È il principio di sussidiarietà.
Ma lo dicevano già Carlo Cattaneo, e i liberali dell’inizio ottocento. È una risposta questa molto interessante. Ci sono problemi risolvibili a livello di città o di quartiere, ma certe localizzazioni o reti non possono essere decise a livello comunale, spesso nemmeno provinciale o addirittura regionale.

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La STM di Agrate (foto tratta da www.camplus.it)

Che importanza lei dà all’ambiente ai fini della attrattività? La Pedemontana è l’esempio più problematico: da una parte appare essenziale dal punto di vista logistico, ma dall’altra non dovrebbe compromettere l’ambiente, che a mio parere, soprattutto in territori come la Brianza, riveste un valore sempre più inestimabile. A Suo parere la difesa delle aree verdi e inedificate è di importanza fondamentale o secondaria? Il problema si pone anche nel caso degli insediamenti produttivi di nuove iniziative, di cui parlavamo prima.
Noi siamo purtroppo in un’area sovraffollata, con densità abitative spaventose. Dobbiamo quindi pianificare tenendo conto di ciò. Dimentichiamo spesso due aspetti. 1. La protezione della bellezza del territorio non riguarda solo i monumenti storici ma anche la bellezza dell’ambiente naturale, fondamentale per la qualità della vita e per lo sviluppo economico. 2. Che la pianura padana è un territorio di una fertilità eccezionale.
Se teniamo conto di questi aspetti, dovremo pensare di edificare sul già costruito e in verticale. Comunque la difesa dell’ambiente culturale e naturale è essenziale per l’attrattività del territorio.

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Giacomo Correale Santacroce e Adriano De Maio

Lei ha in mente qualche area, in Italia o altrove, che può essere definita particolarmente attrattiva? A me vengono in mente due esempi di imprese straniere legate al territorio italiano: la Glaxo (ora Glaxo-Smithkline), che ha da sempre un importante centro di ricerca a Verona, o la Nuova Pignone di Firenze, che venne ceduta alla General Electric con forti polemiche, per il timore di uno svuotamento e di una successiva chiusura, e che invece è oggi capofila della divisione Oil & Gas della GE. All’estero, mi viene in mente Antipolis, nel retroterra di Antibes, tra Cannes e Nizza, che ospita aziende di informatica, elettronica, telecomunicazioni, biotecnologie e farmacologia.
Io penso alla Catalogna intorno a Barcellona, o alla regione Rhone-Alpes. Gli elementi di attrattività sono sempre i soliti: i servizi alle imprese e alle persone, la sanità, il sistema scolastico, un territorio piacevole, la vicinanza a centri culturali, le comunicazioni comode e veloci.
Da questo punto di vista, la Brianza può non essere da meno: la possibilità di raggiungere in un’ora la montagna, i laghi e il mare, i collegamenti con altre città importanti, oltre a Milano, come Torino, Bologna e in prospettiva, con la TAV, fino a Venezia. I talenti, i servizi. Le premesse ci sono. Occorre valorizzarle al meglio.

Ultima domanda: come mai, secondo lei, Celestica ha abbandonato il territorio brianzolo mentre Cisco sta potenziando la sua presenza?
Cisco ha puntato sulle competenze di alto livello. Ha adottato una strategia internazionale basata sulla suddivisione di competenze per aree particolarmente vocazionate. Milano con la Brianza è una di queste. Celestica non svolgeva una attività in cui veniva richiesta competenza di alto livello . La Brianza, come altre aree sviluppate, non può più svolgere attività che puntano sulla quantità anziché sulla qualità, che richiedono forza lavoro di livello medio-basso. Non è questione di questo o quel prodotto: occorre chiedersi quanta intelligenza c’è in un prodotto. L’impresa del presidente degli industriali brianzoli e della Camera di commercio di Monza e Brianza, Carlo Edoardo Valli, produce maniglie per le porte. Il suo successo non dipende da un prodotto tecnologicamente avanzato, ma dal contenuto in materiali e design di quel prodotto. Le maniglie standard verranno prodotte in paesi a basso costo del lavoro e con minori competenze.
E se si vogliono attrarre imprese di alto livello, occorrerà tener conto congiuntamente di tutti i fattori di attrattività di cui abbiamo parlato. Imprese di questo tipo avranno bisogno di persone giovani e culturalmente esigenti. Quindi persone che avranno figli, che vorranno servizi sanitari eccellenti, scuole che pratichino un vero bilinguismo, la possibilità di raggiungere facilmente teatri o centri per la pratica sportiva, eccetera. Altrimenti non verranno.
Non è soltanto una questione del tempo cosiddetto libero. Anche il posto di lavoro conta. Adriano Olivetti diceva: se una persona lavora in un ambiente gradevole, produce anche di più. Pistorio, ex presidente di STMicroelectronics, ha lanciato un decalogo sul rispetto ambientale, in base al quale l’impresa ha ottenuto risultati importanti per il recupero dell’acqua, per la riduzione degli imballaggi, per il risparmio energetico. Occorre avere un approccio non ideologico ai problemi ambientali, ma imprenditoriale. Affrontarli in un’ottica non di costo, ma di vantaggio per l’impresa.

Io frequento sia circoli ambientalisti che imprenditoriali. Debbo dire che se tra i primi trovo spesso atteggiamenti “fondamentalisti”, tra i secondi riscontro spesso visioni ristrette e di breve respiro.
È vero. C’è ancora una troppo scarsa attenzione all’importanza della conservazione delle risorse.

Chi è Adriano De Maio


Nato a Biella nel 1941, laureato in Ingegneria elettronica al Politecnico di Milano dove in seguito è stato Professore (di Gestione Aziendale e di Gestione dei Progetti Complessi), Pro-Rettore Vicario e Rettore (dal 1994 al 2002). Rettore alla LUISS Guido Carli Roma (dal 1992 al 1995), Commissario straordinario CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche, dal 1993 al 1994) e molto altro ancora.
Autore di numerose pubblicazioni su Ricerca Operativa, Project Management, Gestione Aziendale, Gestione e strategia dell’innovazione. È attualmente Professore ordinario di Gestione dei progetti complessi al Politecnico di Milano, Presidente dell'IReR (Istituto di Ricerca della Lombardia), Consigliere di Amministrazione, oltreché di Saes getters S.p.A., anche di Indesit
Company S.p.A., TxT e-solutions S.p.A., Telecom Italia Media S.p.A., Consigliere di Amministrazione dell’Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l’innovazione, Presidente del Collegio Ingegneri ed Architetti di Milano, Presidente Fondazione Distretto Hi Tech della Brianza.

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Le puntate dell'inchiesta

Introduzione - Monza e Brianza: cosa li rende attraenti?

1 - L'intervista ad Adriano De Maio (Distretto HiTech Brianza)

2 - L'intervista a Stefano Venturi (AD Cisco Italia)

3 - Augusto Abbarchi (SAP Italia)

4 - Pietro Palella (STMicroelectronics)

5 - Giuseppe Crippa (Brianza Plastica)