Perché i problemi di Mr Jones, che a Seattle non riesce più a pagare il mutuo,
dovrebbero interessare anche al signor Cazzaniga a Monza.
«S
i dice che il minimo battito d’ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo”. La frase celebre, tratta dal solito filmone hollywoodiano, The Butterfly Effect (ma, prima ancora, da un omonimo racconto di Ray Bradbury, impropriamente tradotto in italiano come Rumore di tuono) si riferiva in origine a una nozione della teoria del caos nota appunto come “effetto farfalla”. Ma è diventata un po’ la cifra di cosa significhi oggi l’interdipendenza delle economie nel nuovo scenario globalizzato.
Ce ne siamo resi drammaticamente conto nel 2007. Quando quello che all’inizio sembrava un problema locale e circoscritto – la crisi dei mutui subprime negli Usa – è diventato all’improvviso una crisi mondiale. Prima finanziaria, e poi economica. E proprio il mercato immobiliare è stato la cinghia di trasmissione che ha trasferito il credit crunch dall’ambito della finanza all’economia reale. I soldi della speculazione erano virtuali, ma gli immobili erano reali. Vere le case che molti americani (e non solo) hanno dovuto cedere alle banche o rivendere, perché non potevano più sostenere i mutui. Veri i palazzi in costruzione rimasti incompiuti. Veri gli uffici desolatamente vuoti.
L’immobiliare, cinghia di trasmissione della crisi
Il crollo dell’edilizia ha presto coinvolto il manifatturiero. Perché se è vero che quand le bâtiment va, tout va, come insegna il nostro Presidente del Consiglio, è purtroppo vero anche il contrario. Il panico sui mercati finanziari ha fatto il resto. La self-fulfilling prophecy si è realizzata ancora una volta: a furia di ripetere che c’era crisi, ecco che tutti hanno tirato i remi in barca. Anche chi i soldi in tasca ce li aveva, ha bloccato gli investimenti. E a molte aziende non pareva vero di poter prendere la scusa della crisi per abbattere la scure sui dipendenti, notoriamente il primo costo che un’azienda tenta di tagliare.
E ora immaginiamo di essere su Google Earth, e di zoomare dalla panoramica del pianeta all’Europa, poi all’Italia, infine alla Brianza e a Monza. Eccoli lì, i tetti rossi del capoluogo brianteo. Apparentemente tutto come al solito. Ma di nuovo c’è che a Seattle Mister Jones negli ultimi due anni ha comprato un Suv e un nuovo home theatre, ha fatto due vacanze ai Caraibi con la terza moglie e deve pagare gli alimenti alle due ex. Le sue carte di credito sono tutte in rosso e non può pagare la rata della casa. Il suo mutuo diventa subprime, cioè di categoria inferiore quanto ad affidabilità, e la banca lo vende a una finanziaria d’assalto (in America si può fare, un po’ come la cessione crediti da noi) che non è minimamente interessata a rinegoziarlo, ma solo a fare cassa prendendosi la casa. E intanto per il signor Cazzaniga a Monza aumenta la rata del suo mutuo a tasso variabile. Effetto farfalla.
Prezzi più facili, mutui più difficili
Per qualcuno però la crisi ha portato anche qualche effetto positivo. I prezzi delle case sono scesi, anche se meno di quanto pronosticato, dopo una galoppata che li ha portati negli ultimi anni a livelli spesso totalmente avulsi dal reale valore intrinseco degli immobili. Una galoppata i cui principali responsabili molti individuano nelle agenzie immobiliari: con il meccansimo della provvigione a percentuale, l'agenzia ha ovviamente intreresse a che l'immobile sia venduto non a un prezzo equo, o di mercato, ma semplicemente al prezzo più alto possibile. Una speculazione che nel nostro paese è aggravata da una specificità tutta italiana: le agenzie percepiscono la loro commissione sia dal compratore sia dal venditore, mentre negli altri paesi è normalmente solo il compratore a pagare, come avviene per le spese accessorie. E come vorrebbe la logica, poiché si suppone che sia chi acquista colui che ha la disponibilità finanziaria, mentre chi vende è colui che sta cercando la liquidità.
Secondo l’istituto di ricerca indipendente Scenari Immobiliari, specializzato nel settore, per il mercato immobiliare il 2009 è stato addirittura il peggiore del secolo con un calo del fatturato complessivo intorno al 10%. buona parte di questo calo dipende dal crollo delle compravendite: circa il 25% in meno di case vendute rispetto allo scorso anno.
Non è una bolla che esplode, almeno per l’Italia, perché un calo del 10% è già il livello di discesa atteso due anni fa. Quello che è drammatico, soprattutto per molti che vogliono comprare una casa o hanno necessità di comprare una casa, è che, nonostante il costo del denaro sia molto basso e nonostante il calo dei prezzi delle abitazioni, oggi diventa molto difficile sottoscrivere un mutuo e farsi finanziarie da una banca per comprare. La mancanza di finanza è una delle motivazioni principali di questo calo non solo nel mercato della casa, ma anche nel mercato cosiddetto corporate: cioè quello delle imprese, degli uffici, dei centri commerciali e del terziario.
Del resto anche i grandi immobiliaristi (esemplare il caso di Zunino che ha rischiato il fallimento, trascinandosi dietro il nuovo quartiere Santa Giulia a Milano) sono in difficoltà. E le banche, fortemente esposte con gli operatori importanti, hanno bisogno di ristrutturare il debito. E stringono i cordoni della borsa con i piccoli e con i privati. Anche perché, grazie alla nuova normativa sui fallimenti, di fronte a un piano industriale credibile le banche creditrici possono rifinanziare. E così sta accadendo anche nell'immobiliare quanto sta avvenendo negli altri settori produttivi: il sistema bancario è chiamato a fare da tappabuchi, con l’aggravante dell’obbligo morale per avere in passato speculato.
"Cetrice" di Cecilia Viganò
Le prospettive
Per il 2010, sempre secondo Scenari Immobiliari, a Milano lo scarto di prezzo tra il richiesto e l'effettivo, concluso nel settore residenziale, oscilla tra il 10 e il 20 per cento. Perché questa variazione? Dipende soprattutto dallo stato di manutenzione dell'immobile. Quando il mercato immobiliare cresce, il compratore di un'abitazione, anche se questa non è in buone condizioni, è disponibile a pagare il prezzo medio, perché è abbastanza certo che i costi di ristrutturazione poi saranno assorbiti dall'aumento di valore dell'immobile. Quando il mercato scende, i costi di ristrutturazione non saranno invece assorbiti se non per un lungo periodo dall'aumento del valore dell'immobile, quindi il compratore sconta o cerca di scontare tutti gli intereventi di ristrutturazione o di manutenzione straordinaria dell'immobile dal venditore.
Non c'è, invece, se non marginalmente, uno sconto sul canone di locazione, dove chi offre in locazione un'abitazione e chi la ricerca, a Milano come in altre città, non è un mercato perfetto. Il proprietario cerca un inquilino non solo che paghi il canone che lui ha in mente, ma un inquilino che non dia problemi. Che dal punto di vista del proprietario significa: che non sia una famiglia, che magari lavori a Milano, ma non abiti a Milano, che in tempi brevi se ne vada da questo appartamento, che lo tratti bene, ovviamente che non sia un immigrato. Quindi è un mercato molto rigido. Si fanno pochi contratti di locazione, nonostante un enorme domanda di affitto. Rimangono molte abitazioni sfitte sul mercato, e lo stock continua ad aumentare. Purtroppo non c'è nulla che possa fare invertire questa tendenza. Perché i proprietari continuano ad essere preoccupati di affittare gli appartamenti e preferiscono tenerli vuoi anche per un lungo periodo. E una giovane coppia, o un ragazzo che ha bisogno di un'abitazione, è costretto ad acquistarla facendosi aiutare dai genitori.