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Luigino Bruni, economista, ne ha parlato il 7 ottobre al Binario 7, in una serata organizzata dal Centro Culturale Ricerca di Monza.

 

“La crisi economica di oggi è frutto di un modello di sviluppo non equilibrato e tutto sommato insostenibile: per l’ambiente naturale, per il tessuto sociale, per le relazioni sociali, per la felicità umana. La natura di questa crisi è essenzialmente etica, poiché ha a che fare con relazioni (con la natura, con gli altri, con la politica, con se stessi). Per uscire dalla crisi (se mai ne usciremo) è necessario ripensare la basi etiche dello stare assieme: non è solo questione di debito pubblico, di incapacità politica e di corruzione: tutto ciò è solo la punta dell’iceberg!”

Con questa frase Luigino Bruni, docente di economia alle Università Bicocca di Milano e Sophia (Firenze), ha iniziato la serata organizzata dal CCR di Monza, dal titolo: “Economia ed etica”.

Bruni è quindi passato a illustrare i tre grandi paradossi dell’economia e della crisi attuale: quello della felicità, della fiducia e quello dei beni comuni. L’elemento in comune che lega questi tre paradossi è, secondo Bruni, il ruolo cruciale che svolgono le relazioni interpersonali.

 Tutte queste affermazioni suonano probabilmente stonate per coloro che pensano materialisticamente all’economia, cioè come a un sistema che dovrebbe avere come obiettivo lo sviluppo individuale e collettivo, muovendo flussi di denaro e merci più o meno consistenti, mentre, nella realtà delle cose, la questione risulta avere risvolti anche molto più immateriali di quanto comunemente si pensi.

Il paradosso della felicità. Sono ormai diversi anni che, parlando di PIL, sia stato dimostrato come il suo aumento non sia proporzionale a quello della felicità degli individui. Anzi, secondo Bruni, arrivati a un punto di rottura di tale equilibrio, a un aumento della ricchezza, si provoca addirittura una diminuzione del proprio ben-essere. Se il possesso di una maggiore ricchezza consente, sino a un certo punto, di aumentare le possibilità di scelta, si arriva poi al paradosso di non poterne più godere. Questo rapporto tra quantità materiali e immateriali in gioco, può essere recuperato, secondo Bruni, attraverso la gratuità e il volontariato, che consente di riequilibrare tale curva discendente.

Il paradosso della fiducia. Bruni ha fatto questo semplice esempio: se Anna vuole comperare un francobollo da Bruno (che sta in Australia), presi gli accordi, dovrà poi fargli un bonifico bancario. C’è pur sempre il rischio che Bruno, ricevuti i soldi, si tenga sia il francobollo che il denaro. Stando a questo fatto, ad Anna, paradossalmente, non converrebbe fare nulla. Ma se vuole il francobollo, deve rischiare e dare fiducia a Bruno e, in quel caso, avrà il francobollo e l’altro, la cifra pattuita. Nei mercati, la questione della fiducia non è cosa di poco conto. Un esempio semplice per tutti: le banche, concedono i propri prestiti e fidi solo a chi offra elementi di tipo fiduciario, più o meno calcolati. Bruni ha fatto rilevare che, nelle relazioni interpersonali, il dare fiducia anche a soggetti che non sempre la meritano, aumenti in questi la disponibilità a diventare a loro volta più affidabili.

Il paradosso dei beni comuni. L’esempio che è stato fatto è quello dell’isola di Pasqua, dove una civiltà si estinse perché, si diede eccessivo spazio al profitto individuale. Si narra infatti che il possessore di una mandria, si arricchiva aumentando il numero dei propri capi di bestiame, i quali poi mangiavano l’erba che era di tutti. Le mucche davano latte per tutti fino a quando, aumentando troppo di numero, mangiarono tutta l’erba e alla fine non furono più in grado di nutrire, né loro stesse, né gli altri. Come dire: lasciando eccessivo spazio all’arricchimento individuale si arriva al paradosso di distruggere i beni comuni. Per evitare questo, è quindi necessario porre dei limiti alla libertà di arricchimento individuale. Facile il paragone con la capacità di rigenerazione delle risorse naturali del pianeta in cui viviamo. Un altro aspetto, dice Bruni, riguarda il fatto che se un “bene comune”, ad esempio un parco comunale, viene vissuto dalle persone come “bene di tutti”, spesso finisce per essere considerato da taluni un “bene di nessuno”, e si rischia poi di farne un “uso-abuso”, anche fino alla sua compromissione.

 Cosa sta accadendo ora? Dice Bruni: “Nei Paesi a reddito elevato, sta succedendo che l’aumento del reddito pro-capite sta portando con sé una diminuzione di benessere soggettivo delle persone, poiché si stanno “inquinando” aree importanti della vita: in particolare i beni ambientali, i beni relazionali e in generale i beni di gratuità”.

 Poi ha continuato dicendo: “La crisi che viviamo è crisi profonda perché è essenzialmente “crisi di relazioni”: il vecchio modello tradizionale, basato sul principio gerarchico, non funziona più: ma non è nato ancora il nuovo. Occorre saper ricreare, anche in Italia, dei luoghi della fiducia, nei quali le persone, le istituzioni, possano ritrovare buone ragioni per investire in nuove relazioni”.

 Non c’è che da augurarselo, anche perché, troppo spesso, le Istituzioni si sono chiuse a riccio, trascurando il dialogo e l’ascolto, facendo prevalere l’arroganza del proprio potere, tralasciando la difesa del bene comune e pensando invece al proprio mantenimento e agli interessi personali di pochi potenti, a loro strettamente collegati.

Gli autori di Vorrei
Giorgio Majoli
Giorgio Majoli

Nato nel 1951 a Brescia, vive a Monza dal 1964. Dal 1980 al 2007, ha lavorato nel Settore pianificazione territoriale del Comune di Monza, del quale è stato anche dirigente. Socio di Legambiente Monza dal 1984, nel direttivo regionale nei primi anni ’90 e dal 2007, per due mandati (8 anni). Nell’esecutivo del Centro Culturale Ricerca (CCR) di Monza dal 1981. Ora pensionato, collabora come volontario, con associazioni e comitati di cittadini di Monza e della Brianza, per cercare di migliore l’ambiente in cui viviamo.Qui la scheda personale e l'elenco di tutti gli articoli.