Normalmente ci si stracciano le vesti perché una impresa chiude, o si cita come straordinaria una che nasce e cresce, mentre si tratta di un processo normale. Oppure, c’è chi vede solo le cessazioni, e chi al contrario solo i successi.
Nonostante le vicende quotidiane ci confermino la lezione che il sistema produttivo, insieme a tutto il resto, è dinamico, in continua trasformazione, la maggioranza della gente continua a ragionare in modo statico: normalmente ci si stracciano le vesti perché una impresa chiude, o si cita come straordinaria una che nasce e cresce, mentre si tratta di un processo normale. Oppure, c’è chi vede solo le cessazioni, e chi al contrario solo i successi.
Ma la cosa più strana è che molti guardano all’impresa come qualcosa di fisso, come una mucca che bruca tranquilla in una malga, da portare poi alla mungitura. Qualcuno si prenderà la panna, qualcun altro il resto, magari litigheranno, ma tutti e sempre confidando in una impresa-mucca “solenne come un monumento” di carducciana memoria (si trattava di un bove, ma fa lo stesso). Salvo rimanere costernati quando stramazza a terra dissanguata. A causa loro.
Occorrerebbe invece prendere atto che il cambiamento è la regola, che la “distruzione creativa” di J. A. Schumpeter è sempre in azione, e che il problema sta nel gestirla limitandone i danni e volgendola al servizio dello sviluppo umano e dell’ecosistema.
Per tentare di capire se l’economia di un dato territorio è in una crisi temporanea o prolungata, in crescita o in declino, e soprattutto cosa è possibile fare perché i cambiamenti in atto siano indirizzati in senso positivo, occorre acquisire una visione più ampia e proiettata nel futuro non immediato.
Per quanto riguarda l’economia brianzola, gli studi e le ricerche disponibili non sembrano, purtroppo, orientati verso una visione ampia e lungimirante dei cambiamenti in atto. La prima e ultima ricerca in proposito è forse stata “Brianza Domani. La sfida del futuro” coordinata da Lanfranco Senn dell’Università Bocconi e promossa dalla Camera di Commercio di Milano (quella monzese ancora non c’era) e da AIMB (Confindustria Monza e Brianza) nel 2007. Sarebbe bene aggiornarla.
Le ricerche istituzionali, fatte per lo più dalle Camere di Commercio e dalle associazioni imprenditoriali, hanno prevalente carattere congiunturale, o al massimo tendenziale (confronto con l’anno precedente).
Ma forse, anche da queste è possibile trarre qualche segnale per rispondere a domande del tipo: “Come sta cambiando l’economia brianzola (e dintorni)? Dove sta andando? Cosa sarebbe bene fare per contrastarne l’eventuale declino, e promuoverne lo sviluppo?”. Uso il vecchio termine “sviluppo”, invece del mantra “crescita”, per sottolineare che non abbiamo bisogno di crescere quantitativamente, bensì qualitativamente.
Farò un modesto tentativo in questo senso, cominciando dalla indagine Excelsior.
Sistema Informativo Excelsior.
Il Sistema Informativo Excelsior è una indagine campionaria che ogni Camera di Commercio svolge trimestralmente, per rilevare le previsioni delle imprese in fatto di occupazione e di fabbisogni professionali.
L’indagine effettuata nella Provincia di Monza e Brianza per il primo trimestre di quest’anno ci dice che delle 1500 assunzioni previste (l’8 per mille sul totale degli occupati), il 60% riguarda il settore terziario, e il 40% il settore manifatturiero.
Nell’industria, le assunzioni previste sono concentrate nel settore della metalmeccanica – elettronica (21,8% del totale)
Il terziario comprende attività molto diverse, e conviene guardarci dentro. Si nota allora che una su cinque previsioni di assunzioni riguarda il commercio, e un po’ più di una su dieci (11,6%) i servizi avanzati (per le imprese) e i servizi alle persone (sanità, scuola eccetera).
La parte del leone la fanno i diplomati, quasi il 50% (48%), e i laureati il 16%. Un quarto delle richieste non esigono una formazione specifica.
Quasi un terzo (30%) delle richieste riguardano personale cosiddetto “high skill”, cioè dirigenti, o professionalità specialistiche e tecniche. E’ ciò che accade anche nel resto della Lombardia, ma supera di sette punti la media nazionale.
Un altro terzo delle assunzioni previste riguarda gli operai specializzati. Una su cinque riguarda attività commerciali e di servizi, e solo il 13% personale impiegatizio generico.
Considerazioni.
E’ possibile trarre da questi scarni dati qualche indicazione circa le prospettive di cambiamento dell’economia brianzola?
Essi ci confermano che ormai le attività riconducibili ai servizi sono ampiamente prevalenti su quelle manifatturiere, che pure conservano per la nostra provincia una dimensione rilevnnte.
Tra i servizi, sembra importante che cresca la domanda di assunzioni per quelli avanzati, che sono collegati con lo sviluppo di altre attività produttive.
Può sorprendere favorevolmente la relativa esiguità della domanda per i servizi finanziari, che li rende congrui con le necessità dell’economia reale piuttosto che a una superfetazione speculativa. E può spiacere invece la scarsa domanda per i servizi turistici, che conferma la scarsa attrattività di Monza e della Brianza da questo punto di vista.
Il fatto che la domanda di personale “high skill” sia a un livello molto superiore a quello nazionale conferma l’esistenza nella nostra provincia (e più estesamente in Lombardia, con il fulcro a Milano) di numerosi quartier generali di imprese che operano a livello nazionale ed internazionale.
Ma il dato su cui ci si dovrebbe soffermare maggiormente è quello della difficoltà di reperimento di personale nei diversi settori.
Nonostante i problemi occupazionali che toccano anche la nostra provincia, per quasi tre su dieci previsioni di assunzione (28%) le imprese incontrano difficoltà nel trovare il personale di cui hanno bisogno per crescere. Questa difficoltà si manifesta soprattutto per i servizi operativi (uno su due) e per i servizi avanzati (40%), cioè per i servizi alle imprese. Peraltro anche per i servizi alle persone, che richiedono una crescente specializzazione, il reperimento si rivela difficile (40%).
I dati relativi a tutto l'anno 2011 confermano questa situazione: la difficoltà di reperimento di personale nel settore dei prodotti metallici comporta una attesa per ricoprire le mansioni richieste di oltre 14 mesi, per lo più per inadeguatezza dei candidati. Nel caso dei macchinari, la difficoltà di reperimento è dovuta soprattutto alla concorrenza tra imprese (se li strappano l’una con l’altra), mentre per gli alberghi e i servizi di ristorazione gioca la scarsità dell’offerta.
L’attenzione per le situazioni di crisi aziendali, dove è messa a repentaglio la sopravvivenza di decine di famiglie, è giustamente massima. Ma altrettanta attenzione dovrebbe essere dedicata alle specifiche situazioni nelle quali imprese in crescita non riescono a trovare il personale necessario. Queste carenze potrebbero essere spesso superate con una mirata e rapida attività formativa, di base o di riconversione professionale. Le istituzioni pubbliche dovrebbero in questo caso intervenire, collaborando con le imprese per agevolare le assunzioni. Si contribuirebbe tra l'altro a focalizzare maggiormente le attività di formazione professionale, spesso causa di dispersione di risorse.