A 30 anni dalla sua costruzione, l'ospedale di Monza già necessita di lavori per più di 200 milioni. I sindacati lanciano l'allarme: "Occhio agli appalti!"
L’ospedale San Gerardo, quello nuovo di via Pergolesi, sembra una grandevela. Nella quale però sta per soffiare un forte vento di burrasca. E’ una imponente costruzione divisa verticalmente in tre grandi settori: A, B, C. Una esplosione di modernità, se lo si raffronta con il San Gerardo vecchio di via Solferino, frutto in gran parte di una donazione del re Umberto I nel 1890, costruito nel giro di due anni su progetto dell’architetto milanese Ercole Balossi Merlo, un insieme di padiglioni singoli e separati capaci di ospirare 208 posti letto, collocati alle spalle di una austera facciata in perfetto stile neoclassico. Il vecchio San Gerardo entrò in funzione nel 1896 con il nome del suo principale finanziatore, Umberto I per l’appunto. Poi nel 1946, caduta la monarchia sabauda a causa del suo disastroso e colpevole matrimonio con il fascismo mussoliniano, l’Umberto I fu rinominato. Fu dedicato a San Gerardo dei Tintori, un santo della Chiesa cattolica vissuto a Monza tra la prima metà del 1100 e l’inizio del 1200, patrono della città assieme a San Giovanni Battista. Il manufatto, tuttora presente in via Solferino anche se in gran parte inutilizzato, funzionò a pieno regime sino agli anni ‘80 quando iniziò il lento trasferimento dei primi reparti nella moderna sede di via Pergolesi, a due passi dal Parco. Ci vollero altri 20 anni perché gli ultimi reparti (ostetricia, ginecologia e oculistica, con annessi i rispettivi pronto soccorso) trovassero posto nella grande vela. Si è trattato di un ritardo non da poco e soprattutto costoso. Ma di ritardi il nuovo San Gerardo è ricchissimo. Esempio: risale al 1962 la decisione dell’allora consiglio di amministrazione di costruire la nuova struttura, sulla base del progetto degli architetti romani Marino Marrazzi e Gianfranco Righini. Ci son voluti ben 18 anni per completare l’opera. Un cantiere infinito e certamente non immune da scorribande tangentizie. La Tangentopoli monzese scoppiata nel 1992 sollevò più di un velo.
E ora che succede? Succede che il San Gerardo (ormai è la prima azienda di Monza con i suoi 3500 dipendenti per 1105 posti letto) è cresciuto anche di importanza medico-scientifica (molti suoi reparti sono considerati ad alta specializzazione) ed è sede della facoltà di medicina e chirurgia dell’Università degli Studi di Milano Bicocca: alle spalle della grande vela è sorto un vero e proprio insediamento universitario. "La verità è che il San Gerardo – disse nel luglio dello scorso anno il direttore generale Francesco Beretta – necessita di una ristrutturazione e lo sappiamo tutti. La struttura è obsoleta e per certi versi inadeguata. L’alternativa sarebbe costruire un nuovo ospedale, ma nessuno è riuscito a individuare un’area adeguata".
A parte il fatto che quel "lo sappiamo tutti "ci sembra esagerato ( Azienda ospedaliera, Comune, Provincia e Regione avranno chiacchierato anche molto tra di loro ma assai poco, o quasi nulla, hanno detto alle altre espressioni della società civile che pur rappresentano l’utenza), il progetto di ristrutturazione del nuovo San Gerardo prevede un investimento di 207 milioni, il cantiere partirà tra i mesi di gennaio e febbraio del 2013 e la durata dei lavori è prevista in 6 anni. L’opera dovrebbe essere finita quindi nel 2019, ma il condizionale è d’obbligo. Quattro le fasi della operazione: costruzione di un avancorpo rispetto all’attuale grande vela, fatto di 5 piani, più 2 sotterranei. Esso accoglierà ambulatori, day hospital, surgery (ovvero chirurgia ambulatoriale), Cup e prenotazioni. Quindi in tre momenti successivi tra loro - leggiamo da un testo ufficiale - avverrà la ristrutturazione dei settori A, B, C (potenziamento dei pilastri) con spostamento dei pazienti nelle aree liberate dal trasloco degli ambulatori nel nuovo edificio.
A parte il fatto che facciamo fatica a comprendere come un manufatto ospedaliero vecchio di appena trent’anni sia considerato obsoleto e inadeguato, ci chiediamo e chiediamo come sia possibile una ristrutturazione tanto massiccia ad ospedale aperto, cioè funzionante, con i pazienti in corsia e le sale operatorie in piena attività, e con un cantiere che occuperà non meno di 400 operai il giorno, per la durata non di una settimana o di un mese ma di 6 anni, pari a 60 mesi, a 2184 giorni. Sempre che il calendario previsto dei lavori venga rigorosamente rispettato.
L’impressione è che si vada incontro ad una serie di disagi che colpiranno innanzitutto i malati e poi anche il personale (infermieri, medici, primari, amministrativi). Maurizio Laini, segretario generale della Cgil Monza e Brianza ma cittadino di Bergamo, ci racconta quanto è avvenuto in una operazione analoga nella sua città. "Il periodo preventivato non è bastato, sono andati avanti di ben tre anni oltre il previsto. Ad un certo punto si sono scoperte delle gravi infiltrazioni d’acqua, guai seri. Poi durante la gestione del cantiere si sono succeduti, causa fallimento, numerosi cambi di ditte che avevano ricevuto lavoro in appalto e in subappalto. Il lavoro nero era diventato un fenomeno di tali dimensioni che i carabinieri sono dovuti intervenire con gli elicotteri per cogliere sul fatto questo stato di illegalità, determinando una fuga, molto ben documentata dall’alto, di almeno 250 persone, tra caporali e lavoratori.
C’è poi il problema del finanziamento, previsto – come detto – in 207 milioni di euro. 92 milioni saranno ripartiti tra Stato (24,5), Regione (1,2), Azienda ospedaliera (4) più i 50 milioni che dovrebbero saltar fuori dalla vendita del San Gerardo vecchio di via Solferino, e infine Infrastrutture Lombarde, creatura formigoniana, con una quota di 62 milioni, come contropartita della gestione di appalto di tutti i servizi di supporto (mensa, pulizie, impianti) ad essa concessa per una durata di 20-30 anni.
E chi dirigerà l’intera operazione di ristrutturazione? Infrastrutture Lombarde spa, ovviamente, che ha predisposto il capitolato d’appalto e agirà da general contractor. Alla chiusura dell’asta, alle ore 12 di giovedì 12 aprile scorso, erano giunte sei offerte. Fra gli altri figurano sigle tristemente note come Pizzarotti, Astaldi, Impregilo). Così è stato detto ai sindacati provinciali e alla Rsu che per mesi hanno chiesto incontri per entrare nel merito della questione, per discutere un po’ tutto e per ottenere un tavolo di monitoraggio territoriale (grado dell’offerta e della qualità dei servizi offerta ai cittadini, funzionamento del cantiere, prospettive urbanistiche dell’area interessata e valorizzazione di quella del vecchio San Gerardo) e tavoli specifici con la direzione generale dell’Ospedale (novità per il personale sanitario e amministrativo, per quello dei servizi, controllo del rispetto dei contratti di lavoro). C’è un coacervo di problematiche e di appetiti - sostiene giustamente Maurizio Laini - che deve preoccupare. Logica vorrebbe che ci fosse il massimo di condivisione e una richiesta convinta, e non formale, della maggiore collaborazione possibile.
Sbaglieremo ma sin dall’inizio da parte di Regione Lombardia e Direzione dell’Ospedale si è notata una irritante freddezza davanti alle richieste del sindacato e della Rsu. Quasi un senso di fastidio. "Lasciate fare a noi, non disturbateci". E ciò mentre Comune, allora diretto dalla Giunta Mariani, e Provincia sono stati tagliati fuori in partenza, oppure si sono fatti tagliare fuori. Ed è stato un grave errore. Cgil, Cisl e Uil hanno tentato di porre un rimedio incontrando il 27 luglio scorso la nuova Giunta comunale. Tre questioni sono state poste sul tavolo. Quella della ristrutturazione del San Gerardo ha avuto un posto importante. L’avvio tra qualche mese di una pesante ristrutturazione deve essere attentamente monitorata. Occorre esaminare bene la ricaduta che avrà sul personale, sulla qualità del servizio sanitario offerto nel territorio di competenza, sugli aspetti urbanistici della città e sulla sua viabilità. E poi la qualità del cantiere – sicurezza, bando al lavoro nero, regolarità e trasparenza per i subappalti - deve essere "raccontata” alla città e agli utenti del San Gerardo e discussa – mano a mano - in un tavolo con tutti i soggetti interessati". Il Sindaco Roberto Scanagatti ha apprezzato ma gli altri?
Il "celeste" Formigoni probabilmente considera quella dei sindacati una seccatura. E una provocazione la sottolineatura del pericolo di possibili infiltrazioni mafiose su un affare di 207 milioni di euro (almeno per il momento). All’erta dunque. Cittadini, amministratori pubblici, magistratura. Il caos di un cantiere in funzione in un ospedale in piena attività sarà serio e causerà non pochi problemi. Un caos purtroppo inevitabile. Ma le infiltrazioni mafiose (e tangentizie) inevitabili non lo devono assolutamente essere.