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Dossier. Startup, Green Economy, Innovazione. Arte e artigianato si fondono nel vetro della soffieria di Rinaldo e Stefano Villa a Trezzo sull'Adda

 

A Trezzo sull’Adda, nel centro storico a pochi passi dal Castello Visconteo, scendendo la ripa della via Valverde verso il fiume, al numero 3 si incontra la bottega della Soffieria Villa. Entrando nel piccolo locale, incontriamo Rinaldo e Stefano Villa.

Rinaldo, il padre, fin dagli anni Cinquanta ha fatto esperienza nella lavorazione del vetro in grandi aziende, poi — nel 1978 — ha dato vita alla Soffieria. Il figlio Stefano, terminati gli studi, lo affianca nel 1983, rilevandone completamente l’attività nel 2003, quando Rinaldo decide di andare in pensione. Ancora oggi però lo si incontra nel laboratorio, pronto a dare i suoi consigli per le lavorazioni particolarmente difficili e impegnative.

 

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Rinaldo Villa nella soffieria da lui fondata nel 1978

 

La Soffieria Villa si occupa e si è sempre occupata della lavorazione del vetro definito “boro-silicato”, dall'elevata resistenza chimica, usato per la fabbricazione di contenitori per medicinali e per apparecchiature da laboratorio. Molto resistente al calore, trova numerosi impieghi per manufatti da forno (il famoso vetro Pyrex).

Di tutt’altra “pasta”, è proprio il caso di dire, è invece il vetro utilizzato per le lavorazioni artistiche — quello famosissimo di Murano — a base di piombo, sodio, bario o potassio che lo rendono più duttile e malleabile, di più facile lavorabilità con una fusione a temperatura più bassa e quindi più idoneo a essere lavorato per scopi decorativi e artistici.

Mestiere difficile quello dei Villa. Richiede molti sacrifici, vuoi per un ambiente di lavoro sempre caldo, a contatto con fiamme libere che superano facilmente i 1200°C, vuoi per l’attenzione e la precisione necessaria per lavorare il vetro appena fuso. Ma mestiere che procura molte soddisfazioni, creando oggetti sempre unici, originali. Frutto del lavoro manuale, non della ripetitività dalle macchine. Un mestiere così particolare che è necessario “auto-costruire” i propri utensili, lavorando e sagomando la grafite per ottenere strumenti utili a lavorare in sicurezza il vetro fuso.

 

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Se si va a contare il numero delle soffierie di vetro artigianali in Italia non si arriva a più delle dita di due mani. È un mestiere in via di estinzione per la ragione semplice che scuole specifiche per questo tipo di vetro non esistono. Il mestiere viene tramandato da padre a figlio, oppure si acquisisce l’esperienza necessaria dopo un tirocinio di anni e anni. D’altra parte, proprio per la pericolosità nell'utilizzo di fiamme libere e in ambienti piccoli, diventa complicato istituire corsi per studenti oppure organizzare dimostrazioni nelle fiere o strutture esterne.

Dal punto di vista economico, Stefano Villa conferma che — seppur fra alti e bassi — è un lavoro che può dare soddisfazioni, con una concorrenza pressoché inesistente. Alla produzione dei contenitori da laboratorio si sono aggiunte le richieste dei designer, soprattutto per l'illuminotecnica, mentre solo una minima parte arriva da privati.

 

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La Soffieria Villa ha riprodotto per il Museo del Castello Visconteo di Trezzo la situla rinvenuta nel 1846 che ci parla della presenza dei Celti nel IV secolo a.C.
La scoperta forse più affascinante sul passato di Trezzo risale alla fine degli anni Settanta, quando protagoniste della cronaca diventano le 5 tombe longobarde datate al VII secolo d.C.; tra di esse la celebre "tomba del gigante" Rodchis, uno dei più importanti ritrovamenti di archeologia longobarda in Italia. Anche per questi ritrovamenti, la Soffieria Villa ha riprodotto in vetro alcuni manufatti Longobardi.
Così come sono stati riprodotti alcuni oggetti di Leonardo da Vinci che visse in questi luoghi e trovò ispirazione per molte sue opere d’ingegno.

Davanti ai miei occhi, ho visto creare da un semplice cilindro di vetro, conchiglie che verranno poi riempite con una piccola pianta e fungeranno da segnaposto. Ho visto creare una serie di globi che uniti tra loro diverranno parte di un lampadario.

Qui, a Trezzo sull’Adda in via Valverde, un mestiere vecchio e antico può diventare nuovo e innovativo se visto nella forma dell’arte, nella capacità cioè di trasformare un sapere che sta nella memoria, nel cuore e nell’esperienza, nel creare qualcosa di reale e concreto, a volte anche solo da ammirare.

 

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