L’Osservatorio Green & HighTech Monza Brianza: l’occupazione in queste imprese è aumentata del 6,7%.
Gli italiani sono emotivi: un giorno si esaltano considerandosi “los mejores del mundo”, magari solo per aver vinto un trofeo calcistico mondiale. Il giorno dopo si considerano irrimediabilmente incapaci di raggiungere le performance di altri paesi considerati a priori come primi della classe.
Lo stesso avviene in economia. Le crisi di alcune aziende, a cui la stampa dà enorme risalto, vengono generalizzate come il segno di una crisi infinita di tutto il Paese. Ma poi ci si esalta esageratamente parlando di made in Italy o di dieta mediterranea, come prove di una superiorità inattaccabile su cui ci si può tranquillamente adagiare.
Quanto ai dati complessivi dell’economia nazionale (PIL, debito pubblico, eccetera) vengono spesso visti in modo puramente quantitativo, senza esplorare a sufficienza e in modo dinamico gli aspetti qualitativi che essi implicano, e che in realtà fanno la differenza.
Provo ad evitare questi “estremismi”, riflettendo su alcuni indicatori relativi a due situazioni: l’export del nostro Paese e una recente ricerca sul distretto Green & HighTech di Monza e Brianza.
In un bel libro dal titolo “Futuro Artigiano” (Marsilio Ed., Venezia, 2011) l’autore, Stefano Micelli, docente di economia aziendale all’Università Ca’ Foscari di Venezia, fa rilevare che l’Italia è al quinto posto come paese manifatturiero a livello mondiale e al secondo in Europa, dopo la Germania. E osserva: “Nel 2000 assicuravamo il 4,1% della produzione manifatturiera mondiale, nel 2007, nonostante una serie di cambiamenti che avrebbero potuto mettere in seria difficoltà la struttura industriale del Paese, la quota passava al 4,5%. Certo, la Germania faceva meglio di noi passando, nello stesso arco di tempo, dal 6,6% al 7,5%. Frattanto, gli USA sono passati dal 24,8% al 17,4% (sic!) e il Giappone dal 15,8% all‘8,9%. La Cina, dall‘8,3% del 2000, è esplosa al 15,4%” (Futuro artigiano, cit., pos.703 ebook).
Certo, dopo il 2007 è successo di tutto, non solo in Italia. Ma ancora oggi è l’export che regge il nostro Paese, come dimostrano gli ultimi dati. Questo fatto, insieme a quello secondo cui molte aziende stanno riportando in Italia produzioni che avevano delocalizzato in paesi come la Cina o la Polonia, dovrebbe far riflettere su certe classifiche internazionali, che collocano l’Italia a livelli molto bassi quanto a competitività. Nello stesso tempo occorre riflettere su ciò che è accaduto e sta accadendo in USA, con un enorme spostamento delle attività produttive dall’industria ai servizi, il che non impedisce il recupero in atto dell’occupazione. Certamente, occorre anche chiedersi di quale occupazione: se si trattasse ancora di una superfetazione di servizi finanziari, molto al di là delle esigenze fisiologiche dell’economia reale, occorrerebbe preoccuparsi. Ma di questo conto di parlare un’altra volta.
E veniamo alla Brianza.
L’Osservatorio Green & HighTech Monza Brianza ha presentato recentemente una indagine sull’evoluzione della situazione economica e finanziaria del distretto dal 2010 al 2012, basata su un campione di 75 imprese.
Prima notizia: l’occupazione in queste imprese è aumentata da 19.231 a 20.552 unità, con un aumento del 6,7%.
Nel 2012 queste imprese hanno realizzato ricavi per 5 miliardi 680 milioni di euro, praticamente come nel 2010 (-0,03%). Ma l’utile netto sui ricavi è passato da 2,35% al 3,48%, e la redditività sul capitale proprio dal 4,88% al 6,72%. Niente male.
Importante è andare a vedere come sono variati i ricavi nelle quattro categorie in cui sono state raggruppate le imprese analizzate: Elettronica & Microelettronica, Energia, Software Development, TLC (Telecommunications) Products & Services.
I prodotti e servizi di TLC hanno subito una drastica diminuzione di ricavi (-32,2%) e di occupazione (-4,7%). l’Elettronica e Microelettronica hanno invece aumentato il fatturato del 7,6% e l’occupazione del 5,4%. Anche la categoria Energia ha aumentato sia i ricavi (+2,0%) sia, in modo più consistente, l’occupazione (+23,7%). La “star” sarebbe la categoria Software Development (+14,6% di fatturato, +44,3% di occupazione) se il suo peso nel campione non fosse molto piccolo.
Leanus, l’azienda che ha condotto la ricerca, ha anche attribuito alle quattro categorie un rating basato sui tre aspetti economico, patrimoniale e finanziario Questo rating attribuisce ovviamente al settore del Software il ruolo di “star” e considera “stabili” gli altri tre settori. Comunque, le aziende considerate appaiono nel complesso solide, sia per i risultati economici che perché dotate di una consistente quota di capitale proprio rispetto a quello di finanziatori esterni (quasi il 50% del patrimonio). Non assistiamo certamente a una esplosione, ma nemmeno a un declino.
Ho partecipato a due recenti iniziative della Fondazione Green & High Tech di Monza e Brianza, la prima il 15 aprile dal titolo “Le aziende del Distretto High Tech presentano i loro progetti”, la seconda il 16 aprile denominata “Spring Up, la primavera delle imprese creative in Brianza”, quest’ultima in collaborazione con la Camera di Commercio di MB, il Distretto Culturale Avanzato di MB, il Dipartimento Design del Politecnico di Milano e dell’incubatore Make a Cube. L’obiettivo principale di queste iniziative è quello di un incrocio di conoscenze e della realizzazione di network di imprese. Debbo dire che ho trovato sorprendente ed entusiasmante la vitalità e l’innovatività delle business idea illustrate dai protagonisti, idee già funzionanti o in progetto, che hannno aperto nella mia mente nuovi interrogativi ma anche nuove speranze su ciò che saranno le attività umane in futuro.
Conclusioni: non vi è dubbio che molta attenzione vada dedicata alle imprese in crisi, sia per gli aspetti sociali e umani conseguenti ai licenziamenti, sia perché è giusto verificare se le singole situazioni siano oggettivamente irrecuperabili o causate da strategie e gestioni errate o comunque modificabili. Sicuramente siamo in piena “distruzione creativa”, per usare l’espressione inventata da Joseph A. Schumpeter già nel 1942. Si tratta di vedere se la creatività è sufficiente a compensare la distruzione. A questo scopo importante è vedere “dove va la corrente”, per coglierne il flusso anche e soprattutto dal punto di vista occupazionale. Da questo punto di vista sembrerebbe che le prospettive più solide nel distretto siano assicurate dalle categorie dell’Energia e dell’Elettronica, mentre occorrerebbe approfondire le cause contrastanti del boom del Software del crollo delle Telecomunicazioni. Esplorando anche l’interno di queste categorie, che forse semplificano troppo una realtà molto complessa. Cosa che spero di fare prossimamente.