L’argomento dominante nei miei articoli di economia è, come sanno i lettori che mi seguono, quello della riduzione delle disuguaglianze e dell’eliminazione della povertà come condizione della pacifica convivenza tra gli esseri umani.
Sinora mi sono trovato a fare prevalentemente riferimento ad economisti stranieri. e quindi a realtà non del tutto traducibili in quella italiana. Questa volta mi propongo di commentare “All’inferno e ritorno”, di Carlo Cottarelli (Feltrinelli 2021), che formula un insieme organico e chiaro di proposte per il futuro del nostro benamato Paese. In questo modo incrocio il tema che più mi sta a cuore con l’attualità, con le proposte per un rilancio dopo l’epidemia da Covid19, avanzate da un protagonista delle politiche economiche nazionali.
Cottarelli dedica un intero capitolo al tema dell’uguaglianza. E individua tre concezioni: l’uguaglianza di fronte alla legge (“la legge è uguale per tutti”); l’uguaglianza delle opportunità o dei punti di partenza; l’eguaglianza di fatto o del punto di arrivo. E si schiera per l’uguaglianza delle opportunità, dando per scontata l’uguaglianza di fronte alla legge e scartando quella di fatto. Ma nella sua “ideologia” (è lui che recupera questa parola, oggi piuttosto ostracizzata) l’uguaglianza è solo una delle due colonne della convivenza civile. L’altra è il premio al merito.
Egli è pienamente consapevole del fatto che, nella realtà, sia l’uguaglianza dei punti di partenza che i sistemi premianti siano fortemente carenti. Le diverse condizioni economiche e sociali impediscono sia una perfetta eguaglianza di opportunità, sia che l’ascesa lungo la scala sociale dipenda veramente dal merito, e non da fattori estranei ad esso. Ma la rinuncia ai due obiettivi fondamentali corrisponderebbe al perseguimento di una uguaglianza di fatto che, oltre a contenere anch’essa elementi di iniquità, perché disconosce la diversità e i meriti di ogni essere umano, si è rivelato storicamente disastroso.
Se mai, una terza colonna dovrebbe essere aggiunta alle due proposte da Cottarelli: quella del recupero degli esclusi dalla competizione, competizione che è implicita nel premio al merito. Alla fine, torniamo inesorabilmente all’Egalité, Liberté, Fraternitè. La terza colonna, quella della solidarietà, emerge comunque dall’insieme delle proposte di Cottarelli, anche se non con il rilievo dato all’uguaglianza delle opportunità e al merito.
Ma come articola Cottarelli la sua visione? Lo fa delineando con grande chiarezza gli elementi fondamentali di un programma di governo del nostro Paese nel lungo termine. Dirò subito che condivido sia la sua “ideologia”, sia in massima parte le sue proposte. Che cercherò di sintetizzare qui di seguito, con qualche osservazione.
Asilo Nido
Istruzione
«Una pubblica istruzione di alta qualità, dagli asili nido agli studi post-universitari». Condivido pienamente il porre la pubblica istruzione in cima alle politiche mirate a ridurre disuguaglianze e povertà e a bloccare il degrado ambientale. Credo anzi che non si dovrebbe parlare solo di istruzione, ma di tutto ciò che ha anche fare con la cultura e con il progresso (altra parola da rivalutare, senza assolutizzarla) umanistico e scientifico.
Condivido in particolare l’accento sugli asili nido, che Cottarelli richiama ripetutamente nel testo, come leva con effetti straordinari a breve e a lungo termine. Ho vissuto a suo tempo il problema lavorando in Regione Lombardia: c’era una notevole ritrosia a finanziare gli asili nido, per il loro costo molto alto. Ma oggi si comprende meglio il valore di questa spesa pubblica come moltiplicatore culturale, occupazionale ed economico, e come fattore di eguaglianza delle condizioni di partenza e di genere: oltre a dare un essenziale contributo alle potenzialità cognitive degli esseri umani, è un potente generatore di occupazione femminile, sia diretta (il personale necessario) sia indiretta (la possibilità lavorativa delle madri).
Qualche perplessità mi suscita la considerazione secondo cui la scuola italiana non ha bisogno di un maggior numero di docenti. Dando per scontata la necessità di una classe insegnante più preparata, credo che le cosiddette “classi pollaio” e l’università di massa esigano più insegnanti, per favorire le possibilità di dialogo tra docenti e discenti, fondamentale per la crescita culturale. Credo in particolare che il basso livello delle nostre università nelle classifiche internazionali (in una di queste il Politecnico di Milano, primo tra le italiane, è relegato al 148 esimo posto) dipenda anche dal rapporto eccessivo tra il numero degli studenti e quello dei docenti.
Sanità
«La salute fa parte delle condizioni minime che devono essere garantite a tutti per consentire il pieno sviluppo della persona umana». Insieme all’istruzione, una sanità pubblica e gratuita è senza dubbio una condizione fondamentale di uguaglianza. Secondo Cottarelli, i problemi maggiori della sanità italiana stanno negli squilibri territoriali e nell’insufficienza delle risorse ad essa destinate. Cottarelli ritiene, anche sulla scorta di classifiche internazionali, che il nostro sistema sanitario, «nel suo complesso, ha dato risultati validi».
Tuttavia mi sembra che sottovaluti il problema dei rapporti tra sanità pubblica e privata. Non si tratta di una questione ideologica, ma di un problema molto concreto: i tempi di attesa. Ne ho fatto esperienza diretta in questi giorni, con l’importante Ospedale S, Gerardo di Monza: la prenotazione per una visita cardiologica di controllo mi è stata fissata al 16 dicembre 2022 (sic!). I tempi di attesa diventano brevi solo se ci si serve della sanità privata o di quella intra moenia a pagamento. Così come una giustizia ritardata è una giustizia denegata, una sanità ritardata può arrivare troppo tardi. Questo squilibrio tra sanità pubblica gratuita e sanità pubblico/privata a pagamento è causa tra l’altro di un altro problema: il ricorso dei cittadini ai reparti di pronto soccorso anche per necessità che non lo richiederebbero.
Disuguaglianza generazionale
Vi è troppo poca consapevolezza del fatto che la tutela dell’ambiente e il contrasto al riscaldamento climatico costituiscono, come l’istruzione, una questione che riguarda le generazioni future rispetto a quelle attuali. La battaglia innescata da Greta Thunberg con i Friday for Future è una battaglia contro la miopia e l’egoismo del comune sentire e dell’azione dei governi, tutti orientati al breve termine, alle istanze dei cittadini elettori del presente, piuttosto che al lungo termine, alle condizioni di vita delle generazioni che ancora non votano. A questo proposito, Cottarelli sottolinea con favore l’impegno del piano Next Generation EU, che destina il 37% dei finanziamenti all’azzeramento progressivo delle emissioni carboniche.
Universitari
Disuguaglianze di genere
Quanto alle disuguaglianze di genere, Cottarelli elenca i diversi aspetti della convivenza civile e lavorativa nei quali le donne partono o rimangono svantaggiate. Ma più che proporre specifici interventi (come le “quote rosa”), ritiene necessario «eliminare le condizioni che creano diversità nelle opportunità». E anche qui, il tema degli asili nido ricorre inesorabilmente.
Disugliaglianze territoriali
Sul problema storico delle disuguaglianze tra diverse regioni italiane, e in particolare quello tra Nord e Sud, mi sarebbe piaciuta una riflessione sulle cause dei fallimenti delle politiche meridionaliste del passato, dovuti, a mio parere, allo spreco di ingenti risorse per creare dal nulla imprese destinate a fallire (le cosiddette “Cattedrali nel deserto”). Penso che quelle stesse risorse avrebbero avuto un ben maggiore moltiplicatore, in termini di riduzione, se non di eliminazione, del divario Nord/Sud, se fossero state estinate ad infrastrutture e servizi pubblici. Nelle suggestioni degli anni cinquanta, originate dal “modello Gosplan” (URSS) e dal "modello TVA" (Tennessee Valley Authority, USA), il primo ha avuto troppo spazio nella pianificazione italiana. Ma sarebbe stato pretendere troppo dalla “ideologia” di Cottarelli. Alla fine, è condivisibile la sua opinione secondo cui il problema non consiste tanto nella quantità degli investimenti (anche se questa conta), quanto nella qualità di infrastrutture e servizi pubblici, dagli asilo nido e scuole agli interventi più avanzati per la mobilità e la connettività.
Politica fiscale
Ovviamente, dalle proposte sulla destinazione delle risorse pubbliche occorre passare per un sentiero stretto: la politica fiscale, da cui dipende la loro disponibilità. Quella di Cottarelli è una visione prudente, si potrebbe dire di sinistra ma attenta a non scoraggiare gli “animal spirits” dell’economia. Ritiene che, «tutto sommato, il livello di progressività della nostra IRPEF sia abbastanza adeguato», ma che «un po’ più di progressività non sarebbe certo un dramma». E ritiene che tassare la ricchezza ereditata sia non solo nel pensiero di sinistra, ma anche di studiosi e politici liberali (come Einaudi) o di personaggi ultra-ricchi (come Buffett o Bill Gates). Osservando che in Francia il gettito dell’imposta sulle donazioni e successioni è tredici volte maggiore che in Italia, ritiene che «ci sia spazio per un aumento significativo di questa tassa» in Italia, magari riducendo le tasse sul reddito.
Si dichiara invece perplesso, sostanzialmente contrario, sulla recente proposta di Fabrizio Barca e Patrizia Luongo (sulla scia di Anthony Atkinson e del premio Nobel James Meade, e avanzata recentemente da Enrico Letta) di una “eredità di cittadinanza” da assegnare a ogni giovane al compimento dei 18 anni, nella misura di 10/15 mila euro, senza vincoli di destinazione. E’ una proposta apprezzabile, basata sulla fiducia nel ben operare prevalente degli esseri umani, ma contraria al comune sentire, specialmente in Italia. La controproposta di destinare le risorse che sarebbero necessarie per questa “eredità” all’istruzione e a borse di studio per i meritevoli sembra anche a me ragionevole.
Nessun cenno mi sembra di aver visto su imposte patrimoniali. Il silenzio potrebbe essere interpretato come contrarietà. Una maggiore considerazione di questo delicato argomento sarebbe stata opportuna, anche con riferimento alla drammatica e crescente divergenza tra i pochi ultra-ricchi e i moltissimi meno abbienti, registrata negli ultimi decenni. Secondo alcune stime il patrimonio complessivo dei milionari italiani si aggira intorno ai 1000 miliardi di euro. Un’imposta media del 2%, molto inferiore al tasso di crescita delle grandi ricchezze (che nel 2018 ha superato il 6%), darebbe un gettito di 20 miliardi. E’ tuttavia probabile che Cottarelli condivida la linea di Draghi, che conta molto sul recupero dell’evasione e sul miglioramento dei dati sulla ricchezza (come il catasto). Il resto seguirà.
Cottarelli ritiene inoltre opportuno usare il sistema fiscale per la transizione ambientale, colpendo i prodotti inquinanti ed orientando produzioni e consumi verso «un mondo più verde». Ritiene infine che le entrate fiscali debbano essere destinate meno a favorire i pensionamenti precoci, come la cosiddetta “quota 100”, e più alle nuove generazioni (e ritorna sugli asili nido). Esprime quindi un giudizio favorevole sulla recente introduzione dell’assegno unico per i figli, richiamando l’attenzione su un fenomeno drammatico, ampiamente sottovalutato: la diminuzione delle nascite e della popolazione, con il suo progressivo invecchiamento. E osserva: «Inutile parlare di opportunità per le generazioni future se le generazioni future non ci saranno».
Mercato Rionale - Campo dei Fiori - Roma
Questa considerazione avrebbe dovuto indurlo a valutare l’immigrazione non solo come un problema, ma anche come risorsa. Tratta l’argomento in modo alquanto marginale. Premettendo che «chi è in pericolo, ovviamente, va salvato», considera però «utopico pensare che il principio dell’uguaglianza di possibilità possa essere applicato a chiunque arrivi in Italia, in qualunque modo», e che «chi entra senza permesso andrà rimpatriato o comunque sistemato in strutture al di fuori del territorio nazionale», sostenendo che esistono canali legali più economici e meno rischiosi per immigrare in Italia. Tuttavia, anche le sue proposte mi sembrano utopiche. Gran parte degli immigranti sono irregolari, e le stime parlano di oltre 500 mila irregolari in Italia. Il loro rimpatrio è impossibile e, a mio parere, inammissibile. Le risorse necessarie per i rimpatri, se fossero disponibili, sarebbero meglio impiegate per integrarli e farne cittadini attivi.
Chiudendo il discorso sulle disuguaglianze, Cottarelli fa un’affermazione che condivido pienamente ma che non credo trovi lo stesso consenso da parte della maggioranza degli italiani: «Il principio dell’uguaglianza delle possibilità… significa consentire l’operare della concorrenza». La concorrenza, anima del mercato, «è l’elemento che impedisce il dominio dei monopoli, elimina le rendite di posizione e riduce i profitti a favore dei consumatori». Purtroppo le tre matrici culturali italiane dominanti, quella cattolica, quella marxista e soprattutto quella corporativa (propria del fascismo) sono anti-mercato, proteggono chi è già garantito. Sono causa della lentezza di uno sviluppo inclusivo. E ovunque, dove il mercato è ingabbiato o relegato ai non garantiti, prosperano i privilegi e la corruzione. Dopo aver sostenuto la necessità di un’azione più incisiva per garantire la concorrenza, Cottarelli esamina un altro problema del sistema economico italiano: la presenza e il ruolo delle imprese publiche. Mentre ritiene inevitabile, nel breve termine e in casi di urgenza economica e sociale, il sostegno da parte dello stato di imprese o settori in sofferenza, è contrario a una eccessiva presenza di uno “stato imprenditore”. E, considerate certe derive attuali, si chiede allarmato: «Rinascerà l’IRI?». Condivido la sua preoccupazione.
In conclusione del suo discorso, Cottarelli ribadisce la convinzione della necessità di fare leva sul merito con premialità che non siano eccessive. A suo parere, senza il premio al merito è impossibile assicurare l’uguaglianza di opportunità. Si potrebbe addirittura dire che una giusta e governata competizione è condizione necessaria per l’uguaglianza di opportunità e soprattutto per la possibilità di chi è in posizioni inferiori di aspirare ai massimi livelli nella società. Se non si dà spazio al merito ovunque, dalla società civile ed economica alla pubblica amministrazione, dalla scuola al sistema giudiziario, le possibilità di sviluppo del nostro Paese resteranno asfittiche e perpetueranno la divisione tra privilegiati e garantiti da una parte e precari e poveri dall’altra.
Aggiungerei: senza una valutazione il più possibile obiettiva delle capacità e del merito dei singoli cittadini, una democrazia non è in grado di darsi una classe dirigente colta e professionalmente eccellente, capace di realizzare al meglio il bonum rei publicae, il progresso e il miglioramento della civile convivenza. E a questo proposito mi si consenta di concludere citando una memorabile “amaca” di Michele Serra contro Berlusconi, del 5 novembre 2011: «Non siamo tra quelli che pensano: “Che bello, finalmente un pirla come me è al potere, questa sì che è democrazia”. Vogliamo votare per uno che sia migliore di noi».