Industria 4.0: Marco Bentivogli, Luciano Pero e Massimo Bottelli a confronto per la Cisl Monza Brianza Lecco
«Nessuno ha mai vinto la battaglia contro il progresso. Non ci riusciremmo neanche noi. Per questo motivo dobbiamo guardare al futuro confrontandoci con il futuro. Dobbiamo ragionare su nuove architetture industriali, ma anche umane». Marco Bentivogli, segretario generale della Fim Cisl (metalmeccanici), spiazza la platea dell’incontro «Tassare i robot? Innovazione tecnologica e riflessi sull'occupazione», organizzato venerdì 22 settembre dalla Cisl Monza Brianza Lecco a Monza. La tecnologia non è nemica dell’occupazione e neanche della società, a patto di governarla, di partecipare ai processi di cambiamento, di prepararsi a un mondo in fase di costante e rapida rivoluzione.
Lo spunto della riflessione è dettato dall’agenda Industria 4.0 voluta dal ministro per lo Sviluppo economico, Carlo Calenda. Ma che cos’è Industria 4.0? «Il progetto - continua Bentivogli - non può essere limitato alla sola introduzione dei computer nei processi produttivi, dove sono già presenti da quasi cinquant’anni. Neppure dei robot, che sono nelle fabbriche da almeno trenta. Neanche di Internet, che è nei reparti da almeno vent’anni. La vera innovazione, il vero salto in avanti è la creazione di sistemi che integrano computer, robot, Internet, digitalizzazione. Questi sistemi portano via lavoro? Può essere, ma quale lavoro? E come è possibile reagire?».
In Italia ciò che manca davvero, secondo Luciano Pero, docente del Politecnico di Milano, è proprio il lavoro. Il nostro sistema produttivo è spaccato. Esiste un 30% di aziende in salute, un 50% molto fragili e un 20% a rischio o a forte rischio. «Questo dualismo – osserva Pero – è molto forte, molto più forte di quello tra nord e sud. Bisogna allora progettare, attraverso un lavoro in team al quale partecipino la proprietà i dirigenti, i tecnici, ma anche i singoli operai, una nuova organizzazione dei processi produttivi. Il problema è che in Italia non sappiamo progettare. Nel nostro Paese ci sono solo poche decine di persone in grado di dar vita a nuovi processi. Questo non è più tollerabile».
Una tesi confermata anche da Massimo Bottelli di Assolombarda: «In questi ultimi anni abbiamo assistito a forti investimenti in macchine utensili. E ciò ha portato a risultati positivi. In Lombardia, per esempio, nel primo semestre 2017 il settore manufatturiero è cresciuto del 3,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il Baden Württember, la regione più industrializzata della Germania, è cresciuta del 2%. Nello stesso periodo, in Brianza l’export è cresciuto del 22%. Stiamo quindi facendo enormi passi avanti. Ma basta? Probabilmente no. È necessario una crescita verso una nuova concezione dell’impresa che sappia cogliere le opportunità delle nuove tecnologie mettendole a sistema. In questo possono giocare un ruolo fondamentale anche i lavoratori attraverso una partecipazione nell’organizzazione dell’azienda».
Ma quale impatto può avere questo sistema sull’occupazione? «Un ruolo essenziale – osserva Bentivogli – è la formazione sia quella scolastica sia quella professionale. Una formazione che guardi con sempre maggiore attenzione all’alternanza scuola-lavoro, che sappia offrire le giuste competenze ai lavoratori che un posto ce l’hanno e a quelli che non ce l’hanno. Per questo motivo abbiamo voluto che nel contratto dei metalmeccanici la formazione diventasse un “diritto soggettivo” del lavoratore. Dobbiamo tenere conto che il 65% dei ragazzi che oggi frequentano la scuola primaria faranno un lavoro che oggi non esiste. Ecco, dobbiamo far sì che attraverso la scuola e non solo, questi siano pronti a fare quelle professioni. Penso a tutto il lavoro che sarà disponibile nella cyber security, settore che diventerà sempre più importante, ma oggi pressoché ignorato in Italia. Ma ciò non basta. Come sindacato dobbiamo lavorare per gestire la progettazione della nuova fabbrica. Dobbiamo essere all’interno dei processi di cambiamento evitando che i nuovi modelli organizzativi calino dall’alto».
Processi di cambiamento che dovranno, sempre più velocemente, riguardare anche la pubblica amministrazione, le infrastrutture, la politica. «La politica – spiega Bentivogli – finora ha dato risposte deludenti. Deve fare di più favorendo i cambiamenti, la formazione e nuovi sistemi di welfare che tengano presente delle nuove flessibilità del lavoro e dell’invecchiamento della società. Welfare che dobbiamo contribuire a costruire anche attraverso i contratti nazionali e aziendali».
Tassare i robot potrebbe quindi servire? «No, non serve – conclude Bottelli -. L’automazione aumenta la produzione e con essa i risultati economici. Sugli utili si pagano già le imposte che poi vengono utilizzate per la comunità. Tassare i robot non servirebbe quindi a nulla se non a scoraggiare la crescita».