20160201 modiciates010

 Reti, celti, insubri, romani. Fino a Napoleone. Ripercorriamo preistoria e storia del capoluogo brianteo

  

Dove eravamo rimasti? Ah, si, ci chiedevamo nella puntata precedente se il primo nome di Monza fosse stato Olmea e da dove derivasse questo nome.

Sarà forse da  Olmeo,  guerriero  troiano che, come Enea,  fugge, risale l’Adriatico ed entra nella laguna padana, risale per i villaggi palafitticoli che la costeggiano sulla riva  nord sino ad una località ove esiste un primo punto di approdo, uno dei primi centri commerciali con porto (forse le future città di Lodi e Milano) e  prosegue sino alle vicine  alture, ove sosta con la sua gente,  a dare il nome pristino alla nostra città?

Migrazioni mioceniche sono accertate,  secondo gli studiosi. Inoltre è accertato che a Milano, già centro commerciale, approdavano greci ed etruschi per  effettuare scambi, portare sale e ritirare prodotti locali.

Oppure, altra ipotesi:  il villaggio  sorgeva in una zona ricca di olmi, sorto ancor prima che i Reti vi giungessero? Come ormai ampiamente assodato, le necropoli, di qualsiasi epoca, erano sempre distanti dai villaggi, ma non tanto.

Chi non ci dice che uomini dell’età del bronzo, scendendo verso il mare, abbiano individuato non molto distante dal centro commerciale allora attivo una località in cui stabilirsi?

Una località idonea, in posizione elevata, vicina  ad un fiume pescoso e ai percorsi che portano dal nord al centro commerciale, vicina anche ad una zona favorevole all’allevamento di animali di vario tipo, come poi avverrà e  come ne troveremo traccia nelle cronache romane, posta su una leggera e vasta altura, ricca di alberi di alto fusto tra cui molti olmi.

Olmea, appunto. Così  si ipotizza, per le ragioni predette, venga denominato  il villaggio sorto nella età del bronzo  in questa  località  all’interno della terra emergente ma non distante  dalla laguna, sulle prime alture. Ed il luogo esatto potrebbe essere proprio il terreno dove attualmente sono i Boschetti della Villa Reale.

Per quali ragioni si potrebbe ivi ubicare questo nucleo pristino? I villaggi o sono lacustri su palafitte, o sono posti su alture e circondati da palizzate e  rialzi di  terra che li circondano e li difendono.

Gli abitanti chi sono? Qui il discorso si fa più ricco di spunti. Dal nord, attraverso i passi della catena alpina, scendono popolazioni di origini celtica. Secondo i “si dice”, pare che le calate dei celti  si succedano per tribù,  come  qui di seguito presupponiamo essere avvenuto.

Primi a superare ad est le Alpi  i Veneti che  stanziano nella pianura al limite della laguna padana, all’inizio del mare, dando origine  all’attuale Veneto. È poi la volta  dei  Liguri che, invece, proseguono oltre la laguna, sino al mare posto alle spalle della stessa, nelle terre  che si trovano oltre i monti che danno sul mare  e che daranno il nome ad una altra  regione: la Liguria. Altre tribù si succedono, calando dai passi, quali i Cenomani, che  si  stabiliscono  sulle alture prospicienti le Alpi Orobiche attuali e fondano Bergamo.

È la volta  dei Leponzi, scesi dalla Svizzera, che si dirigono ad ovest e sulle alture poste all’estremo sinistro del grande lago lariano e fondano  Como.

I Reti, scesi dalla Valtellina, invece si stanziano nelle valli poste ai piedi dei passi: zone  fertili per produzione  agricola, selvaggina, ma soprattutto metalli, ed arrivano sino ai bordi della laguna padana.

Nella zona si presentano posizioni idonee, che consentono la costruzione di  villaggi in sicurezza, per le culture, la caccia e la pesca. Da qui alcune delle deduzioni relative alla nostra città.

Prima deduzione  sulle possibili origini della nostra città: i Boschetti sono la posizione più alta della attuale area urbana, poi il terreno declina  divenendo ampia pianura  che man mano affiora.

Seconda considerazione basilare:  il sito è molto vicino al corso di un fiume,  il Lambro, che i romani chiamavano flumen frigidus, e che allora aveva un letto ben più largo e meno profondo, e che nel corso della glaciazione aveva un portata  maggiore della attuale.

Ricordiamo che  il  ponte d’Arena, costruito molto ma molto più tardi dai romani, sulla sede di un importante giado, era  più esteso dell’attuale: otto  arcate contro  le due attuali: antiche arcate e piloni  sono tuttora visibili nelle cantine delle abitazioni  circostanti il sito.

Infine la posizione delle sepolture rinvenute,  che permette  di avere  un punto certo di riferimento. Sito di tumulazione  fuori del villaggio ma non distante dallo stesso, nella direzione che portava ad un percorso che partendo dal centro di scambi di Milano raggiungeva il lago Lariano e la Valtellina con passi  agevoli di media altitudine  per  un agevole superamento durante la stagione estiva  e poi agevole  percorso tra le colline.

I reperti di Albairate – cascina Scamozzina – di pari epoca , sono sul percorso. Sulle prime alture  i ritrovamenti, e quindi i riferimenti, non mancano. Sul monte Barro, vicino a Lecco vi sono reperti e strutture per il trattamento dei metalli  appena postumi  all’epoca considerata  e sul Resegone è ancora visibile una miniera di piombo! Sono stati ritrovati reperti importanti anche  in quel del comune di Biassono, che ulteriormente avvalorano le ipotesi formulate sinora.

Probabilmente le tribù  transitavano  da passi di agevole passaggio in stagione estiva quali Bernina, Foscagno  e specialmente  Spluga, ove esistono ancora tracce di strada  utilizzata e ristrutturata  dai romani. I Reti popolano man mano la Valtellina, raggiungendo la Valsassina  e le colline della Brianza.

 

Reti e Insubri

I Reti, scendendo dai passi alpini, danno  il nome alle attuali Alpi che circondano Lombardia e Trentino: le Alpi Retiche appunto. Parimenti  i Leponzi (o Lepontini), insistono sul territorio sottostante e danno il  nome al contiguo  settore delle Alpi.

Per ultimi calano gli Insubri, la cui origine è ancora sede di studi, che calano per il corso del Ticino ed il lago Maggiore  e si stabiliscono nella pianura subito sottostante: accesso agevole  e facile, al limite ovest della laguna. Le zone abitate  delle tribù  scese per altri passi più impervi  e stanziate per prime  sono diverse, non solo  per le pari possibilità di culture agricole e di esistenza di selvaggina, ma per il fatto che nella zona dei Reti esistono i metalli ed in quella degli Insubri no.

Miniere si trovano  sia  nella Valtellina e Valsassina sia nelle valli delle prealpi Orobiche. Già la civiltà è passata dalle armi di pietra a quelle in rame. Tecnicamente più efficienti quelle di pietra, ottime come massa di impatto, ma lunghe da costruire e non recuperabili, come quelle in metallo,  in caso di rottura.

Le prime asce in rame si dimostrano forse meno “dure” di quelle in selce ma più facilmente realizzabili, quindi  di più  ampia diffusione, riutilizzabili anche se rotte; e man mano prendono il sopravvento. Poi nel corso del tempo ecco comparire il bronzo: parimenti malleabile ma più “duro”. Altro passo innanzi della civiltà.

Ora gli Insubri, ove vivono, non  hanno  metalli e quindi  è logico che ne vogliano. Come risulterebbe  anche da presupposti ventilati  da studiosi lecchesi, essi tentano infatti di invadere il territorio retico, passando, pare,  dalla via più agevole, cioè quella alla base delle colline.

Si racconta di primi scontri in Brianza (le nostre spade ?) per poi risalire al Lecchese, inizio della zona mineraria e sede di fonderie  ove, sempre  si ipotizza, avvenisse lo scontro con la sconfitta degli Insubri.

Le tre “spade Monza”  possono raccontare qualcosa in proposito? Potrebbe  esistere una leggenda, come si intravede,  legata a questo reperto particolare  che si tenta rintracciare perché , ora, non si sa dove sia finito? Quindi  come la mettiamo coi famosi Insubri  nel cui nome si vuol anche incorporare la zona retica  in cui viviamo? L’Insubria, come regione, è stata creata da Napoleone: infatti, in occasione della costituzione della Repubblica Cisalpina, fece coniare una medaglia celebrativa con la dicitura “All’Insubria Libera”.

 

20160311 napoleone

 

I Romani  denominarono il nord dell’Italia “Gallia cisalpina”, facendo riferimento al nome assunto dalle tribù celtiche; denominazione che proviene  da quella attribuita alla regione oltralpe, a ovest, ove si sono diffuse le varie tribù di ceppo gallico che sono scese poi anche nella pianura padana, assorbendo i primitivi Celti.

Appunto la Gallia, e Giulio Cesare nel suo “ De Bello Gallico “ ce ne parlerà ampiamente. Augusto, suo successore, si avvarrà della popolazione sita nella zona retica per costituire la Legio a lui fedele (la XVI detta Gemina?) , stanziata a Magonza, ai cui appartenenti, al termine della ferma. Donerà  le terre della Brianza e proclamerà civitas la città da loro eretta e che assumerà, pare, un nome particolare.

Ecco una altra ipotesi di denominazione da tener presente e che  potrebbe influire sulla denominazione finale ed attuale!

Per concludere quindi gli Insubri arrivano buoni ultimi,  e debbono accontentarsi di una zona intensamente agricola ed assumono  notorietà appunto solo per Napoleone. Poi nel tempo le  varie  tribù  prima elencate, come accennato,vengono assorbite da quelle che scendono successivamente. Nella ormai Pianura padana, fertile e ricca! I Romani si scontreranno con loro sino alla sconfitta  inferta definitivamente  ai  Cimbri e Teutoni – classificati dai Romani come Galli - da Mario  ai Campi Raudi  (101 a.C.), creando quindi  la cosiddetta  Gallia Cisalpina.

E per ora ci fermiamo qui, promettendo ai lettori fedeli che faremo di tutto per sapere che fine hanno fatto le spade  e se vi è leggenda in merito. Se troveremo qualcosa  ve lo diremo. Comunque vi assicuriamo che la storia proseguirà  e tenteremo di sottoporla alla Vostra attenzione.

 

Gli autori di Vorrei
Felice Camesasca
Felice Camesasca

Nasce in Monza alla fine degli anni Venti dello scorso secolo da vecchia famiglia cittadina. Compie gli studi sino al diploma di maturità nelle scuole cittadine.
Opera in diversi settori tecnici e anche nel settore PR. Sportivo praticante, ricopre incarichi federali. Amante della montagna, socio CAI ultraottantennale.
Giornalista e poi scrittore . Segue con particolare interesse la lingua e le tradizioni di Monza e della Brianza. Tra le sue pubblicazioni il “Piccolo dizionario del dialetto monzese” e la storia del rifugio “Alpinisti Monzesi” al Resegone.

Qui la scheda personale e l'elenco di tutti gli articoli.