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Quale pensa sia l’attuale emergenza dell’Italia?” chiede il Senatore Luigi De Sena, ex Prefetto di Reggio Calabria con poteri di coordinamento nel contrasto alla 'ndrangheta, all’amministratrice di un Comune Brianzolo (venuto agli onori della cronaca per un violento omicidio di presunto stampo mafioso), intervenuta al dibattito tenutosi lo scorso giovedì, nella sala Consiliare di Giussano sul tema delle infiltrazioni mafiose in Brianza.
La crisi dei valori, la mancanza di etica, l’assenza di moralità?
D’istinto, anche io, avrei risposto così.
Mancando l'obiettivo.
Perchè, come sottolinea l'On. De Sena, l’emergenza prima del Nostro Paese è il lavoro, strumento principe nella lotta all’illegalità.
La guerra alla mafia - evidenzia il suo correlatore, nonché amico Senatore Achille Serra ex Questore di Milano, già Prefetto di Firenze, Palermo, Ancona e Roma - si vince con il lavoro e la cultura. Nel mezzogiorno c’è una percentuale di disoccupazione che supera il 60% e la diserzione scolastica tocca punte del 55%. Dove manca istruzione e lavoro, è facile per un’organizzazione mafiosa impossessarsi di un giovane e farlo diventare prima un piccolo, poi un medio e infine un grande mafioso”.
Già il lavoro.
Il diritto su cui si basa – così ci ricordava durante l’incontro pubblico di pochi giorni fa l’ex Presidente della Corte Costituzionale, il professor Valerio Onida – la nostra democrazia.
Lavoro che nell’accezione fortemente voluta dai Padri costituenti, richiamata nell’art. 1 della nostra Costituzione, “include tutte le parti sociali, i lavoratori, gli imprenditori…
Un diritto al lavoro, precisa l’insigne Costituzionalista, "che diviene anche dovere: perché se è vero che tutti hanno diritto ad un’occupazione, è altrettanto vero che ciascuno è chiamato con la sua attività a concorrere al progresso della società”, connessione – precisa, però, il Professor Onida - non troppo condivisa dai politici, ripiegati “su discorsi di parte e di interessi propri.”
Ecco allora la necessità di tornare “ad una politica che sia capace di volare alto”, che non si fondi sull’egoismo dei singoli, ma che, al contrario, sia volta a rimuovere le disuguaglianze, che in un momento economicamente così difficile rischiano solo di accentuarsi, in assenza di strumenti volti a favorire una più equa ridistribuzione della ricchezza.
Una politica che sappia tornare a parlare con la gente ed una Pubblica amministrazione "termometro di credibilità della politica” in grado di “recuperare credibilità e fiducia fra i cittadini, che, – chiosano i senatori De Sena e Serra - in certe zone del mezzogiorno sono ai minimi storici” .
Allora sì che potremo contrastare efficacemente la criminalità organizzata.
Perché, ricorda il Senatore Serra, “la guerra contro le mafie non può essere vinta inviando forze dell’ordine e magistrati in momenti di emergenza, con loro si possono vincere battaglie importanti, ma non bisogna dimenticare che una volta arrestate 400 persone, ce ne sono 800 disposte a prenderne il posto”, bensì con il lavoro, la cultura, il coinvolgimento di tutte le istituzioni dello Stato.
Ecco, appunto, lo Stato e le Sue Istituzioni, che tutti noi oggi percepiamo (e da un certo punto di vista, ahimè, non senza ragione) solo come formate da “una casta autoreferenziata di privilegiati”, troppo lontana dal popolo, che alimentato dall'antipolitica alla Beppe Grillo, accusa "politici ed amministratori, di essere tutti del pari incapaci”.
Forse, ci sentiremmo un po’ meno abbandonati a noi stessi, un po’ più fiduciosi, un po’ più rappresentati, se ci ricordassimo che accanto ai parlamentari condannati, ai figli di, agli incapaci, ai portaborse, ai raccomandati, ai furbetti, alle showgirl, nelle istituzioni italiane ci sono uomini come il professor Valerio Onida, che, dopo aver ricoperto il ruolo di Presidente della Consulta (la quinta carica dello Stato), ha deciso di dedicarsi alla realtà drammatica della detenzione in Italia, gestendo, come volontario in un carcere dell’hinterland milanese, uno sportello giuridico a servizio dei tanti detenuti, degli ultimi, di chi vive ai margini della società;
oppure se sapessimo che nel nostro Parlamento ci sono politici come gli ex prefetti Achille Serra e Luigi De Sena, due uomini dello Stato che dopo una carriera in polizia lunga 40 anni, e tante importanti delicate battaglie (qui e qui), siedono oggi in senato “non certo per scaldare poltrone”, ma per mettere la loro qualificata esperienza e competenza a servizio della collettività, nella lotta alla criminalità.
Già e allora, forse, dovremmo smetterla di fare, come ammonisce il Senatore Achille Serra "di tutta un'erba un fascio”. Magari faremmo del bene al Paese, ai nostri comuni, alle nostre città se ritornassimo a distinguere le singole responsabilità; condannando, non “la politica, in generale" bensì l’operato di quel politico, di quel senatore, di quell’assessore, di quel consigliere comunale, di quel giudice che male esercita la sua funzione, perché – e credo che il numeroso pubblico presente ai due incontri non lo possa che confermare - fortunatamente nelle istituzioni dello Stato, abbiamo uomini capaci e competenti.
Persone per bene” , che rispettano le leggi e che si battono perchè gli altri facciano lo stesso, che provano imbarazzo a sedere, in Parlamento, a fianco di deputati condannati, che non interpretano il loro ruolo come mero luogo di affermazione personale, “come casta”, bensì come umile servizio alla collettività.
E a me, scusate, tutto ciò non pare certo affare di poco conto.

Pubblicato sul blog di Emanuela Beacco con il titolo "Cultura e lavoro, ecco l’endiadi nella lotta alle organizzazioni mafiose".

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