Ospite di Mirabello Cultura 2016, con Edoardo Zuccato, Salvatore Aglieco, Corrado Bagnoli, Angelo Lumelli, Franco Loi, Marco Bellini, Alberto Casiraghy e Giordano Dell'Armellina.
Nell’ambito del programma Mirabello Cultura 2016, la sera del 29 gennaio è stata dedicata ad un omaggio a Piero Marelli, il più prolifico dei poeti viventi e operanti in Brianza, uno dei più noti e amati, al quale anche Vorrei ha già più volte, non a caso, rivolto la sua attenzione e il suo interesse. Ad onorare non solo la sua dedizione alla poesia e l’ampiezza del suo impegno, ma anche l’importanza della sua produzione poetica e le sue non comuni doti di gentilezza e umanità si sono riuniti poeti, critici ed editori, orgogliosi di poter vantare la sua amicizia e felici di poterne illustrare, con semplicità e affetto, i molteplici meriti poetici. A coordinare gli interventi Diana Battaggia, direttore editoriale de La Vita Felice, che ha pubblicato buona parte della più recente produzione di Marelli, mentre il musicista e saggista Giordano Dall’Armellina li ha intercalati con interessanti esempi di ballate appartenenti a quella tradizione occitanica così vicina alla poesia trovadorica di cui il poeta brianzolo è un appassionato e attento traduttore. E’ appunto alla sua opera di traduzione che è dedicato il primo intervento, quello di Edoardo Zuccato, docente di lingua e letteratura inglese allo IULM, poeta a sua volta “in dialetto alto-milanese” e traduttore di Villon e Virgilio, caporedattore, come ricorda lo stesso Marelli, della importante rivista Testo a fronte.
Dialogano, i due poeti e traduttori, sulla difficoltà di rendere in altra lingua un testo poetico, al quale si corre il rischio di togliere l’anima rispettandone con rigore filologico la lettera, e dicono anche della affinità tra il provenzale (che era anch’esso, rispetto al latino, un dialetto) e i dialetti lombardi: affinità che si rivela nella corrispondenza della struttura segreta, del ritmo, e perfino del lessico, ma che deve essere reinventata. La traduzione in dialetto, osserva Zuccato, va in senso inverso rispetto a quello che normalmente ha una traduzione, il cui intento è di consentire la diffusione di un testo oltre il confine linguistico originario; la versione dialettale corrisponde piuttosto ad una ricerca di espressività. E’ stato così che Marelli si è cimentato, unico caso noto, in una traduzione dall’italiano al dialetto, quella del poemetto di Corrado Bagnoli “Fuori i secondi”.
All’affermazione di Marelli, secondo cui la poesia provenzale inaugura e fonda tutta la poesia occidentale, e sembra far eco Giordano Dall’Armellina quando, nel proporre una nuova ballata (termine il cui significato era quello di “canzone che racconta una storia”) sottolinea la persistenza nella tradizione di alcuni motivi topici, la loro continuità attraverso i secoli: come quella dalla canzone La pernette fino al più noto dei nostri canti popolari; in entrambi, infatti, si parla di una ragazza che si sveglia una mattina, di un amore morto, e di un fiore sulla sua tomba che ne mantiene vivo il ricordo nei passanti che lo ammirano…
Nella vasta produzione di Piero Marelli, sempre impegnato a scrivere un nuovo poemetto, la sezione più lirica è proprio quella dedicata alla poesia provenzale, mentre la maggior parte ha carattere di poesia narrativa o teatrale. E’ Sebastiano Aglieco, poeta di origini siciliane trapiantato a Monza, a presentare un excursus sul complesso di tanta opera: dai poemi dedicati agli antichi eroi del mito, Edipo o Antigone, Alcesti o Cassandra, rivissuti alla luce del presente, alle tante plaquettes, spesso impreziosite da opere grafiche originali, dedicate a personaggi letterari o storici come il Principe Myskin o Vladimir Majakovskij o a testi di argomento religioso, come Giovanni di Pathmos, o la Storia della Vera Croce, in cui ad essere attualizzate sono le figure del racconto della passione, o la traduzione in dialetto del Cantico dei Cantici; e poi i testi di descrizione del paesaggio, la Brianza, i monti, il “coro” dei fiori dolomitici…
Aglieco sottolinea la dimensione amicale e conviviale, di continuo confronto e reciproca lettura che unisce i poeti riuniti stasera a celebrare la poesia di Marelli non in termini di analisi critica, ma di approccio umano e affettivo. Così ricorda anche la vitalità sempre espressa dai versi di Marelli, per il quale il tempo non annulla l’essere, ma lo ricrea: come accade in Carta de véder, dove il cambiamento delle stagioni è descritto in totale serenità e accoglienza; e la musica, legata alla cantabilità della lingua, che non solo attraversa tutta la produzione poetica di Marelli, ma è oggetto di un “poema jazz” intitolato Concert e dedicato a Keith Jarrett.
La varietà della produzione poetica di Marelli si concretizza anche in una molteplicità di formati tipografici ed editoriali che, come ricorda scherzosamente il piemontese Angelo Lumelli, anche lui poeta in dialetto e traduttore, rendono talvolta complicata la loro disposizione su uno stesso scaffale; che d’altronde non basterebbe comunque a contenerla tutta. Il posto, anche metaforico, che l’opera di Marelli occupa nella sua libreria, dice, è destinato a scalzare presto quello occupato da altri ben più celebrati poeti del Novecento: Marelli, come il buon pastore “spinge il linguaggio perché arrivi più vicino, vicino a sè stesso”; non teme il già detto, una lingua compromessa, un riparlare. Piero Marelli “tratta i confini come contatti”, sa che c’è nel linguaggio poetico una continua osmosi: e ne cita in proposito due versi tratti da Pietra Serena:
“non ti accompagno per impedirti di cadere/ ma solo perché i tuoi passi decidono anche i miei”.
Corrado Bagnoli riprende, sul filo della memoria, il tema della collaborazione tra amici: ricorda che a fargli conoscere Marelli è stato nientemeno che Paolo Nespoli, l’astronauta, altro veranese illustre che faceva allora l’elettricista nelle rappresentazioni teatrali dirette dal suo concittadino poeta… Dopo la traduzione già ricordata del suo poemetto Fuori i secondi, con Bagnoli Marelli ha voluto realizzare diverse collaborazioni, la più recente è consistita nella impegnativa prefazione al poemetto Apocalypsis cum figuris, una rilettura del Novecento connessa ad una riflessione sulla responsabilità della poesia: che forse nel “secolo breve” si è lasciata sfuggire la possibilità di interrogarsi sul senso della storia, sul destino dell’uomo. Un testo scritto da un autore che appartiene alla schiera di quelli “che non giocano con la parola, ma fanno della parola l’occasione per dire qualcosa di definitivo”; un testo che Marelli considera l’approdo della sua maturità poetica.
Su quanto totalizzante sia lo sguardo di questo nostro poeta sulla poesia testimonia Marco Bellini, meratese, il quale ricorda il ruolo formativo che ha avuto per lui l’incontro con Marelli, attraverso il quale ha scoperto l’intensità, l’urgenza del bisogno di stare nella poesia: questo gli hanno insegnato la sua voracità, la capacità di assorbire dalla lettura e dall’incontro col mondo, la sua curiosità, l’accumulare con l’impegno di notti passate alla scrivania, da autodidatta, un bagaglio enorme di conoscenze. Così Marelli ha acquisito la assoluta consapevolezza di tutto ciò che si è fatto e si va facendo nel mondo della poesia: perché la poesia diventa consistente attraverso il lavoro assiduo, che permette di collocarsi nel solco di ciò che è stato fatto. O, come dice Marelli ne “Il ramo di biancospino” : quel che occorre è “nutrirsi in modo vario per alimentare il metabolismo della parola”.
Una conferma ci viene ancora da lui stesso, quando, nel ringraziare Franco Loi della sua partecipazione a questo omaggio, ricorda come la dignità del dialetto in quanto lingua poetica gli sia stata rivelata proprio dalla lettura di Strolegh, il poema che consacrò il grande poeta milanese attraverso la recensione di Dante Isella e la prefazione di Franco Fortini. E’ infatti il “grande vecchio” della poesia dialettale lombarda del Novecento a concludere gli interventi degli amici poeti, ricordando la comune attenzione alla lingua del popolo, già presente nello Zibaldone leopardiano e motivata da Carlo Tessa col fatto che “il popolo è più sensibile ai suoni che ai contenuti”. D’altra parte, dice Loi, bisogna che il poeta abbia piena consapevolezza di sé, per non essere travolto dalla piena dell’inconscio che il comporre poesia scatena. Il lavoro poetico accresce non solo il piacere e la consapevolezza del far poesia, ma anche la consapevolezza di sé; il poeta, insomma, può dire di sé quel che diceva un suo amico operaio alla Breda: “mì, me piase el mè laurà, perché imparo sempre qualcosa”.
Piero Marelli e Alberto Casiraghy (tratta da linfoart.blogspot.it)
I due amici editori, Alberto Casyraghi e Gerardo Mastrullo concludono la serata con le loro testimonianze d’affetto e di stima nei confronti di Piero Marelli, mettendo in rilievo altri aspetti della sua umanità: Piero è l’amico che percorre a piedi la ventina di chilometri che separano Verano da Osnago “perché vuole sentire l’odore del granturco”, e porta in dono due pani “che sembrano usciti da un quadro di Zurbaran”; è il collega tipografo che su richiesta si mette a comporre con straordinaria velocità e senza alcun errore; è il poeta, presentatogli da Nanni Scheiwillwer come il suo “più grande poeta sconosciuto”; è il maestro, infine, a cui l’editore del Pulcino Elefante ha dedicato i sette aforismi coi quali conclude il suo intervento. Infine l’amico editore de La Vita Felice ricorda di aver conosciuto Marelli come assiduo frequentatore, e acquirente, nella libreria milanese per cui lavorava prima di affrontare la sua avventura editoriale. Gerardo Mastrullo, insieme a Nadia Battaggia, ha imparato che tutte le proposte di Marelli sono meritevoli di pubblicazione, così che, dice, a differenza di Scheiwiller, lui ha la fortuna di pubblicare un grande poeta ormai ben conosciuto.
Il pubblico in sala potrebbe a sua volta aver imparato che nel mondo della poesia esistono persone disposte ad apprendere le une dalle altre, a dare riconoscimento ai reciproci meriti, a mettere in primo piano fra questi le doti di umanità, dedizione, impegno, gentilezza, a festeggiare le persone che, come Piero Marelli, le riuniscono in sé, insieme al talento e alla conoscenza. Non fosse che per questo, occorre davvero che la poesia riacquisti centralità nel nostro mondo dove si ha spesso l’impressione che regnino incontrastati i comportamenti opposti!
Mirabello Cultura 2016 è una manifestazione, organizzata dalla Casa della poesia di Monza, in collaborazione con il Consorzio del Parco e della Reggia di Monza e patrocinata, oltre che dal Comune e dalla regione, anche dalla associazione Zeroconfini onlus, che, come accade già dal 2012, si propone di coinvolgere la città, nel corso di tutto l’anno, “in vari percorsi di approfondimento culturale”: non solo incontri coi poeti più rappresentativi del panorama nazionale odierno, non solo intrecci tra poesia, musica e arti figurative, ma anche presentazione di romanzi e saggi critici, oltre alla premiazione di premi letterari organizzati dalla stessa Casa della poesia. Gli eventi hanno come cornice privilegiata gli ambienti e gli edifici annessi alla Villa Reale e al suo Parco, e specialmente il delizioso Teatrino di Corte: che, per quanto ancora in attesa di urgenti restauri, non si sottrae all’onore di ospitare tante manifestazioni d’amore per la poesia.
L’editoria d’arte è stata protagonista del primo incontro, il pomeriggio del 22 gennaio nella sala Conferenze adiacente al Teatrino: Antonetta Carrabs, Elisabetta Motta e Laura Marzorati hanno presentato le Scatole poetiche, un nuovo modo di declinare la vicinanza tra le arti visive e quelle della parola e la loro capacità di interagire: concretizzata in questo caso in piccole scatole di porcellana decorate con scritte e immagini, opera dello scultore Alcide Gallani, e contenenti i versi del poeta Pietro Berra. Non solo poesia: il programma proseguirà in febbraio e marzo con Marco Balzano, vincitore del Premio Campiello, e con Giuseppe Lupo e il suo romanzo “L’albero di stanze”; con Laura Pariani, in aprile, il romanzo dedicato a Dino Campana. Anche Franco Loi e Davide Rondoni faranno parte della annuale rassegna dei maggiori poeti organizzata dalla Casa della Poesia di Monza
Foto di apertura di Dome Bulfaro/PoesiaPresente