L’antropologo francese Marc Augé definisce i nonluoghi spazi che hanno la prerogativa di non essere identitari, relazionali e storici. Essi costituiscono la deterritorializzazione delle periferie urbane: i nonluoghi del consumismo, del traffico, dei grandi centri commerciali, di aeroporti, svincoli autostradali, depositi, stazioni di servizio. Spazi in cui milioni di individui s’incrociano senza entrare in relazione. Sono queste le zone, o 'involucri urbani', dove si riscontra il numero più elevato di disoccupati e dove si concentra la popolazione degli immigrati. I nonluoghi hanno limitazioni all'accesso, bisogna rispettare una serie di regole: dimenticare la propria appartenenza sociale, attendere il proprio turno, non socializzare, consumare e pagare. Nelle varie metropoli del mondo i nonluoghi sono sempre di più identici; i viaggiatori tendono paradossalmente ad identificarcisi, tanto da sentirsi maggiormente a proprio agio che non nei centri storici delle città non conosciute, che a loro volta subiscono la tendenza ad essere trasformate in città-finzione, offerte in spettacolo e attrattiva turistica.
Da qualche decina d’anni la cultura favorevole agli ecomostri, termine coniato da Legambiente per descrivere l'Hotel Fuenti sulla costiera amalfitana, definendo edifici incompatibili con l’ambiente naturale e il paesaggio circostante, spesso al limite della legislazione urbanistica, trova qui il suo maggior impulso creativo, potendo disporre d’ampie superfici con pochi vincoli urbanistici e paesagistici.
Se le avanguardie artistiche della pittura del primo Novecento furono il sensore percettivo delle mutazioni antropologiche subite nelle società della rivoluzione industriale, oggi questa prerogativa, in una situazione super-inflazionata dell’immagine, spetta sicuramente al sonoro e alla capacità dei decibel di interferire nel sistemi nervosi atrofizzati. Paragonando la storia del rock, fenomeno musicale che viaggia parallelo all’evoluzione della società del consumismo di massa, con la contemporanea cultura urbanistica e architettonica, si possono scorgere alcune affinità e chiavi di lettura dell'evoluzione\devoluzione psichica, o almeno della percezione che essa ha di sè. Dagli anni ’50 prende corpo in architettura, con manifestazioni diverse, una ricerca di carattere utopico e visionario. (Vedi RADICALS di Gianni Pettena).
Come le band sperimentali degli anni '60, anche gli urbanisti utopisti hanno condotto ricerche verso le vie di fuga: nell'era della psichedelia, nel 1964, l'architetto inglese Ron Herron, dello studio Achigram, disegnò degli edifici alti 40 piani in grado di camminare per le campagne su zampe telescopiche come giganteschi insetti, unendosi tra loro a formare aggregati e città di forma sempre nuova. Sarebbero stati proprio come colonie di giganteschi coleotteri.
CITTA' INSETTOIDI DI RON HERRON © Ron Herron, Archigram.
Mentre Archigram sognava coleotteri, un gruppo di giapponesi del movimento metabolismo guidato da Kisho Kurokawa, ebbe invece modo di realizzare alcuni progetti, come le Capsule Tower del 1972, che prossimamente saranno abbattute perché costruite con amianto in abbondanza. Il significato della capsula è espresso dall’intrinseca speranza di formare una società che si sostiene sull’idea della diversità multietnica, guidata dal libero volere di ogni singolo cittadino, dove lo spazio per la vita degli uomini è la sommatoria di tutte le capsule individuali alla quale va sottratta quella parte necessaria alle infrastrutture di supporto. Una società in cui l’individualismo esautora il nucleo famigliare.
Nella Londra orientale, tra il 1966-72, venivano spesi ingenti somme di denaro pubblico per costruire Robin Hood Gardens, un complesso di edilizia economica e popolare con 213 case. La struttura in cemento armato risultò essere difettosa, ma le funzioni sociali furono ancor più difettose: i giardini del Robin Hood si sono trasformati in un focolaio della criminalità, tuttora abitato. Attualmente è in atto un acceso contenzioso tra fautori della demolizione e conservatori della struttura. (Vedi The secret life of Robin Hood Gardens).
Circa nello stesso periodo, per non essere da meno, venivano costruite, nella periferia nord di Napoli (Secondigliano) tra il 1962 ed il 1975, "Le Vele" di Scampia , edifici sicuramente tra i piu' brutti d'Italia, esteticamente un orrore architettonico, 3 delle 7 strutture iniziali sono state abbattute tra il 1997 ed il 2003, ne restano in piedi 4, ancora oggi abitate.
Dopo la rivoluzione punk di Jonny Rotten, alias Lydon e la grande truffa del rock & roll, un altro architetto visionario, Rem Koolhaas, eleva l’arte architettonica oltre la noise music, progettando edifici di forme scomposte e divendando ispiratore delle innumerevoli sperimentazioni trash-core odierne, tra cui si possono ammirare i nuovi edifici Jolly Hotels, presso la nuova fiera di Rho.
Rem Koolhaas e le torri del Jolly Hotel a Rho
Assai meno utopistici sono invece gli edifici dei nonluoghi che stanno saturando completamente gli spazi rimasti tra i comuni dell’ interland milanese, Monza, Cinisello, Sesto, Muggiò. Immense aree vengono sistematicamente utilizzate per la costruzione di mastodontici centri commerciali, Auchan, Caltacity, Gigante, tanto da supporre già ora una futura crisi, neanche lontana nel tempo, del tipo occorso alle altrettante gigantesche strutture industriali, in precedenza insediate nel territorio, come la Falk, la Pirelli, la Breda ecc. È razionalmente ipotizzabile un’inevitabile saturazione del mercato consumista, basata sul rapporto del numero degli abitanti e la quantità di merci necessaria per mantenere i livelli commerciali in attivo.
Da “La città da riempire” di Nicola Desiderio:
“La città contemporanea, com’è noto, vive una condizione cosiddetta 'diffusa', omologata, spalmata su un determinato territorio, e con essa la società che vi abita. Ciò determina sia la frammentazione del 'continuo urbano' in diverse comunità, settori, aree, distretti - che possono o non avere cose in comune - ma anche l’inevitabile convergenza verso ciò che io definisco 'luoghi di concentramento' mentre altri chiamano 'contenitori urbani'. Allora, se è vero che il mondo, così concepito, in realtà dipende dai consumatori, vedo proprio in questi 'involucri' le potenziali sedi della ritrovata 'coscienza', della futura presa del potere; riconosco in loro l'essere la potenziale 'polveriera sociale' del 'disappunto' da cui forse, un giorno, potrà nascere qualcosa d’insolito, di grave, di destabilizzante“.