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Vorrei proporre un gioco. In questo periodo di ozii festivi qualche consiglio cinefilo può tornare comodo – e poi insomma, non si dica che Vorrei manca di spirito natalizio! Cinque titoli dunque, per raccontare e esplorare il rapporto tra il cinema e l'informazione. Io metto giù i miei, voi proponete i vostri.

200901-citizen-kane.jpgCitizen Kane (Orson Welles, Usa 1941)
Non si può partire che da qui. Un classico della storia del cinema e un caposaldo della cultura americana. Il suo autore leggeva Shakespeare a cinque anni, poi si diede al radiodramma e passò alla storia convincendo il Paese che i marziani erano sbarcati e stavano invadendo il pianeta. Per questo avrebbe dovuto finire all'inferno, ma – come lui stesso ammise – gli andò meglio, e finì a Hollywood. Girò questo film all'età di ventisei anni, ma poi qualcosa si ruppe, si fece la fama di uno che sforava il budget e la sua carriera si costellò di progetti incompiuti. In Kane il Nostro gioca con la figura di Hearst, magnate dell'editoria, ricostruendo la figura del suo personaggio attraverso i ricordi di chi lo aveva conosciuto nel corso della vita. Il tutto nel tentativo di riattribuire senso ad un'unica parola, pronunciata in punto di morte dal protagonista e misteriosamente raccolta dalla macchina da presa. Il risultato sarà una sanzione di sconfitta: per quanti punti di vista si possano assumere, per quanto si cerchi di appurare i fatti e le fonti, il senso che gli uomini danno alle cose si nega alla comprensione. Rosebud brucia, e noi continuiamo a cercare.

200901-goodnight.jpgGood Night, and Good Luck (George Clooney, Usa 2005)
Se Welles e il suo direttore di fotografia Toland fecero per l'uso dei grandangoli e della profondità di campo, Clooney si esibisce in un bianco e nero lucido, come lucido è l'atto di coscienza proposto da Ed Murrow. Giornalista radiofonico, negli anni Cinquanta Murrow denunciò dalle frequenze della CBS il maccartismo e le liste di proscrizione con cui la Commissione per le attività anti-americane colpiva i “comunisti”. Giornalismo civile, indipendente e critico, come nella migliore tradizione statunitense. Guardare al passato e parlare al presente: i “terroristi” hanno sostituito i rossi, ma il pensiero unico televisivo resta insidioso, sottile, e c'è ancora di che augurarsi buona fortuna.

200901-supersize-me.jpgSupersize Me (Morgan Spurlock, Usa 2004)
Il più recente documentario americano sembra però fare a meno della Storia per concentrarsi sul presente: politico (Moore) e perfino ecologista (Gore). Prevale un approccio personale, fortemente connotato dalla personalità del regista-interprete, con esibiti intenti persuasivi nei confronti del pubblico. E' la tradizione che aggancia il teatro di parola da un lato, e dall'altro l'orazione pubblica. In Italia qualcosa di simile ha tentato Deaglio, e la sufficienza annoiata delle reazioni rende bene l'idea sulla maturità delle diverse sensibilità democratiche. Ad ogni modo, Spurlock riesce a costruire un solido impianto narrativo proponendo se stesso come cavia per un esperimento alimentare da incubo. Nutrirsi esclusivamente da McDonalds, e monitorare le conseguenze sul proprio fisico e la propria psiche. In parallelo, il Nostro indaga questioni sociali collegate all'industria dei fast food e all'alimentazione. L'impatto è notevole. Il disgusto, anche.

200901-united93.jpgUnited 93 (Paul Greengrass, Usa 2006)
L'Evento mediatico per eccellenza – paragonabile forse solo alla caduta del Muro nel 1989 – contiene ormai così tanti strati di significati da rendere impossibile risalire al quel quanto di informazione che vi era contenuto all'inizio. Ci prova Greengrass, documentarista di razza, realizzando una sorta di docudrama. Si ricostruiscono gli avvenimenti del volo 93 della United, dirottato l'11 settembre 2001 e precipitato a Shanksville, Pennsylvania a seguito di un tentativo da parte dei passeggeri di riprendere il controllo del velivolo. Il regista utilizza le conversazioni telefoniche originali ricevute dai parenti, sceglie come interpreti attori fisicamente somiglianti. E' una storia di uomini, risoltasi troppo in fretta, e Greengrass e tiene la mano sui fatti senza estrarre verità di tasca. Ma non dimentica di mostrare l'impreparazione del sistema aeroportuale e dell'apparato militare. Il senso degli uomini sfugge, ma il sistema che produce Kane non può chiamarsi fuori dalle sue responsabilità.

200901-un-altro-paese.jpgIn un altro paese (Marco Turco, Italia 2005)
Mi accorgo che non ho citato nemmeno un film italiano. E sì che anche da noi il documentario si pratica, e anche bene. Rimedio subito, con l'ottima pellicola di Marco Turco, che mette in scena il lavoro d'inchiesta condotto negli anni Novanta da Alexander Stille, giornalista americano (buffo?) che ha raccontato il nostro Paese e le sue pagine più nere. Con il sostegno visivo e morale delle fotografie di Letizia Battaglia Turco e Stille ricostruiscono le vicende che intrecciano la storia della Mafia e quella della Prima Repubblica. L'operazione è di alto livello, e – se posso permettermi – ha un pregio che sfugge all'osannato Gomorra garroniano (già in Saviano la questione è diversa): quello di radicare nella Storia, evitando la tentazione del Sistema per rintracciare i nomi, i fatti e le responsabilità, senza chiacchiere né compiacimenti retorici. Sei paesi hanno collaborato a produrlo. In Italia è stato distribuito (Fandango) solo in dvd. Non ho altro da aggiungere.

Gli autori di Vorrei
Pasquale Cicchetti