La terza edizione di PoesiaPresente si è aperta giovedì 15 gennaio,
nel segno di una sensibile evoluzione che fa tesoro degli anni precedenti.
Anche quest’anno si comincia. Incredibile ma vero, per sei mesi la Brianza diventa un punto di riferimento in Italia per qualcosa di culturale. È PoesiaPresente, la stagione poetica organizzata dall’associazione Millegru di Monza, che tenta di portare a contatto con il pubblico alcuni dei migliori poeti contemporanei. È proprio questa la dimensione interessante della manifestazione, perché non si pone l’obiettivo di far conoscere semplicemente gli autori alla gente: vuole portare per mano gli ascoltatori davanti al poeta, lasciando che ognuno si arricchisca dell’arte poetica in un rapporto alla pari. Credo valga la pena sottolineare un simile aspetto sulle pagine di una rivista come questa, dato che nei rispettivi ambiti le motivazioni sono in sostanza le stesse. Se non si fosse chiamata PoesiaPresente avrebbe potuto benissimo chiamarsi La Poesia che Vorrei, perché rappresenta il più serio tentativo di mostrare autori e opere in una prospettiva diversa, alternativa, libera. E soprattutto si tratta di una manifestazione concepita come un servizio alla comunità, qualcosa che si fa perché è giusto farla.
Lo sforzo si coglie ancora di più nell’edizione di quest’anno, aperta ad una dimensione internazionale già annunciata l’anno scorso. In più, in questo terzo capitolo della sua storia, Millegru comincia anche a raccogliere e presentare i risultati del lavoro svolto: L’antologia “Mappa Giovane” (edita dalla svizzera ELR), che ospita i poeti di Monza e Brianza nati dopo il 1970, testimonia l’impegno di PoesiaPresente a valorizzare anche il nuovo che si agita sul territorio e che merita voce. I due aspetti si fondono con l’affiancarsi di nuove voci europee ai giovani poeti italiani selezionati. Sempre più, insomma, PoesiaPresente pare voler far cadere le barriere linguistiche per giungere alla sola vera lingua che le interessa, quella poetica.
La serata di giovedì 15 gennaio è stata un buon inizio, con le letture di Giuliano Mesa dal suo “Tiresia”, la perfomance “Aprendo le porte alla parola” di Nicola Frangione e “Ictus” di Dome Bulfaro accompagnato dall’ensemble di batteristi Danno Compound e dalle voci di Marco Bin ed Enrico Roveris. Tre esibizioni suggestive, ognuna con una diversa energia. La solennità degli oracoli al contrario di Mesa è la dimostrazione che la poesia può ancora indagare sul senso delle tragedie contemporanee. Il liquido disorientamento di Frangione tra gli innumerevoli fiumi di parole che infestano il vivere quotidiano rappresenta invece l’estrema difficoltà della ricerca di quella parola che più di altre esprime l’esistenza. Lo sguardo trasognato di Bulfaro sulla metropoli alienata, infine, racconta di una catastrofe dell’anima capace di risvegliare il cittadino passivo e fargli guardare la realtà in modo nuovo.
Quella che è ripartita, insomma, è un’idea di poesia viva e calata nel suo tempo, non cristallizzata e sperduta nel mito di se stessa: è disposta a sporcarsi le mani, a crescere, ma soprattutto, a farsi dono per chiunque.
Per il programma di tutta la stagione poetica, si può consultare il nostro precedente articolo.
Foto per gentile concessione di Marco Zanirato - ZMPHOTO