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Due ore di spettacolo divise in due tempi, il primo più personale, il secondo più ideologico

Riceviamo e pubblichiamo

20090313-finardi-suono.jpgMartedì 17 Marzo 2009  - Ore 21.00
Eugenio Finardi
SUONO
Appunti teatrali e contrappunti di Eugenio Finardi. Collaborazione di Enrico Ceva. Regia di Paolo Giorgio

Eugenio Finardi si confronta, per la prima volta, con la prospettiva teatrale o meglio con il teatro canzone. Con questa performance Finardi vuole andare oltre l'ambito, per lui abituale, del Concerto con Parole per arrivare anche a momenti di pura teatralità. Il tutto per sviluppare concetti e raccontare storie (solo marginalmente autobiografiche) attraverso musica, teatro, immagini, gesti.

Ascoltare, vedere Suono è un po' come entrare nel salotto di casa Finardi. Dall'arredo essenziale: un fondale, un leggio e 4 casse armoniche per far aderire il pubblico a quella che per il padrone di casa è stata la prima cellula vitale: la musica totale. Il sogno di Eugenio bambino, il palcoscenico della storica sala di Via Filodrammatici, diventa per lo spettatore luogo e meta di un viaggio intimistico attraverso la sensualità e la trascendenza per mettersi in comunicazione con l'universo, con l'assoluto. Le ragazze di Osaka. In Suono Eugenio Finardi sperimenta per la prima volta il confine fra parola e musica in una prospettiva teatrale accompagnandoci per mano nel racconto della sua vita. A 11 anni, con la prima esibizione in pubblico capisce che cosa vorrà fare da grande; a 13, durante una vacanza dagli zii americani, la folgorazione con la scoperta dei blues, che sono un sentimento, 3 accordi confinati in 12 misure, un ponte verso l'infinito. E qui lo spettacolo assume i toni di una jam session con Diesel.
Dall'esperienza in Africa nel 1998 con Medici senza Frontiere un incontro e un dono prezioso che diventa oggetto di scena: una lancia. E nasce Deserto. Dalle lingue parlate alle lingue delle donne il passo è breve in Un uomo e in Laura degli specchi, che testimoniano la voglia di capire l'universo femminile. Con gli amici si può parlare anche dei momenti no, ed ecco Vil Coyote, oppure accendere la sala con i virtuosismi vocali di Max Carletti. E ricordare Giai Phong, il sogno, il crollo dell'utopia con Musica ribelle e La Radio.
Ma il Finardi di Suono non è pessimista. «Il momento che stiamo attraversando è di transizione tra l'homo sapiens e l'homo sapiens sapiens sapiens, l'uomo nuovo». «Abbiamo bisogno di un nuovo Umanesimo per studiare finalmente l'uomo per quello che è e non per quello che avevamo sognato che fosse». «Stiamo per entrare in una fase di maggiore consapevolezza perché la cultura non si perde ma si evolve». E con Amore diverso, dopo 12 canzoni la voce della musica tace per lasciare il posto alla speranza di un futuro radioso, quello consegnatoci da Dante: «Fatti non foste per viver come bruti...».
La scena si illumina su Max Carletti, chitarre; Paolo Gambino, pianoforte; Federico Ariano, percussioni; Stefano Profeta, contrabbasso, in Extraterrestre, per sfumare poi su Eugenio Finardi, solo con la sua chitarra acustica nella dolcissima Mia piccola fragola. Grande serata. (Elisabetta Dente, il sole 24 ore)

L'etichetta di cantautore la sentiva da tempo come una gabbia, prigioniero della ripetizione dei successi di un passato ormai chiuso. Così, dopo 30 anni di carriera, Eugenio Finardi ha deciso di cimentarsi con il teatro e con la fisicità dell'impegno attoriale. Una libertà conseguita con il tempo, perchè «ormai, con l'età che ho, sono libero dal dover dimostrare qualcosa e posso provare, sperimentare», ha detto, a Milano, alla presentazione di «Suono», in programma al Teatro Filodrammatici di Milano dal 21 febbraio al 2 marzo. Lo spettacolo è un duplice ritorno al passato: il cantante milanese, infatti, studiò teatro alla Tufts University di Boston prima di firmare il suo primo contratto discografico e poi al Teatro Filodrammatici si sente un pò a casa «perchè sono praticamente nato alla Scala, dove mia madre, cantante lirica, lavorava - ha spiegato - e ho sempre sognato di fare teatro qui».
«Non sarà niente di innovativo», ha tenuto a precisare Finardi che, per il suo progetto musicale e al tempo stesso teatrale, prende a modello un altro cantautore milanese che si cimentò con il sipario: il signor G. «Mi basterebbe fare un centesimo di quel che è riuscito a fare Gaber», ammette. Due ore di spettacolo divise in due tempi (il primo più personale, mentre il secondo più ideologico) che presentano una miscela di musica e parola, dove non mancheranno le canzoni che lo hanno contraddistinto («Musica Ribelle», «Un uomo» ed «Extraterrestre») e momenti autobiografici che racconteranno le esperienze di una vita (come il viaggio in Sudan, nel 1998, con Medici senza Frontiere o un monologo sull'amore). Inoltre, questa sarà l'occasione per tracciare un bilancio e per riscontrare parallelismi tra gli anni Settanta e oggi, come ad esempio sul «delirio terrorista».
A condire il tutto ci saranno le video-proiezioni degli artisti Masbedo e Giuseppe Romano e l'accompagnamento musicale di un'orchestra. «Cercherò di essere attore con una teatralità un pò all'antica: sarà un'esperienza totale», ha aggiunto Finardi, che non nasconde di essere emozionato e quasi «terrorizzato» dall'impegno che lo aspetta, «perchè è in questi spazi e con questo tipo di rapporto con la gente che ci si arricchisce». La volontà di rischiare è nata dalla delusione dell'ultimo Sanremo, edizione 1999, che lo ha profondamente deluso. Finardi si è considerato «un pensionato di un'industria discografica che ha impoverito la "biodiversità" di questa arte», decidendo così di accettare progetti che «prima non avrei fatto. Ora sono libero, non sono più prigioniero di Finardi, di Musica Ribelle e degli anni Settanta». (Corriere della sera.it)

Biglietti in vendita presso il Teatro San Giuseppe dal Mercoledì al Venerdì dalle ore 20.30 alle ore 22.00, al Sabato dalle ore 21.15 alle ore 22.00 e la Domenica durante gli orari di spettacolo fino alle ore 22.00.
www.sangiuseppeonline.it