20090617-arthur_schopenhauer

Una passione radicale, comunque prende forma, è l’essenza della vita.*

Una passione radicale, comunque prende forma, è l’essenza della vita. E’ una passione che mira all’unità, alla pace alla stabilità. 
Qualora l’uomo tenti di ricondurre la Natura a sé e al proprio bisogno, e di fare unità a partire da sé, si inoltra per una strada di lotta, il cui scopo è umanizzare la realtà. E’ questa la via che la civiltà occidentale ha percorso in modo privilegiato, assecondando l’istinto maschile che mira all’assoggettamento, alla produzione di effetti, cioè all’efficacia. La storia dell’occidente della scienza e della tecnica, cela un impulso avido e titanico volto all’appropriazione della Natura. In questo impulso è racchiuso il dramma dell’uomo che, nella sua pretesa prometeica di porsi al di sopra degli dei, inevitabilmente viene rigettato dalla natura. Per questa strada l’unificazione è impossibile e può solo svelarsi l’impotenza dell’uomo, un’impotenza raramente confessata e più volentieri scambiata, a sproposito, con un eccesso di attività. 
L’altra possibile risposta al desiderio di armonia ha il suo centro nella Natura. L’uomo può naturalizzarsi, dissolversi nella natura, abbandonarsi in essa, come in un grembo materno. Per questa via si produce una storia diversa, una storia di affetti, di abbandono, di attesa, una storia segnata da un impulso femminile che accoglie, che si lascia determinare in una passività voluta e vissuta. Per questa via però si giunge ad un altro punto oscuro, cioè al mondo morto, all’annullamento di sé a favore dell’unificazione, senza distinzione, con madre Natura.
Tra questi due stremi, definitiva una massima attività e una massima passività, si tende la vita dell’uomo e della donna, che portano in sé l’intreccio di queste due dimensioni in una complementarietà desiderata, intuita gioiosamente in giochi imprevisti, ma spesso incontrata in modo contraddittorio e sofferto. Spettatore, e a volte arbitro e protagonista inevitabile della storia è la Natura, che si offre come scenario originario della vita dell’uomo, lo nutre, lo alimenta, lo accoglie ma anche lo ridimensiona, ricordandogli, tragicamente, i limiti invalicabili della sua finitudine.

NON SI DICE “IO VOGLIO”, BENSI’ SOLTANTO “IO SOFFRO”.
Schopenhauer

*Prefazione del libro “IL RITORNO DI ILARIA”, di Ferdinando Radaelli, grande scrittore e intellettuale veranese

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Manuele Cattaneo