Lo Sprawl al Carrobiolo: rigenerante, una quantità enorme di stimoli, suggestioni, emozioni.
La risposta alle parrucche impolverate che sfilavano al Forum Unesco.
Sprawl 2009, nella sua giornata al Teatro Villoresi, è stata una faticaccia. Per gli organizzatori, formiche impazzite sempre in movimento a rincorrere le decine di artisti coinvolti, e per gli spettatori, transumanti fra la sala grande, quella piccola e il cortile. Sabato 26 settembre 2009 il complesso del Carrobiolo a Monza è diventato una grande officina di immagini, suoni, performance. Già dal pomeriggio, nel cortile dove l'odore della birra artigianale la fa da padrone, si sono esibiti Paolo Pizii e Luca Privitera con il loro “100% terroni”. Testimoni di un terronismo senza età, cuociono il ragù buttando nel pentolone Ellis Island e il Mac Drive, i rave party e Ignazio Buttitta, i dialetti bastardi e le migrazioni che hanno portato ovunque nel mondo i figli di una terra che, da troppo tempo, invece non va più da nessuna parte.
Caterina Paolinelli (Foto di Arianna Cagnin)
Dopo di loro “Tanto è gratis” delle brave e divertenti ragazze di Waitress Lab, danzatrici, attrici, performer tout court che con ironia e leggerezza hanno giocato sulla illeggibilità dell'arte contemporanea e sulla precarietà di chi la pratica. Si sa, vivere di arte è molto raro ed è comune il dialogo «Che cosa fai nella vita? L’attrice! Si, ma di lavoro?… la cameriera», e il loro curioso progetto è nato proprio in un ristorante, dove hanno imparato ad allestire mini-spettacoli che si adattano a spazi inconsueti e ristretti. Ai tavoli hanno pensato di servire, fra un piatto e un bicchiere, anche la grazia delle loro performance.
Sara Carissimo e Paola Pizzingrilli di Waitress Lab (Foto di Arianna Cagnin)
Lasciato il cortile alle ombre della sera e alle luci dei video, la parte teatrale di Sprawl 2009 è salita sul palco della sala grande del Villoresi. Qui ha aperto il reading di “Orgia” di Pasolini. Caterina Paolinelli - circondata dal contrabbasso di Paolo Romano e dall'elettronica di Andrea Reali – fin troppo bella e sensuale, addirittura strideva con l'invettiva antiborghese del poeta friuliano. A lei sono seguiti Antonello Cassinotti del Teatro Delleali con lo stesso Reali, ovvero Vociadeffetto; un nome assolutamente didascalico (ma in senso buono), perfetto per descrivere il duetto di voci - una fisica l'altra elettronica - che con ironia stanno ben lontane dalla narrazione e dalle parole. Giocando a imitare sciamani e didjeridoo, un lampo fluxus ha lasciato sulle tavole del teatro dei barnabiti polvere di Cage, Stratos e Man Ray.
Sfortunata la presentazione di “Eterofolli” dei Giullalli e anyBetterPlace, o sfortunati noi che non eravamo sul palco e non abbiamo neppure sentito le fievoli voci degli attori. Ma abbiamo visto le loro ombre luminose danzare nei corpi di Lia Courrier e Giulia Damonte sulle scenografie di Rosa Lanzaro e le loro teorie naufragare nel vuoto di chi ascolta solo se stesso. Da rivedere con le giuste luci, le giuste voci, la giusta preparazione.
Paolo Pizii e Luca Privitera in “100% terroni” (Foto di Paola Rizzi)
Gli ultimi sul grande palco sono stati i Domingueros con “Chiamami Arturo, Arturo Bandini”, rivisitazione del vecchio repertorio di Vinicio Capossela, fra la regina del Florida e l'ultimo amore disinnescato da Marina Puglia, Gaetano Ievolella ha letto passi di Bukowsky che citava John Fante che veniva citato da Capossela, che ha un posto privilegiato nel cuore di chi scrive, che quindi mal digerisce riletture a cuor leggero. Problemi da vecchi filologi incarogniti.
Fra uno e l'altro di questi spettacoli, si saliva nella saletta al piano superiore per rivedere volentieri le WaitressLab che danzavano con dipinti che avremmo preferito non vedere (“Insolito quotidiano”), si ammirava Raffaella Agate leggere, danzare e trascinare fra le pagine di un'iniziazione mancata, da “Agostino” di Moravia (“Un'estate al mare”). Si rimaneva affascinati non tanto dal piccolo scorpione spaesato fra le sedie quanto dall'installazione senza attori di “Ero nuda e mi avete vestita 02 – un'azione per Rosemary” di Buoso, Carati e Sampietro (con Eleonora Tedesco). Lunghi minuti di buio assoluto e il lontano suono ambientale. Poi la pallida luminescenza di un vestito sospeso nel vuoto. Suggestioni ispirate all'incredibile storia della sorella “pazza” dei Kennedy, Rosemary, a lungo nascosta, a lungo rinchiusa in clinica, lobotomizzata. Eppure l'unica, nel 2005, a morire di morte naturale. La pervicacia dell'alterità.
La mostra al Tridente (Foto di Paola Rizzi)
Lo Sprawl visto al Carrobbiolo è stato rigenerante, una quantità enorme di stimoli, suggestioni, emozioni. Il bel modo per rispondere alle parrucche impolverate che sfilavano al Forum Unesco. Contrapporre energia a burocrazia, intensità a torpore, la vita alla morte (massì, esageriamo), è utile per mostrare e dimostrare una cultura che non è solo gelida museificazione del passato e mercificazione del futuro. La cultura, l'arte sono meravigliosamente vitali. Facciamolo sapere in giro.