Cos'è l'economia della conoscenza? E la società della conoscenza?
Il titolo della terza conferenza organizzata da Novaluna al Binario 7 era questo: "Confini geopolitici della ricerca scientifica". Però, per come si sono svolte le cose l'altra sera, credo opportuno fornire due definizioni autorevoli, quindi sarò più lungo del solito e me ne scuso. L'argomento è tosto, tostissimo.
Cos'è l'economia della conoscenza?
Così la definisce Salvatore Rizzello:
È una branca dell'Economia che si occupa di studiare le caratteristiche della conoscenza e delle informazioni, con particolare attenzione a natura, creazione, diffusione, trasformazione, trasferimento e utilizzo della conoscenza in ogni sua forma.
L'economia della conoscenza evidenzia i legami tra i processi di apprendimento, l'innovazione e la competitività, sempre più basata sulla conoscenza e di conseguenza sulle risorse intangibili, sul know-how e sulle competenze distintive. Alla base della conoscenza vi sono i processi cognitivi e di apprendimento dell'uomo: l'economia è fatta di scelte e le scelte sono il risultato dei processi neurobiologici che avvengono nella mente dell'uomo. Dunque, alla base della teoria economica vi devono essere i "meccanismi che guidano il lavoro della mente umana".
Ma esiste anche la società della conoscenza. Società ed economia non sono sinonimi...
Così la definisce Andrea Cerroni:
Se evitiamo di isolare scienza e società, per poi contrapporle o magari giustapporle appena, possiamo in effetti mettere in luce una doppia costituzione che le lega profondamente. Per un verso, la società (della conoscenza) costituisce la scienza fin nella sua dimensione epistemologica attraverso processi non astrattamente soggettivi o arbitrari e, dunque, scientificamente ricostruibili con uno studio interdisciplinare. Per altro verso, la conoscenza (scientifica) contribuisce alla costituzione della società contemporanea come società democratica basata sulla scienza. Se, dunque, evitiamo l’alternativa secca fra assolutismo e relativismo, la scienza smette di essere un corpo estraneo alla società e la democrazia una forca caudina dello sviluppo scientifico. E la specie sociale oggi in via di formazione risulta essere, anzi, caratterizzata tanto dalla centralità di un nuovo processo economico (produzione di conoscenza a mezzo di conoscenza con surplus di conoscenza), quanto dall’emersione di nuovi bisogni e nuovi diritti in cui ciascun individuo si imbatte mentre cerca di costruirsi un autonomo progetto di sé proprio perché nel suo mondo contano sempre di più le produzioni materiali e immateriali di tutti gli altri (società degli individui). Sviluppo della scienza e sviluppo della democrazia, allora, si mostrano come due facce del processo di civilizzazione. E la comunicazione della scienza non si esaurisce più nei canali della “divulgazione”, ma arriva a comprendere tutti quei processi che mirano a rendere la conoscenza un bene pubblico effettivo. Questa è, insomma, la sfida intellettuale e politica posta dalla complessità contemporanea: l’impossibilità di districare la scienza dalla società e la società dalla scienza.
L'altra sera c'era un po' di preoccupazione sulle presenze che ci sarebbero state: argomento, influenza, coincidenza di data con teatri, concerti, riunioni del PD etc. E invece, grazie in particolare al battage di un architetto di nostra conoscenza, le presenze sono state più che soddisfacenti. Anche l'interesse.
Annalisa Bemporad ha presentato Pietro Greco, direttore del "Master di comunicazione della scienza" presso il SISSA di Trieste e che ha pubblicato nel 2006 presso Bollati Boringhieri un libro titolato "La Città della Scienza". Prima che cominciasse a parlare Greco, ha fatto una introduzione Andrea Cerroni, docente di Sociologia e ricerca sociale all'Università di Milano. I due, Greco e Cerroni, si sono passati spesso la palla durante la serata. Cerroni (laureato in Fisica) è più giovane, Greco (laureato in Chimica) un po' meno giovane. Credo di aver capito che gira l'idea di un Master a Monza (forse presso la Villa Reale!) in cui operino entrambi, ma può essere una mia indebita illazione.
Come siamo messi, noi in Italia? Male, molto male. Sicuramente Berlusconi avrà delle colpe, ma la storia è vecchia assai. C'è stata una gragnuola di venti diagrammi in cui si confrontavano i vari paesi: investimenti annui in ricerca, tipologia di prodotti (alto o basso valore aggiunto), numero dei ricercatori, linee di tendenza negli ultimi anni, retribuzioni dei dipendenti... Il paese con cui si può fare un confronto omogeneo come vastità, popolazione, situazione attuale sapete qual è? La Corea (del Sud, naturalmente) solo che la Corea è in crescita vigorosa e noi stiamo calando. La Corea investe, in percentuale sul PIL, il doppio di quello che investiamo noi.
Solo tre diagrammi avevano dati abbastanza positivi per l'Italia: il numero di pubblicazioni in riviste scientifiche dei nostri ricercatori, le citazioni in altri articoli e il numero dei brevetti. Il che significa che il problema non è la qualità dei singoli, ma il sistema, l'organizzazione, le priorità.
Più in generale, si sta verificando il sorpasso del mondo Transpacifico sul mondo Transatlantico. in Europa? Differenze molto forti. C'è un cuneo di quelli che sono messi bene, che si muovono nella direzione giusta secondo tutti gli indicatori: scende da Svezia e Danimarca, poi Olanda e Germania (non quella orientale), poi ancora Austria... Cecoslovacchia... Ungheria. Inghilterra e Francia non sono nel cuneo, ma hanno dati molto migliori dei nostri, anche se con degli sbalzi, noi siamo fuori, salvo pochissime eccezioni. Ci permettiamo il lusso di essere il paese che pone i maggiori ostacoli all'immigrazione dei cervelli, i paesi appartenenti al cuneo stendono il tappeto rosso, altro che ostacoli.
Tre cose forse preoccupanti, poi chiudo, dirò qualcos'altro nei commenti.
Sembra che il confine fra virtuosi e viziosi passi attraverso un dato: che gli investimenti privati superino quelli pubblici. Qui sotto metto una fotografia a suo modo sconvolgente di Craig Venter, l'uomo chiave del GENOMA, passato dal pubblico al privato: mezzo scienziato mezzo manager.
Quello che sta succedendo non è direttamente proporzionale al tasso di democrazia: le tigri dell'Asia, che stanno crescendo di numero, sono condotte spesso da un autoritarismo efficiente. Serve velocità decisionale.
Infine, non è detto che tutto ciò non provochi nuove esclusioni, ancor più forti delle precedenti. E qui la parola magica è una sola, istruzione. Sembra che Obama sia molto attento al crescere rapido della qualità delle scuole secondarie cinesi e indiane, che stanno lasciando indietro quelle degli Stati Uniti.