L’autore, intervistato da Giulio Mozzi, parla del suo nuovo libro ambientato a Milano, al centro un diario scolastico abbandonato
“Il fatto è che noi giochiamo per pareggiare, e per non perdere, loro, i giovani, giocano sempre, anche incoscientemente, per vincere”.”Noi” sono i cinquantenni e “loro” sono i giovani, e queste sono le parole con cui Raul Montanari ha riassunto lo scontro generazionale al centro di “Strane cose domani”, il volume da lui presentato venerdì 18 giugno alla Festa del Libro di Lissone.
Un uomo trova la smemo di una ragazza, pagine di dolore abbandonate su una panchina di Parco Sempione, sotto la pioggia. “Un modo per liberarsi da momenti di sofferenza” come secondo la proprietaria o, come secondo chi raccoglie l’agenda, “un’esplicita richiesta di aiuto”? E’comunque questo il gesto che segna l’inizio del rapporto tra Federica e Danio, ring che, oltre allo scontro tra le 2 generazioni, ospita anche la sfida di “un uomo contro tutte le donne: un’incomprensione irrisolvibile”, come l’ha definita l’autore stesso.
Ascoltando la presentazione del libro si apprende che il ritrovamento del “diario intimo di una ventenne” è realmente avvenuto, la storia che si sviscera nelle pagine che seguono, invece, è molto più dolorosa e intrisa di sofferenza rispetto a quella realmente scritta sull’agenda trovata al Sempione, come ha confessato l’autore stesso. “Per questa ragione, già in fase di scrittura, ho voluto mettere al corrente Federica della piega che avrebbe preso il romanzo. Ero preoccupato che la potesse trovare troppo tragica e che ciò la potesse turbare – ha raccontato Montanari al pubblico - Mi sono veramente sorpreso quando, con aria serena e stupita, mi ha guardato esclamando ‘sei proprio bravo, sai, potresti fare lo sceneggiatore di Beautiful’. In senso lato, l’ho preso come un complimento”.
Tornando alla storia narrata “E’ una grande responsabilità quella che si prende sulle spalle Danio nel momento in cui allunga la mano per raccogliere il diario – ha continuato l’autore – Così ha scelto di entrare in contatto con quel dolore crudo e grezzo tipico solo dell’adolescenza, periodo in cui si è veramente infelici perché ci si trova a confrontarsi con l’assoluto. Poi, con l’età passa, si può diventare tristi ma resta comunque una sensazione ben lontana dall’interrogarsi sul senso dell’esistenza, cosa che, invece, attanaglia da giovani”.
I personaggi che animano il romanzo, a partire dai due protagonisti, sono volutamente ambigui, non c’é nemico né aiutante, niente re, regine, principesse ed eroi: solo esseri umani, “inviluppo di zone di ombra e di luce” . “La narrativa è un’arte mimetica, e deve rispecchiare la realtà – ha aggiunto l’autore – Non ho potuto quindi non affrontare la resa a cui va incontro il cinquantenne Dacio che si prende una cotta per la giovane studentessa nel fiore dei 20 anni”. Ed è di questa “resa” che narra uno dei brani letti, anzi decantati a piena voce, dall’autore stesso, righe che lasciano intravedere una scrittura limpida e agile come la parlantina di Raul Montanari stesso, padrone del palco diviso con Giulio Mozzi, scrittore e docente di scrittura creativa, relatore di gran parte degli incontri della festa lissonese.