Paolo Roversi presenta il suo nuovo libro, un ecothriller ambientato sul Po, nelle sue pagine rurali trova spazio anche il disastro del Lambro.
“Perché stiamo avvelenando il Po? Alla fine il fiume si vendicherà” E’ la convinzione che Paolo Roversi ha esplicitamente dichiarato presentando il suo “Pescemangiacane” la sera del 17 giugno a Monza, al primo piano della libreria Libri e Libri. In concomitanza con l’apertura serale dei negozi, infatti, si è tenuta un’intima serata letteraria, i lettori presenti, pochi causa pioggia, sono stati subito catturati dall’inusuale genere “eco-thriller” a cui appartiene il libro di Roversi, pubblicato da poco per Edizioni Ambiente, “che ormai da un paio d’anni affida a talentuosi scrittori noir l’incarico di creare appassionanti storie partendo dalla realtà” recita il sito stesso, sfoderando poi, tra gli autori, i celebri nomi di Carlo Lucarelli e Licia Troisi.
“Ho accettato di scrivere a soggetto sulle ecomafie per queste edizioni ad una condizione: volevo parlare del Po, il mio fiume, sono cresciuto sulle sue rive, e, anche se abito da parecchio a Milano, non ho mai smesso di amarlo – ha raccontato l’autore – Per me è stato un maestro di vita: vedere le piene in inverno, ad esempio, è stato altamente formativo perché mi ha insegnato a convivere con un pericolo imminente e la sensazione di poter perdere tutto in un sol colpo per 5 cm d’acqua”
Non ha avuto bisogno di inviti Paolo Roversi per iniziare a raccontare aneddoti “liberamente tratti” dall’infanzia, trascorsa in un paese del mantovano,e dalla vita dei suoi concittadini, ancora oggi là, “sulle rive di un fiume che si trasforma e che lotta contro ladri e mafiosi, affianco a golene diventate ormai discariche, terre di nessuno”.
Nessuna indiscrezione sulla trama che vede un poliziotto “con uno scandalo a luci rosse da coprire” e molti altri personaggi caratteristici, spesso “umanizzati” dalla presenza di cani o animali domestici. “Tutte le persone che si muovono nel libro non sono semplicemente funzionali alla trama noir ma hanno una vita alle spalle che va al di là dei fatti e del loro ruolo nella storia – ha infatti spiegato Roversi – E’ importante che siano persone vive, per rispettare il patto che si ha con il lettore: ormai i giallisti appassionati non si riescono più a fregare, diventa quindi molto importante scrivere una storia che abbia corpo e che coinvolga a livello umano e non solo finalizzata all’enigma investigativo da risolvere”.
“Mentre scrivevo il romanzo poi – ha raccontato l’autore – è successo il famoso e ormai dimenticato incidente del Lambro, a quel punto non potevo fare finta di nulla avendo nelle mani un libro sul Po. Quanta rabbia, però, ho provato scoprendo mano a mano i fatti avvenuti e, soprattutto, osservando con quale rapidità la vicenda sia stata archiviata sparendo dalle cronache e dagli occhi dei cittadini”.
“Pescemangiacane” è una parentesi aperta in mezzo alla serie di avventure di Radeschi, protagonista degli altri romanzi del giovane autore che raccoglie applausi soprattutto all’estero, “Si sono fatti una gran risata oltralpe, leggendo ‘Niente baci alla francese’, dove ho messo in scena un mistero che lega l’ecopass alla morte di un sindaco di Milano, un uomo, per evitare malintesi – ha concluso l’autore – Basta non fare nomi e si può dire tanto attraverso i libri, anche gialli, come i miei. Anzi, ad oggi, siamo molto più liberi dei giornalisti grazie all’etichetta di narratori: basta non mettere nomi, poi chi vuole intendere intenda”.