Al secondo incontro di BRUMA, conversazione con lo scrittore Domenico Starnone sui punti focali del suo lavoro: la riflessione letteraria, la scuola e l'influsso del cinema sulla sua produzione
Una narrazione semplice e onesta di una vita non ordinaria. È quanto ha offerto ieri sera la rassegna letteraria BRUMA nel corso dell'incontro con lo scrittore campano Domenico Starnone, nella biblioteca civica di Brugherio. Un viaggio che è passato per tre diverse stazioni, tutte molto importanti nel delineare la personalità di un sapiente narratore.
Letteratura e menzogna
«Un racconto nasce da un urto fra qualcosa e il nostro bagaglio verbale – ha dichiarato Starnone – ma anche dalla lettura di altri libri, inevitabilmente. Io per esempio – ha aggiunto – quando leggo in un libro un'espressione che mi piace me la segno, con l'intento di riutilizzarla in seguito, magari distorcendola». Non basta però solo questo: «Le esperienze vanno attraversate e trasformate in invenzioni. Una narrazione autobiografica – ha continuato – non è di per sè un romanzo. Un romanzo esiste solo quando la biografia viene manipolata e tradotta in qualcosa che può valere per tutti». La letteratura per Starnone è una menzogna: «Il termine non è negativo, definisce semplicemente ciò che è vero nella nostra mente. Fare letteratura – ha spiegato – significa far accadere qualcosa che non esiste, ma che viene fatto sentire come vero agli altri». E subito precisa: «Chi dice la menzogna, però, deve crederci a sua volta, altrimenti la letteratura non nasce».
Il prof. Starnone: i primi libri
Insegnante per circa trent'anni, Starnone ha iniziato a scrivere proprio sul mondo della scuola. Il suo primo romanzo, infatti, "Ex-Cattedra", nasce dalla rubrica sulla scuola che negli anni Ottanta teneva sul Manifesto. «Per molti anni quel libro ha segnato la mia esistenza di scrittore. Quando un romanzo ha successo – ha detto – te lo porti dietro: c'è una continua richiesta di ampliarlo, di rifarlo. Ma è anche una cosa che fa piacere, indubbiamente». Quanto il lavoro a scuola ha influenzato il suo stile narrativo? «Finché ho continuato a insegnare, di certo un'influenza c'è stata – ha risposto – perché a scuola si sta a contatto con un mondo, e soprattutto un linguaggio in continuo cambiamento. Insegnare per me – ha proseguito – è un'attività creativa, che richiede improvvisazione, come per gli attori. Si è protagonisti di una narrazione, di cui ogni giorno si riprende il filo interrotto il giorno prima.» Per alcuni anni, Starnone è stato professore di mattina e giornalista di pomeriggio: sarebbe ancora possibile oggi? «Temo proprio di no. Io infatti attorno all'inizio degli anni Novanta abbandonai il giornale, perché era troppo faticoso: il lavoro a scuola, le sceneggiature per il cinema... troppo complicato».
Starnone Sceneggiatore: "La scuola" e oltre
Il cinema appunto. Un'avventura nata quasi per caso, e scaturita da un'esperienza di scrittura per il teatro: "Sottobanco", commedia con Angela Finocchiaro e Silvio Orlando, diretta da Daniele Luchetti. Il successo fu tale, che il regista volle trarne un film, "La scuola", aggiungendo elementi tratti anche da altri libri di Starnone. «"La scuola" fu un gran successo – ha detto – ma io ricordo con più affetto "Auguri professore", un film più complesso, forse più interessante del primo. Un altro film a cui sono legato – ha aggiunto – è "Del perduto amore" di Michele Placido, che purtroppo di tutti quelli a cui ho partecipato è forse il meno visto». Il lavoro di sceneggiatore è oggi l'attività principale di Starnone, la cui collaborazione più longeva è con il regista Sergio Rubini, con cui ha scritto quattro film (e il quinto è in gestazione).
Una risposta per Vorrei: satira e ironia
A margine dell'incontro Starnone, che si è a lungo occupato di satira sul Manifesto, ha risposto ad una nostra domanda: c'è ancora posto per la satira e l'ironia nell'Italia di oggi? «Io spero di sì, perché il contrario vorrebbe dire che ci troveremmo già in una dittatura – ha risposto lo scrittore – la democrazia finisce quando sparisce la satira, quando non è più possibile l'esercizio dell'ironia perché altrimenti il potere si arrabbia». Come è la situazione attuale, dal suo punto di vista? «Non buona, per molti motivi. Abbiamo una tendenza a chiudere gli spazi di libertà invece che ampliarli. È una fase di regresso – ha aggiunto – vogliamo chiudere tutti quelli spazi che ci siamo conquistati in un secolo e mezzo di lotta.»