Terzo e ultima serata per Bruma, la rassegna che porta un po’ del festival della letteratura di Mantova alla biblioteca di Bugherio.
La protagonista dell’incontro conclusivo della rassegna voluta da Camilla Corsellini è stata Grazia Verasani, l’autrice famosa per “Quo Vadis, Baby?”, il noir che è stato trasposto sul grande schermo da Gabriele Salvatores e che è diventato anche una serie tv diretta da Guido Chiesa. Proprio il romanzo e la sua protagonista, l’investigatrice Giorgia Cantini, sono stati al centro delle riflessioni dell’autrice bolognese durante la sua conferenza, tra personale e sociale, tra femminilità e politica.
Dopo aver raccontato la sua evoluzione artistica, nel nome della “noia della specializzazione”, con passaggi dal teatro (nel nome di Carmelo Bene) alla musica e poi alla scrittura, Grazia ha analizzato in ogni dettaglio e da ogni punto di vista l’evoluzione di “Quo Vadis, Baby?” e degli altri due romanzi che girano attorno alla figura di Giorgia, a partire dalle 9 differenti stesure e dalla sorpresa per l’interessamento di Salvatores, addirittura prima dell’uscita del libro, fino alle possibili evoluzioni future della trama.
Nelle intenzioni dell’autrice Giorgia rappresenta un’idea di femminilità lontana dai cliché imposti negli ultimi vent’anni dal mondo televisivo e non solo, una donna che ha passato i quarant’anni senza trovare il vero amore o avendo paura di affrontarlo, chiudendosi in se stessa e nell’ironia, con la quale combatte contro il mondo e le difficoltà, come una versione femminile di Philip Marlowe. Una donna che è la somma di tante diverse donne, tutte facce diverse della stessa generazione, quella che ha speso la propria adolescenza tra la fine degli anni ’70 e l’inizio del decennio successivo. E qui Grazia da una parte si lascia andare ai ricordi, riportando alla luce la Bologna del Movimento, quella di Andrea Pazienza, dei concerti di Patti Smith e dei Clash, del teatro sperimentale che ha avuto tanta influenza su di lei, ma anche scavando nel lato oscuro, cioè l’eroina, la droga operaia che ebbe un peso enorme nel distruggere i sogni di libertà di quel periodo, sogni che oggi è impossibile riproporre, sia per un differente disincanto nei confronti del mondo da parte dei giovani, sia per l’opposizione da parte della politica, tutt’altro che propositiva, e del mondo culturale, sempre più lontano da quello reale e da basi meritocratiche.
A ristabilire il rapporto con il reale può essere proprio il noir, che in questi anni è stato capace di trovarsi un pubblico trans-generazionale e voglioso di vedere rappresentata la realtà e le sue brutture in modo realistico, senza l’eccessivo intimismo di molti romanzieri. Per Grazia il rapporto con la realtà è infatti qualcosa che deve sempre essere presente in un grande romanzo ed infatti i suoi autori preferiti sono quelli che sono stati capaci di mediare tra la necessità di esprimere il proprio io e quella di descrivere il mondo intorno a loro, da Ellroy a Carlotto a Celine, per citare nomi legati e non al giallo.
La chiusura è con qualche consiglio per i giovani: il legame con la realtà non va mai perso, né quando si scrive, né quando si cerca di veder realizzare il proprio sogno di diventare scrittori. Gavetta dunque, e speranza in quella meritocrazia che pare latitare.