Con la nuova finanziaria il Governo taglia dell'80% le spese per le mostre d'arte. "Porte chiuse, luci accese sulla cultura" Una giornata di mobilitazione indetta da Federculture, Anci e Fai
La prossima Legge finanziaria taglia dell'80% le spese di rappresentanza, all'interno delle quali sono comprese le MOSTRE D'ARTE. Accettiamo la sfida, splendida, lanciata da Exibart.com
Proprio così, non vi sono errori ne cattive interpretazioni. Questa è la sintesi della Finanziaria appena varata: "Nessun ente locale nel 2011 potrà investire per spese di rappresentanza più del 20% di quanto impiegato nel 2009". Numeri alla mano, si tratta di un taglio dell'80%. Dando un'occhiata alle norme che descrivono quali sono le spese di rappresentanza, scopriamo che sono inserite le mostre d'arte. Certo, pare assurdo considerare "spese di rappresentanza" le esposizioni, è come svilire la cultura, paragonarla, che so, a una festa in onore del rinnovato gonfalone del Comune, oppure una sagra paesana o un mercatino domenicale.
Senza nulla togliere alle manifestazioni popolari che hanno sempre il grande merito di aggregare tanta gente e muovere l'indotto economico dei negozianti, stona parecchio assistere a un nuovo taglio netto sulla cultura. Attenzione però al paradosso: le mostre non si potranno allestire nemmeno se dovesse intervenire uno sponsor privato. Insomma: mostre proprio non se ne potranno organizzare, neppure a costo zero per l'amministrazione: perché non potrà essere speso per loro che il 20% di quanto speso lo scorso anno.
Come possiamo reagire a tale provvedimento, che significa la fine di decine di musei, la morte del turismo culturale, la rovina di interi indotti che puntano alla cultura "vera", di sistemi urbani che su quell’indotto hanno costruito la propria realtà e ci vivono, come Brescia e Treviso?
Come consiglia anche Exibart.com, l'autorevole portale di mostre, si può reagire in tre modi.
Primo: non limitarsi a pensare: "Non è possibile, non lo potranno fare, sarà anticostituzionale, sarà impugnabile e poi il taglio è talmente inaudito che è stato fatto apposta per essere eliminato prima della fine dell’anno”. Forse, ma personalità di spicco del mondo della cultura lo dicono dall’estate scorsa e ora che la fine dell’anno (e l’approvazione della Finanziaria) si avvicina, qualche dubbio bello grosso resta.
Secondo: buttarla in politica, facile facile. Il governo è presieduto da una persona che possiede molte tv e preferisce che la gente non abbia troppe distrazioni culturali e se ne stia buona a guardare la pubblicità dei suoi inserzionisti. Plausibile, no?
Terza reazione possibile, la sfida meravigliosa lanciata da Exibart.com. Eccola: tagliate i fondi? Bene. Fate pure, per carità, tagliateceli anche tutti, come in America, però, poi, proprio come in America, ci costruite delle autostrade burocratiche a prova d’ingorgo che ci consentano di incamerare sponsorizzazioni senza lungaggini, che permettano ai privati che ci offrono il loro aiuto di effettuare detrazioni vantaggiosissime, che ci permettano di fare servizi aggiuntivi che davvero rendano profittevoli tutti i nostri musei, che ci consentano di stare sul mercato delle opere (non per venderle, ma per prestarle in libertà, per esempio), che ci consentano di licenziare e assumere a nostro piacimento, non a piacimento della politica, per poter raggiungere la massima efficienza. E così via per mille altri punti.
Come scrive oggi il giornalista Massimiliano Tonelli: "(...) con un sistema efficiente, ma efficiente davvero, si potrebbe sul serio fare a meno anche dell’80% dei finanziamenti pubblici, "americanizzando” tutto quello che di cultura si fa in Italia. Forse, rispetto al tema dei tagli, una strada alternativa al "no” e al "è colpa di Berlusconi”, transita per un "ok, però...”.
Perché tra le aziende (e i ricchi privati) del Paese c’è un potenziale inespresso di potenziali denari che, in confronto, lo zerovirgola del Pil che lo Stato mette sulla cultura potrebbe essere trascurabilissimo".