Il laboratorio teatrale di Antonello Cassinotti per delle Ali teatro di Vimercate, visto dall'interno.
Siamo in sette: tre persone già avvezze al gioco del teatro, un’educatrice, una danzatrice, una collega di Lello ed io. Abbiamo deciso di frequentare questo workshop intensivo chi per arricchire la propria attitudine teatrale, chi per curiosità, chi per dedicarsi del tempo di qualità.
Tutto inizia con un respiro: nessuno ci deve insegnare come si fa; se siamo vivi, va da sé.
Tutto inizia con un respiro: nessuno ci deve insegnare come si fa; se siamo vivi, va da sé. Dunque chiunque respiri può frequentare il laboratorio Ecce Voce, soprattutto se vuole soddisfare una certa curiosità infantile verso il suono. La nostra voce è corpo astratto, è il suono del nostro corpo, strumento che la produce e la modifica.
Il laboratorio di Lello Cassinotti è una preziosa occasione per scoprire le potenzialità della propria vocalità. La prima condizione per intraprendere questo allenamento intensivo è predisporsi all’ascolto; poi alla ricerca di qualcosa di sé, da ritrovare, accogliere, valorizzare. Siamo in teatro e un buono spunto arriva proprio dalla creazione vocale di alcuni personaggi, vicini al nostro immaginario dai tempi dell’infanzia. Per esempio, si possono esplorare queste 3 vocalità: la strega arcigna, la principessa ariosa, l’ orco cavernicolo. Ognuna di esse elegge una precisa parte del corpo come risuonatore: rispettivamente il naso, la parte alta del torace, la pancia e la schiena. Può sembrare semplice, ma il lavoro sul suono parte sempre dal corpo, ed è necessaria una certa disponibilità ad accoglierlo, ascoltarlo, attivarlo. La cosa più difficile è abbandonare timidezza e giudizio: qui non si tratta di dimostrare di avere una ‘bella voce’, ma di partire per una esplorazione che attraversa spesso i territori dell’informe. È divertente scoprire e mostrare il proprio lato infantile, improvvisarsi streghe che preparano orride pozioni e annusare odori che non esistono, mentre si cerca la propria vocalità nasale, per esempio. Può risultare per alcuni imbarazzante far ascoltare la propria voce, oppure muoversi seguendo strane istruzioni, ma fa parte del gioco e come i bambini, siamo chiamati ad esplorare questo mondo vocale giocando e divertendoci.
Durante il laboratorio si dedica molto tempo ad un riscaldamento meticoloso che ogni partecipante si può godere come una coccola per introdursi in una dimensione terrena, completamente concentrata sulla propria fisicità. La condizione emotiva e psicologica che ne deriva è tutta a vantaggio della forma che decideremo di assumere, ed è facile che modificando la postura, si modifichino anche le emozioni. Ed è stato così anche per il mio gruppo: dedicando il sabato mattina al riscaldamento, ci siamo distesi, rilassati, ci siamo dedicati del tempo indagando le possibilità delle nostre articolazioni, dei nostri muscoli, dell’equilibrio. I risultati positivi si sentono e si avvertono anche nell’atmosfera della sala: finalmente si ride!
Ho raccolto alcune registrazioni che possono dare un’idea del percorso evolutivo dei vari esercizi e delle scoperte che si possono fare.
I miei compagni ed io abbiamo iniziato timidamente col suono gutturale, che spesso accompagna il risveglio mattutino, si ottiene togliendo energia all’emissione di un suono orale normale:
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Poi siamo stati condotti all’esplorazione dei risuonatori di cui prima, prestando particolare attenzione al passaggio dell’aria tra la cavità orale e il naso: per esempio, si inspira il più a lungo possibile e poi si emette con decisione la parola “lang”, di seguito “long” e così via osservando ed ascoltando il movimento della propria laringe che direziona il suono delle corde vocali – queste sconosciute – dalla gola al naso e viceversa. I suoni che emettiamo sono composti da diverse onde, di cui una, la fondamentale, si ode maggiormente rispetto alle altre. Un esercizio ci ha aiutato a evidenziare alcuni di questi spettri: si inspira a fondo e si emette con decisione un suono, per esempio “i”, quindi si continua a pronunciare questa vocale ma cercando di portare la laringe nella posizione utile per pronunciare la “u”. Il risultato sarà un suono misto tra i due e di cui si potranno udire le varie onde che lo compongono, cioè un suono armonico.
Con questi ed altri esercizi, dal lamento informe si può ottenere un canto armonico come questo:
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Il Kargiraa, di cui un breve saggio di Lello è qui proposto, è un canto armonico tipico dei popoli dell’Asia. Coloro che lo praticano eseguono un mantra, meditano e avvolgono gli astanti in un’atmosfera di molteplici vibrazioni.
La fase più creativa, che arriva quando si ha sperimentato un vasto vocabolario di suoni, è quella in cui giocando col ritmo, con le note, con l’ascolto reciproco si può costruire una performance corale come questa:
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Si canta! E cantando si dà sfogo alle emozioni, alla fatica di aver provato, all’imbarazzo – se ne è rimasto – e alla soddisfazione per aver provato a sperimentare qualcosa di insolito.
Molto ha da insegnare chi conduce questo laboratorio e molte le occasioni di stupirsi e imparare per chi decide di frequentarlo.
Per info e date su Ecce Voce e altri laboratori, visita il sito www.delleali.it