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Diario del viaggio in Brianza (agosto 1818). Appunti e sensazioni riportati da uno dei più celebri scrittori francesi del XIX secolo in viaggio in una Brianza oggi irriconoscibile.

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tendhal (pseudonimo di Henri-Marie Beyle, Grenoble 1783 – Parigi 1842) trascorse in Italia diciassette anni, quasi un terzo della sua vita. L’autore francese ebbe sempre un forte senso di appartenenza al Bel Paese, basti pensare che sulla tomba del cimitero di Montmartre l’epigrafe scritta da lui stesso recita: “Arrigo Beyle – milanese – scrisse, amò, visse.”

Sperava di vivere e invecchiare in Italia ma la morte lo colse di sorpresa a Parigi il 22 marzo 1842.

In Italia giunge ad appena diciassette anni con l’esercito di riserva di Napoleone Bonaparte e la penisola, allora scossa da lotte patriottiche e liberali e dai moti carbonari, dovette apparirgli il luogo mitico dei poemi cavallereschi con i quali era cresciuto: Cervantes, Ariosto, Tasso.

Roma, Napoli e Firenze, diario del suo tour in Italia nel 1816, è, come scrive Sara Pozzi nel suo saggio “Arrigo Beyle – milanese – scrisse, amò, visse”, una dichiarazione d’amore per il nostro paese: Stendhal fissa sulla pagina emozioni, sensazioni, in uno stile volutamente frammentario ed evocativo, lo stesso stile col quale scriverà Diario del viaggio in Brianza: “con i tempi che corrono la brevità è il solo segno di rispetto apprezzato dal pubblico. Non pretendo di dire le cose come sono, racconto le sensazioni che mi hanno dato.”

Je hais Grenoble, je suis arrivé à Milan en 1800, j’aime cette ville. Là j’ai trouvé les plus grands plaisirs et le plus grandes peines; là surtout ce qui fait la patrie; j’ai trouvé les premiers plaisirs. Là je désire passer ma vieillesse et mourir.

Stendhal, Souvenirs d’égotsime

“Io odio Grenoble” è una frase che Stendhal avrebbe inserito fra i suoi ricordi dopo aver lasciato l’Italia e soprattutto Milano. L’autore, come scrive Valentina Marchesi nella prefazione al Diario del viaggio in Brianza, Bellavite editore, amò tutto di Milano: i costumi, la società, l’arte, la musica, il Teatro della Scala diventa il luogo delle sue passioni, arriva a conoscere tutto sulla musica italiana e il melodramma. Nella città trova ispirazione per creare il suo stile di vita e per alimentare la sua letteratura, l’Italia e in particolare Milano e dintorni lo riempiono d’ispirazione per i suoi romanzi più celebri.

Conosce gli esponenti del movimento romantico e s’incendia di passione per le loro discussioni. Diventa amico di Silvio Pellico, di Ermes Visconti di Ludovico di Breme e del circolo letterario che guida Il Conciliatore, la rivista che metteva in comunicazione in quegli anni Milano col resto d’Europa, soppresso il 17 ottobre 1819 dalla censura austriaca.

Stendhal, prosegue la Marchesi, ama Milano e decide di esplorare i suoi dintorni in un breve viaggio dal 25 al 29 agosto 1818 nei paesi e paesaggi della Brianza: Giussano, Canzo, Inverigo, Asso, Pusiano, Oggiono, tappe fugaci in cui avviene l’incontro con l’umanità del luogo, in cui si avvicina alla natura e contempla paesaggi vergini e incontaminati che gli sembrano incarnare l’ideale artistico delle terre della Lombardia.

La Brianza rivela a Stendhal panorami autentici, gli fa conoscere un mondo completamente diverso dalla città di Milano con i suoi circoli intellettuali, forse per questo il Diario è ricco di scene strappate al ritmo quotidiano di quei luoghi, Stendhal cattura fisionomie umane semplici e sincere, donne dotate “di una bellezza che non ha niente di greco, perciò tanto più ammirevole e originale.”

Proprio in Brianza impara a conoscere meglio quella Lombardia che aveva eletto come propria patria ideale, dove desiderava passare la propria vecchiaia e morire.

Leggendo il Diario del viaggio in Brianza (agosto 1818) si ha una strana sensazione di conosciuto, di qualcosa di già noto. Eppure sono luoghi a tal punto ameni e puri che non hanno nulla a che fare con la Brianza della speculazione edilizia dei giorni nostri. Laghi, torrenti, magnifiche ville, colline, tutto è per il lettore che abita la Brianza strettamente familiare ma allo stesso tempo celato, si legge questo testo con la sensazione si profanare una tomba, di scoprire i segreti di un fantasma risorto.

La scrittura stessa dell’autore ci confonde, Stendhal ha la capacità di annotare tutto e niente, di dare importanza a un dettaglio insignificante ma di non descrivere nulla di veramente riconoscibile, tutto è interessante ma nessuna informazione è degna di nota, è la Lombardia del quotidiano.

Stendhal intraprende il viaggio con il suo amico Vismara, (intellettuale impegnato nei moti carbonari), scrive regolarmente nel suo diario e racconta del viaggio col vetturino che elenca loro i delitti locali, delle scalate sui campanili delle chiese di campagna e del panorama che si gode da lassù, della visita alle ville e dei percorsi a piedi nei tratti di bosco attorno ai laghi. Il Diario è molto chiaro anche per quanto riguarda le attività notturne dei due amici nei bordelli.

Quello che Stendhal racconta di questo breve viaggio è assolutamente personale, sono appunti veloci e spesso illeggibili che l’autore non avrebbe mai immaginato pubblicati; è evidente che Stendhal scrive quindi per se stesso, e lo dichiara il primo giorno, 25 agosto 1818:

Rileggendo nel 1818 il diario del viaggio a Le Havre nel 1811, i piccoli dettagli annotati mi riportano alla mente e rendono presenti tutte le sensazioni di allora. Un diario simile è fatto soltanto per chi lo scrive.

Proprio da questo diario cogliamo quindi delle sensazioni imprecise, è come osservare da molto lontano un quadro impressionista, piccole pennellate che creano un’unica figura: è come se a una prima lettura non ci rendessimo conto di dove il diario sia ambientato e cosa stia cercando di comunicarci, a una seconda lettura vediamo più precisamente luoghi e personaggi nonostante la scrittura molto frammentata, a una terza lettura riconosciamo i luoghi descritti, li abbiamo visti dal finestrino del treno se cerchiamo di dimenticare tutte le brutture che in questi duecento anni sono state costruite, abbiamo scorto quelle colline così tante volte che ci siamo un po’ dimenticati della loro esistenza, abbiamo girato attorno al lago del Segrino o siamo stati a prendere il gelato sul lago di Alserio o siamo stati in gita domenicale sulle rive del lago di Pusiano.

Forse l’unico modo per capire davvero è riportare alcuni scorci di questa scrittura così poco descrittiva, così attenta ai minimi dettagli e così distratta allo stesso tempo, una scrittura da appunti. Ecco due estratti dal 25 agosto 1818:

Davanti a noi il castello del marchese Cagnola, a mezzogiorno, il duomo di Milano chiaramente visibile disegnato in grigio: a destra la chiesa di Rho che fora quasi l’orizzonte; più a destra, il campanile di San Gaudenzio a Novara.

Bella semplicità dalla sommità della Rotonda, contrasto lampante fra questo edificio e il barocco della casa Crivelli. Veduta del paese, e, all’orizzonte, della pianura lombarda, che assomiglia al mare. Si vede Monticello al di là della pianura bagnata dal Lambro. Questa piana, coperta di piccole querce piramidali, offre un aspetto monotono.

Ecco un secondo estratto dal 28 agosto 1818:

Alle nove andiamo sulla passeggiata sopra la chiesa. Non ricordo di aver mai visto stelle così brillanti, è curioso che gli italiani, che sanno collocare così bene le loro chiese, non abbiano messo quella di Oggiono duecento passi più in alto; avrebbe fatto da punto di riferimento per tutto il lago. Non si distingue che il campanile, senza chiesa né case. Incantevole discesa in mezzo ai castagni da Oggiono al lago.

Sono luoghi tremendamente familiari ed è lusinghiero sapere che un celebre scrittore francese sia passato qui e li abbia amati, cha abbia scelto l’Italia come sua patria d’elezione e in particolare Milano e dintorni.

Non è solo dalle pagine confuse del Diario che cogliamo il suo amore per questi luoghi, lo scopriamo lentamente leggendo i suoi romanzi, dove rielabora gli appunti e ricrea lo spazio dei suoi numerosi viaggi: l’ultimo romanzo, La Certosa di Parma (scritto di getto in soli 52 giorni, nel 1839) è ancora un omaggio all’Italia e, soprattutto, al paesaggio dolcemente malinconico del Lario, piccolo mondo di bellezza e armonia, lontano dal frastuono volgare della città. Lago e montagna si fondono nella notte che attarda la fuga di Fabrizio (protagonista della Certosa):

Non avevo ancora percorso una lega, quando le cime del Resegone di Lecco, celebre montagna del luogo, si profilarono a oriente in una striscia bianca, abbagliante. La strada si stava animando di contadini. Ma anziché ragionar da soldato, Fabrizio si lasciava commuovere dalla bellezza dei boschi attorno al lago di Como: “Sono forse i più belli del mondo…quelli che più parlano dell’anima.”

Diario del viaggio in Brianza (agosto 1818) mi ha fatto riflettere su questa piccola porzione di Umbria della Lombardia, di questa verginità quasi selvaggia di luoghi che non ho mai guardato con gli occhi di un ipotetico turista. Duecento anni fa queste terre sono state descritte da uno dei più grandi autori del realismo francese come “tra i luoghi più belli del mondo”, oggi non posso nemmeno immaginare come fossero quelle colline non deturpate da continue costruzioni di case, cantieri aperti, progetti di centri commerciali, strade in ristrutturazione.

Eppure ci sono ancora gli stessi paesaggi che Stendhal ha amato, gli stessi territori, i laghi, i boschi, sono ancora lì per essere scoperti: bisogna saperli cercare.

 

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Il Diario è stato pubblicato nel 2009 a cura della rivista Brianze per l'editore Bellavite.

DIARIO DEL VIAGGIO IN BRIANZA
di Stendhal
Sulla tomba del cimitero di Montmartre, dove Stendhal riposa dal 1842, l’epigrafe da lui stesso predisposta, recita “Arrigo Beyle – milanese – scrisse, amò, visse”.
A distanza di oltre centonovant’anni dal suo memorabile Voyage dans la Brianza (agosto 1818), un volume che ricorda lo scrittore “milanese”, corredato da una sua operetta sconosciuta ai più: Il forestiere d’Italia, ambientata a Desio.
Il Diario contiene una serie di schizzi, accennati con mano rapida e veloce, con uno spirito a metà tra il turista e un vedutista alle prime armi.
Si racconta il viaggio, all’uscita da Milano, e la sosta nei diversi paesi: Giussano, Canzo, Inverigo, Asso, Pusiano, Oggiono. Tappe fugaci, in cui avviene l’incontro con l’umanità del luogo: uomini e donne ritratti con pochi tratti indelebili.

ISBN: 978-88-7511-120-5
Pagine: 80     Formato: 125x195 mm

 

In apertura un ritratto di Stendhal, opera di Johan Sodermark, 1840