Ultimo incontro per il ciclo di conferenze su "La città rappresentata" raccontato da Massimo Vanzi, Annalisa Bemporad e Alberto Colombo

C

os'è la fotografia di un paesaggio, urbano o non? Semplice istantanea della realtà oppure artefatto estetico? L'arte va di pari passo con la tecnica?

Queste domande teoretiche hanno già trovato le loro risposte e non si può avere più alcun dubbio sul fatto che la fotografia sia una forma di arte. Eppure, solo nel 1959 si inaugurò la prima mostra fotografica in un museo (al Moma di New York).

Per Novaluna è questa forse la prima volta che si apre a eventi più squisitamente artistici e la prima in assoluto che dedica una serata alla fotografia. Difatti, Novaluna vede il fulcro dei suoi interessi nelle attività di carattere locale e dedicando maggiore attenzione a temi della vita cittadina. Esempio di quest'attenzione è il libro "Cortili & Giardini", che raccoglie scatti dall'alto di giardini privati e non, nascosti e meno, famosi o poco conosciuti della città di Monza; così come la raccolta di racconti di Primo Casalini pubblicata a marzo 2011, che raccoglie La grande bua e le Novellette degli odori, dello scomparso socio dell'associazione, appassionato blogger di cinema e non solo, con un notevole numero di fans al seguito. Senza contare poi l'impegno e il senso civico che i suoi fondatori sentono verso la città, come testimonia la data di nascita dell'associazione ("era il 1994, l'anno della discesa, e noi sentivamo il dovere di fare qualcosa", dice Alberto Colombo) nonché la presenza di Annalisa Bemporad, ex assessore alla Cultura della città di Monza, al suo interno.

L'amore per la fotografia, sostenuto soprattutto dal socio e fotografo per diletto Massimo Vanzi, discepolo della rinomata scuola Forma di Milano, è stato il primo movente a chiamare Francesco Zanot, noto critico di fotografia, per illustrare nell'incontro "Fotografia come mappa" il ruolo della fotografia come documento sociale. Poi c'è la volontà di continuare e approfondire un filo tematico proprio della rassegna sulla città rappresentata, partito con Cristina Muccioli, che nel suo excursus storico sule mappe, stampe e litografie, aveva già evidenziato come quando uno strumento interviene a favore dell'arte, la stessa venga vista di cattivo occhio e in qualche modo sminuita dagli stessi artisti e dai critici.

 

alt

 

Quando nacque la fotografia, fu per il naturale progresso che la tecnica aveva ormai raggiunto dopo il dagherrotipo. Allo stesso tempo, si è capito presto che fotografare la realtà, selezionarla e incorniciarla con lo sguardo dell'obiettivo fotografico non è un operazione completamente neutrale. Tra le voci di chi non vedeva nulla di artistico nello scattare una fotografia - tra cui anche quella di un cieco Baudelaire - e quelle di chi intuì le potenzialità estetiche della macchina, la fotografia ha proseguito il suo percorso, evolvendosi e differenziandosi, grazie a geni come Weegee, Alfred Stieglitz e Alfed Eisenstadt. A quanto dicono i nostri interlocutori, e la vividezza delle loro parole ne è testimone, Zanot ha la parlantina sciolta e lo spirito contagioso quando parla di fotografia, ed è riuscito nel corso della serata a stimolare l'interesse degli ascoltatori, provocando numerose domande e andando anche oltre gli orari previsti. Le diapositive delle fotografie dei maestri fotografi indicati da Zanot sono ora disponibili sul sito di Novaluna.

Fondamentale e molto affascinante è la differenza tra chi fotografa secondo la famosa teoria di Cartier-Bresson del "momento decisivo" e chi invece lo fa con il banco ottico. Cartier-Bresson era il teorico del momento perfetto, una sorta di carpe diem fotografico, per cui il fotografo deve essere pronto a scattare, cogliendo il momento giusto ed ineguagliabile per luce e soggetto. A questa teoria si contrappone quella del "momento anticipato", come lo stesso Zanot l'ha per primo battezzata, di cui fotografi come Joel Meyerowitz e Robert Misrach sono perfetti esecutori. Il "momento anticipato" è quello che definisce le fotografie scattate con il banco ottico, che premia la qualità tecnica dell'immagine, che si può realizzare soprattutto su paesaggi e cose immobili piuttosto che nel riprendere scene di vita o azioni umane, dato che è una fotografia "perfetta", preparata anzitempo in ogni dettaglio. Altra via è la fotografia urbana, che ha per soggetto le strade, le case, i quartieri: ci sono fotografi che hanno dedicato il loro lavoro a riprendere il cambiamento di una città, come Berenice Abbott, che ha fotografto per il progetto Changing New York il rimpiazzo progressivo di vecchi palazzi ed edifici con grattacieli e immobili moderni a Manhattan. La fotografia urbana non sarebbe però mai nata senza Eugène Atget, maestro della Abbott e considerato uno dei più grandi fotografi del '900, che cominciò a scattare fotografie della città di Parigi e a rivenderle ad architetti e pittori, che le utilizzavano come base propedeutica per i loro lavori. Quando la Biblioteca nazionale di Francia decise di acquistare l'intera collezione di Atget, poiché essa rappresentava una testimonianza visiva della città in un quel momento storico. Splendida dimostrazione di come fotografia, arte, documento storico-sociale e mappa della città possano coincidere in un'unica opera. E se non è arte questa...

Oggi il mondo della fotografia è inflazionato (ed anche bistrattato, a mio parere) dall'arrivo massiccio sul mercato delle macchine fotografiche compatte e digitali, senza contare il dilagare di cellulari con fotocamera inclusa, che vanno a braccetto con tutti i programmi, sempre più easy e spesso anche gratuiti, con i quali è possibile modificare le proprie immagini ottenendo risultati non disprezzabili. I dati ci dicono che la macchina fotografica più usata al mondo è lo smartphone e il soggetto più immortalato sono "sè stessi" e i propri amici.

Anche i fotoreporter vivono momenti difficili: da ormai qualche tempo le prime immagini di guerre, rivoluzioni o capovolgimenti mondiali – da ultimo, la morte di Gheddafi – sono quelle scattate con cellulari o altri mezzi di fortuna da chi sta vivendo la notizia, soppiantando di fatto il ruolo di reporter e giornalisti professionisti.

Ma questo è solo un lato della medaglia e riprende il solito discorso sulla tecnologia, internet e il citizen journalism. Se Massimo Vanzi ironicamente dice "La fotografia è morta", Cristina Muccioli dichiara come ormai non ci sia più nulla che venga dichiarato come "nuovo" nel mondo artistico, e lo stesso Emilio Isgrò si permette di dire che "L'arte non serve a niente", possiamo stare tranquilli sul futuro della fotografia e dell'arte in generale, e aggiungere a questa sequela di morti e inutilità un woodyalleniano "e io non mi sento troppo bene".

alt

Francesco Zanot è critico e curatore di mostre fotografiche, direttore presso Forma del master in Photography e Virtual Design, nonché responsabile delle attività didattiche. Milanese, nato nel 1979, ha all'attivo tre libri di critica fotografica e si è occupato soprattutto di fotografia americana. Di fianco la copertina del suo libro su Joel Meyerowitz e Robert Misrach "Il momento anticipato".

 

Gli autori di Vorrei
Azzurra Scattarella
Azzurra Scattarella