Il musicista si racconta a Vorrei in occasione del suo concerto all’Arci Tambourine di sabato 3 marzo 2012
Foto di apertura di Elisa Caldana
A
bbiamo intervistato John De Leo: un artista sempre impegnato nella costante ricerca di sperimentazione musicale. Non solo il solista dal 2005 ed ex cantante dei Quintorigo.
Sabato sera all’Arci Tambourine di Seregno regalerà infatti ai suoi fan un’esibizione che promette di essere, come sempre ma non per questo già vista, a metà strada tra l’improvvisazione e la mescolanza di generi. È cominciata proprio così la nostra chiacchierata.
Vago svanendo esce nel 2008 e da subito appare come un lavoro premiato e apprezzato da molti ed è proprio ciò che proporrai al pubblico brianzolo sabato sera. I tuoi spettacoli sono sempre caratterizzati da una buona dose di improvvisazione e dalla mescolanza di folk, jazz, rock e molto altro ancora. Cosa distingue, se c’è, quest’ultimo album da quelli precedenti?
Certamente sono sempre alla ricerca di nuove soluzioni, i miei fan si aspettano da me novità che sono contento di proporre perché non mi piace presentare il già noto, il già sentito. La commistione dei generi è comunque ciò che più contraddistingue questo album.
Proprio in questi giorni sto però lavorando a nuove registrazioni che prevedono un accento ancora più marcato sul folk.
Foto di Federico Giammusso
Nel 2001 con i Quintorigo a Sanremo avevate presentato il pezzo Bentivoglio Angelina, da molti considerato un capolavoro di suggestioni e citazioni musicali ma, come spesso accade, non assai compreso dal pubblico di massa. Cosa ne pensi a distanza di tempo? Ti senti, come ti definiscono molti tuoi fan, “troppo avanti” per il grande pubblico?
Alcune dinamiche in realtà non sono cambiate, io comunque cerco sempre di portare avanti ciò che mi piace. Secondo me anche l’espressione ricerca musicale, che pure io uso, significa poco: può rimandare a tutto e a niente.
Ci tengo a precisare però che sono defilato ma non per scelta. Nonostante le apparenze (per esempio nel mio ultimo album mi dedico anche al versante classico) ritengo anzi, di fare musica per certi versi anche molto popolare che non ha l’intenzione di chiudersi su se stessa. Ma, se per avere più notorietà o più risonanza devo adeguarmi alle tendenze che vanno per la maggiore, preferisco di gran lunga restare defilato.
In effetti, sorge spontanea una domanda che ha anche carattere di attualità, vista l’improvvisa e dai più compianta scomparsa di Lucio Dalla. Non molto tempo fa proprio lui aveva dichiarato senza dispiacere di “non aver mai vinto nulla di ufficiale”, ti senti anche tu sul versante di quegli artisti un po’ incompresi?
Più che essere incompreso, io scontento tutti! Proprio in questi giorni sto registrando un pezzo che dura 10 minuti. Nulla di radiofonico quindi…
C’è un tuo pezzo intitolato Canzo che deriva da una composizione (Il concetto di Thelone) alla cui stesura ha collaborato anche Alessandro Bergonzoni. Ti senti un artista che lavora e sperimenta di più sulle parole o sulla musica? Oppure consideri le due cose come imprescindibili?
Senza dubbio la musica è qualcosa su cui mi diverto particolarmente, mi piace inserire sonorità nuove e strumenti inusuali per la musica leggera. Ma i due aspetti per me vanno di pari passo, anche le parole sono per me importanti spazi di ricerca. Proprio il pezzo Canzo, tra l’altro, si pone molte domande sull’argomento ed esemplifica questo quesito, non a caso rivela tutta l’importanza del suono intrinseco delle parole.
L’album sembra tutto caratterizzato da una costante ricerca sull’uomo (a partire dagli emarginati di Freak ship, al rapporto col destino di Vago svanendo, che dà il titolo all’album, al fanciullo di Bambino marrone), da una certa vitalità e da vari omaggi alla tua terra d’origine, la Romagna. C’è qualcuno tra questi elementi a cui tieni maggiormente?
Queste caratteristiche sono sicuramente identificative di Vago svanendo in generale, insieme ad una pluralità di linguaggi che derivano dall’idea di folklore, a cui dedico largo spazio. In particolare penso ci sia un tipo particolare di vitalità. Nell’album si alternano infatti momenti di disperazione a momenti di forte dinamismo ed energia. Per questo mi piace dire che tutto è permeato da una vitalità che definirei sofferta.
Non resta che godersi lo spettacolo!