Elena Parasiliti, una donna a capo di Terre di Mezzo, rivista e laboratorio di idee impegnato sul fronte sociale e ambientale.
L'intervista di Vorrei dopo l'ennesimo successo del festival "Fa la cosa giusta!


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erre, lo street magazine che dirigi, si focalizza spesso su temi che riguardano Milano. Questa è una scelta dovuta al fatto che in questa città si sperimentano più attività nel campo del sociale o alla vicinanza geografica della rivista?
Nel 1994 la rivista è nata qui a Milano e quindi abbiamo cominciato a parlare della città che avevamo vicino. Questo dipende anche dal modo in cui noi intendiamo fare giornalismo, ossia raccontare storie, incontrare persone, scrivere e parlare di ciò che vedi, e questo lo puoi fare sicuramente a partire da quello che hai intorno a te, da ciò che hai "sotto casa". Per questo, sì, la rivista è un po' milanocentrica... È anche vero che qui ci sono sperimentazioni, iniziative che altrove non vi sono o che partono da qui; basti pensare ai tantissimi G.A.S. (gruppo d'acquisto solidale) per esempio, che qua si sono sviluppati tantissimo... L'una e l'altra direi.

Una domanda doverosa allora, visto il milanocentrismo: a Milano il vento è davvero cambiato?
Dire che Milano è cambiata completamente, come dato di fatto oggettivo, non è vero, ma non è neanche possibile in un arco di tempo così breve. La nostra amministrazione ha a che fare con problemi e situazioni che sicuramente hanno bisogno di più tempo per cambiare e realizzarsi. Ad esempio, abbiamo segnalato sul numero di aprile che la situazione dei campi rom a Milano e dei relativi sgomberi è rimasta pressoché identica anche con Pisapia, si è passati da una media di nove sgomberi a due in un mese... ma questo dipende secondo me più da un'idea di politica nei confronti di questo problema, che deve ancora cambiare e maturare. D'altro canto, con questa nuova giunta, c'è un atteggiamento  di dialogo, di confronto, di ascolto, molto forte; una volontà di ascoltare che è già un punto di partenza importante e diverso rispetto a prima. Anche con i ragazzi di Macao c'è stata subito una disponibilità del sindaco, assolutamente non obbligatoria, a parlare, a trovare alternative. Direi piuttosto che in quest'anno hanno messo delle buone basi per far cambiare il vento.

Noi di Vorrei ci occupiamo invece specialmente della provincia di Monza e Brianza. Come valuti il mondo delle associazioni che operano nel sociale di quella provincia, se le conosci o hai avuto modo di osservarle"?
Sì, le conosco e devo dire che è uno di quei distretti che io reputo tra i più virtuosi nel campo del sociale e dell'ecosostenibilità: ci sono tantissimi Gas, molto attivi, e anche tante associazioni che si occupano di biologico e che si stanno muovendo in direzioni positive. C'è la Cascina a Burattana, in zona Vimercate, che è un esempio di come si sia pensato non solo a ristrutturare un posto che produceva benessere ma anche a ricostruire il relativo contesto di scambi, relazioni che intorno alla cascina si creano; a come reintesserle e accrescerle per scopi produttivi, conoscinitivi, al di là dell'interesse economico per uno sviluppo culturale, del recupero di tradizioni e abitudini di un luogo.

Spessissimo si incontrano per strada ragazzi di colore che vendono libri sui loro paesi natii. Che rapporti avete con loro?
Noi abbiamo una rete di venditori, perlopiù senegalesi e anche qualche rumeno, che effettivamente svolgono il loro lavoro di venditore di strada, che è una delle possibilità che dà la legge all'editoria per la distribuzione. Ci sono persone con contratti a tempo indeterminato, altri con contratti più brevi, a seconda del tempo e della volontà che possono dedicarci. Questo è stato un modo per integrare e dare un posto di lavoro a tantissimi ragazzi stranieri con il permesso di soggiorno; noi ovviamente non abbiamo clandestini tra i nostri venditori (quelli ufficiali hanno un tesserino) ma magari capita che ci siano quelli che poi distribuiscono ai propri amici alcuni libri e riviste per farglieli vendere, e su quelli ovviamente non abbiamo alcun controllo. Poi c'è la questione dello scontrino che su strada non esiste, perché, come nelle fiere ad esempio, non rilasciano scontrino per ogni vendita, come la legge stabilisce.

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Terre è promotrice ed organizzatrice di moltissimi eventi che vanno oltre l'attività editoriale, dalla Fiera Fa' la cosa giusta alla manifestazione Viale Padova è meglio di Milano. Qual è lo scopo di queste iniziative, come nascono, chi le porta avanti?
C'è all'interno di Terre di Mezzo un gruppo Eventi che si occupa esclusivamente di quello; tutte le iniziative però vengono partorite dalla redazione, dallo scambio di informazioni o dalle storie che ascoltiamo e di cui ci preoccupiamo. Fa la cosa giusta ad esempio - il nostro evento simbolo - è nato in una pausa pranzo della redazione, in cui, dopo che era uscito il libro Fa' la cosa giusta, abbiamo pensato di mettere insieme le realtà che lavorano nel terzo settore, di farle incontrare tra loro e con il pubblico; allo stesso modo "La notte dei senza dimora" 13 anni fa è nata dopo l'inchiesta che facemmo sulle associazioni che si occupano fisicamente dei senza dimora, che gli forniscono un tetto, coperte, cibo, e abbiamo così pensato di far provare anche ai lettori una notte da senza dimora. In questo senso il giornale è un ottimo strumento di scoperta e inventiva, è un'antenna che capta ciò che si sta muovendo, quello che c'è di nuovo, di brutto e di bello; spesso siamo molto in anticipo sugli altri, e questo è un punto di forza e di debolezza della rivista. Ad esempio temi come la moda green, critica, ecostostenibile li avevamo affrontati già 15 anni fa, e stanno esplodendo adesso; siamo degli apripista ed anche un laboratorio che gli altri colleghi giornalisti delle altre redazioni tengono sott'occhio, perché noi appunto spesso arriviamo prima laddove il resto della comunità arriverà dopo.

Qualche settimana fa si è concluso il Salone del Libro di Torino, in cui eravate presenti. Si è registrata quest'anno una generale preoccupazione del mondo editoriale per il ridotto numero di vendite. Com'è stata la vostra esperienza?
Non sono stata a Torino quest'anno ma i miei colleghi del banchetto mi hanno detto che è andato molto bene; per i piccoli editori avere la possibilità di esporre tutto il proprio catalogo è un'ottima opportunità. Certo, la crisi si sente e si è sentita anche da noi, ma diversamente dagli altri giornali noi non riceviamo sovvenzionamenti pubblici, perciò i tagli non ci hanno toccato, nè prima nè dopo. La nostra tiratura e la nostra distribuzione è molto mirata, perché noi non stampiamo mai più di quello che effettivamente vendiamo, per noi è un costo; siamo presenti dove sappiamo che ci sostengono e dove siamo sicuramente venduti.

Qual è stata per te la sorpresa in questi primi mesi del 2012?
Pensandoci mi viene in mente la storia che abbiamo raccontato nel nostro numero di febbraio, sull'azienda Cesame di Catania, un'azienda che era leader nel suo settore, la ceramica, e che è stata recuperata grazie a un percorso intelligente fatto dagli operai insieme a sindacati, Regione Sicilia e Ministero. L'azienda era stata dichiarata fallita, veniva rivenduta a terzi insieme al materiale prodotto. La nuova proprietà però non avrebbe assunto tutti coloro che prima ci lavoravano; gli operai sono riusciti a fermare questo sistema e sono diventati imprenditori. E questo è successo anche altrove, solo che quel caso è particolare perché hanno saputo sfruttare leggi e convenzioni già esistenti dello Stato – senza andare quindi a inventarsi ulteriori leggi e cose ad hoc, ma usando ciò che è già nel nostro regolamento – in modo tale da diventare credibili e collaborare con le istituzioni, affinché l'azienda venisse riaperta e loro recuperassero il lavoro, ottenendo prestiti dalle Banche, eccetera. Il bello è che si è capito in un territorio come quello catanese, dove c'è la mafia che preferisce che ci siano più disoccupati e dove ci sono molti interessi economici, perché è la zona dove vogliono creare l'Interporto, una zona che fa gola a tanti: recuperare la Cesame significava non solo garantire il lavoro a sè e ai propri figli, ma anche ripristinare una serie di relazioni commerciali importanti che rendevano la zona proficua e che avrebbe mantenuto il nome e il valore dell'azienda, conosciuta in tutto il mondo per i suoi prodotti. Hanno battuto una via che ha riscattato l'eccellenza del nostro paese in quel settore, restituendone anche il relativo contesto socio-economico.

 

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La redazione milanese della rivista Terre di Mezzo

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Azzurra Scattarella
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