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Dossier: L'amore (di questi tempi). “Andare in camporella” ovvero amoreggiare in campagna, in Brianza.

 

Brianza Paradise Lost

Io ci andavo spesso negli anni Ottanta
In camporella a Fabbrica Durini,
Tra margherite e fili d'erba fini
E fiori di ranuncolo, con tanta
Smania di rotolarsi in quei giardini
Selvatici, dove la cincia canta
In prati accessibili a motorini
E a trattori appena, sotto una pianta
Di melo in fiore e là si contemplava
La via lattea di corolle, beati
Distesi: i fiati caldi come lava
Di vulcano sui colli innamorati,
E in quel grand verd, castell de i poveritt,
Paradis l'era voltà el cuu al sofitt.

 

C

amporella, why not? La camporella logora chi non ci va, direi convinto da emulo brianzolo del divo Giulio. Perchè è indubbio che molti in Brianza ci vengono, particolarmente in questo duro periodo, soprattutto per infrattarsi in qualche bel prato boscoso, lontano dagli occhi indiscreti per limonare o fare ancora di peggio (o ancora di meglio, certo mi correggerete).

Gli ultimi due versi in vernacolo del sonetto appena sopra sono assai chiari, circa l'attitudine brianzola entusiasta nei confronti del fà l'amor, a dispetto della immagine paolotta del garzoncello e della garzoncella brianzoli, che è davvero tutta da sfatare.

Alcuni proverbi brianzoli sono infatti assai illuminanti, in merito: "A fa la polenta e a fà l'amor, se impara deperlor", "cicip e ciciap, cicip e ciciap, sbattemess i ciapp", in uno con il proverbio supremo in materia, pregno di verità, insito nel sonetto: "El paradis de i poveritt l'è voltacch el cuu al sofitt", ovvero: il paradiso dei poveretti sta nel voltare il sedere al soffitto (per far che cosa, è del tutto intuibile).

Se poi anzichè al soffitto di mattoni, le chiappe le si girano a un soffitto virtuale di rami fioriti e cieli blu, la cosa diventa ancora più bella, no? Anzichè "il cielo in una stanza", il brianzolo in camporella ama invece affermare più ecologicamente "ciuliamo fuor di stanza", preferendo egli di gran lunga la copulatio en plein air (ovviamente quando c'è il clima giusto, non certo in questo periodo).

Io ne la mia più verde etade (che risale agli anni Ottanta) a limonare e a far del bello andavo a Fabbrica Durini, frazione di Alzate Brianza, in due o tre angolini tranquilli, tra prati e meli in fiore. Quando passo da quelle parti il ricordo di quei bei momenti ancora mi stringe il cuore. Ah, il tempo che passa…

Ma ora basta: per dare a questo mio contributo sull’Amore un senso e un spessore culturale appena un filo più alto, nel parlare di Alzate Brianza mi vien da dire che esso è Comune eccellente, ove si trovano numerose ville patrizie disseminate in tutto il territorio comunale. Tra queste vi è la appena sopra citata Villa Durini, riconosciuta monumento nazionale del FAI. Edificata nel Seicento dai Casati, essa passò poi ai Durini, una famiglia di commercianti in stoffe che aveva acquistato dagli spagnoli il feudo di Monza con l'estinzione della famiglia De Leyva (quella della Monaca di Monza, per intenderci).

Quella villa sorge sui resti di un antico castello feudale, come provano la sua sagoma e la sua muratura. Alla villa si può accedere da tre lati, ma l'ingresso più suggestivo è quello verso le Case Nuove, passando dalla lunga gradinata che sale attraverso il parco. Una occhiata - come sempre - si impone dunque, anche al viaggiatore più affrettato e distratto: Amore e cultura, mai come in camporella, vanno benissimo a braccetto. Limonare, visitare, limonare…