Intervista a Afro Somenzari di Fuoco Fuochino. Le collaborazioni con Pupi Avati, Gianni Celati, Gianluigi Toccafondo e Guido Scarabottolo
Ciò che davvero affascina e rende speciali eventi come i Festival è la possibilità di farvi degli incontri interessanti, di trovare persone innamorate di quello che fanno, quel genere di persone con una bella luce negli occhi.
Puoi scovare delle perle rare. Ed è quello che è successo a Tra Le Righe di Cinisello Balsamo, prima edizione di un Festival di piccola e media editoria.
Divideva il suo stand con un altro piccolo, delicatissimo, editore, Afro Somenzari di FuocoFuochino, ideatore della "casa editrice più povera del mondo", come loro stessi amano definirsi. Stampano venti copie di ogni loro opera, undici destinate a selezionati amici e nove per il resto del pubblico, che può richiederle ed acquistarle tramite Corraini.
Ogni libello è composto da pochissime pagine, stampate su normalissima carta bianca. Non esistono collane in FuocoFuochino, vi è un ristretto, brillante catalogo, che alterna penne note a penne sconosciute, ma non per questo meno significative. C'è Gianni Celati e il regista Pupi Avati, ad esempio. Evidentemente presi anche loro da "smanioso, serio morbino" di voler scrivere e mandare qualcosa a Somenzari. Che, se i testi gli piacciono, pubblica, altrimenti no.
Naturale è venuto chiedere a Afro Somenzari come è iniziata questa storia...
Abbiamo iniziato con i Vampiri. C'era un vecchio, nel mio paese, di 85 anni, un ex partigiano, uno che ha lavorato sin da quando era bambino, che ha fatto mille cose, cambiando più lavori, per sopravvivere, uno di quelli che po' rubacchia, un po' bivacca, ogni volta cambia. Il primo libro l'abbiamo pubblicato per gioco, volevamo raccontare i suoi "vampiri", ogni tanto per strada ce li indicava, lui diceva che li aveva visti e li conosceva: all'epoca ce l'aveva col centrodestra, c'era una giunta che non gli piaceva, poi lui era uno di quelli che ne aveva prese dai fascisti, si riferiva a loro soprattutto. Poi l'idea era quella di mettere sui libri stampati il bollo IGE, originale, il bollo dell'allora "imposta generale delle entrate", che esisteva prima che fosse inventata l'iva... Ogni copia ha il suo bollo, che è rarissimo.
Quando avete iniziato, ti occupavi di tutt'altro...
Ah, ah! Io mi occupo da sempre di tutto altro! Ho lavorato come direttore di una galleria d'arte contemporanea, adesso lavoro con gli anziani... ma questo non è un lavoro! Lo facciamo per divertimento. Quando fai le cose così, per piacere, accadono i miracoli.
Quali miracoli?
Il primo miracolo è stato quello con Gianni Celati, a cui ho scritto, ho illustrato il progetto e lui si è detto entusiasta e ci ha mandato un testo. Così, senza conoscerci, ovviamente, gli è piaciuta la nostra idea, e ha voluto partecipare. Ma anche aver avuto la collaborazione con la tipografia di Viadana (MN), completamente gratuita, c'è un rapporto di amicizia e soprattutto credono nel progetto. Anche con Pupi Avati è andata così. E lo stesso vale per gli illustratori, quelli che hanno fatto le copertine di Fuoco Fuochino 1 e Fuoco Fuochino 2 (raccolte dei precedenti mini libri usciti). Mia moglie un giorno, parlando, mi ha detto "Perché non facciamo fare la copertina da Toccafondo?", e io gli ho scritto, gli ho descritto Fuoco Fuochino e lui ci ha disegnato l'immagine di copertina, senza esser pagato né niente... E anche questo è un miracolo. Anche con Guido Scarabottolo è andata così, anche lui ci ha prestato la sua abilità solo perché affascinato dal progetto (ha disegnato la copertina della seconda raccolta di Fuoco Fuochino). Anche Ernesto Ferrero ha scritto per noi, la prefazione della seconda raccolta.
Chi sono gli amici a cui inviate le vostre venti selezionate copie?
Stampiamo venti copie per amici che lavorano nel mondo dell'editoria, giornalisti, amici "particolari"... Massimo Gatta ha scritto di noi sul Sole24 ore ed anche Andrea Cortellessa su La Stampa.
È caratterizzante, secondo te, il fatto di essere una piccola casa editrice che vive a ridosso del suo paese, anche nel senso che le persone che vi lavorano sono dello stesso territorio?
Noi viviamo sul Po, di fronte, dall'altra parte c'è il paese di Don Camillo, abbiamo le nebbie, i fantasmi, i mostri che vivono nei pozzi, gli gnomi, i vampiri... Magari in città è diverso, ma da noi è più facile raccogliersi per raccontarsi delle storie.