Artisti e operatori culturali devono riappropriarsi del ruolo che spetta loro: alla pari di imprese, ordini professionali e politici. Per provarci, ecco le nostre proposte, caute e pragmatiche.
C
he ruolo possono avere l'arte e la cultura nella costruzione dell'identità di una città o di un territorio? Un ruolo fondamentale sotto più punti di vista, a cominciare da quello economico, così “importante” in un frangente storico come il nostro, dove l'unico vero credo universale è quello del profitto: una ricerca di Unioncamere e Symbola del luglio 2012 racconta che la cultura infatti «frutta al Paese il 5,4% della ricchezza prodotta, equivalente a quasi 76 miliardi di euro, e dà lavoro a un milione e quattrocentomila persone, ovvero al 5,6% del totale degli occupati del Paese. Superiore, ad esempio, al settore primario, oppure a quello della meccanica. E allargando lo sguardo dalle imprese che producono cultura in senso stretto – ovvero industrie culturali, industrie creative, patrimonio storico-artistico e architettonico, performing arts e arti visive – a tutta la ‘filiera della cultura’, ossia ai settori attivati dalla cultura, il valore aggiunto prodotto dalla cultura schizza dal 5,4 al 15% del totale dell’economia nazionale e impiega ben 4 milioni e mezzo di persone, equivalenti al 18,1% degli occupati a livello nazionale».
Cominciamo da qui, per sgomberare il campo dai falsi miti di quanti pensano alla cultura come al passatempo per signore annoiate o beoni inconcludenti.
Un altro punto di vista — lo confessiamo, quello a cui noi teniamo maggiormente — è quello civile. Noi apparteniamo alla schiera di quanti credono che il patrimonio e l'agire culturale, l'arte stessa siano prima di tutto testimonianza e strumento per la crescita civile delle comunità e delle persone. Pensiamo che il benessere non passi solo per la quantità di cibo e vestiti acquistati e consumati, ma anche e soprattutto dalla capacità di comprendere quanto accade dentro di noi e intorno. Pensiamo che la cultura e l'arte, come diceva il regista polacco Kieslowski a proposito dei film, «sono spesso solo business. Lo capisco anche se non è quello di cui mi occupo. Ma se un film aspira ad essere parte della cultura, dovrebbe fare come la grande letteratura, la grande musica e la grande arte: elevare lo spirito, aiutarci a capire noi stessi e il mondo intorno a noi; dare alla gente la sensazione di non essere sola1».
Accennato a questi due aspetti, economico e civile, affinché l'arte e la cultura abbiano il ruolo propositivo che spetta loro all'interno della comunità cui si rivolgono — quella di Monza e della Brianza nel nostro caso — c'è una condizione imprescindibile per la quale ci stiamo attivando e al raggiungimento della quale vogliamo dare il nostro contributo. Non c'è cultura senza una classe di artisti e operatori culturali che abbia coscienza del proprio ruolo. Non basta fare il proprio lavoro, chi in totale isolamento, chi collaborando, chi trovando finanziamenti pubblici, chi privati. Serve essere riconoscibili e riconosciuti dal contesto come protagonisti fondamentali. Alla pari di entità collettive come i sindacati, la Confindustria, la Camera di commercio o gli ordini professionali. Perché quando si organizzano dibattiti e convegni sulle sorti del territorio vengono invitati rappresentanti delle imprese, dei partiti politici, degli avvocati o degli architetti e mai — mai! — operatori culturali o artisti? A meno di affidare a questi ultimi il ruolo di intrattenitori.
Persino nelle rarissime occasioni in cui a Monza negli ultimi anni ci sono state manifestazioni di un certo richiamo nell'ambito culturale (“Cultura e Impresa” nel settembre 2009 e “It's a start” nel giugno 2012) abbiamo assistito all'estenuante alternarsi di interventi di politici, funzionari, dirigenti, ministri (Bondi!!). E gli artisti? E coloro che la cultura la fanno realmente? Nessuno, o quasi.
Cosa si può fare perché questa cattiva abitudine non sia più la normalità? Cosa serve perché artisti e operatori culturali abbiano l'attenzione e lo spazio che spetta loro? Le nostre proposte, quelle che stiamo proponendo all'interno degli incontri informali che abbiamo avviato da qualche settimana (ne scrivevamo qui) sono abbastanza semplici. Innanzitutto conoscerci, capire chi siamo, cosa facciamo, dove e come. Per questo abbiamo avviato il censimento indipendente (qui chi ha già aderito e qui il modulo da compilare per aderire). Poi elaborare collettivamente gli obiettivi, gli strumenti e i metodi per i quali e con i quali la classe culturale di Monza e della Brianza potrebbe agire oggi, in modo da riappropriarsi del ruolo di protagonista domani.
Le criticità, i problemi per chi opera in questo settore sono più o meno già noti: assoluta scarsità di risorse economiche, di spazi, di progettualità degli enti e così via. A queste carenze non si può contrapporre l'individualismo di chi si accontenta di accaparrarsi il bando della fondazione o l'obolo dell'assessore. Ecco allora che abbiamo pensato di organizzare una conferenza a cui, lo diciamo da ora, chiameremo a intervenire tutti coloro che vorranno avanzare proposte concrete per migliorare il rapporto fra gli operatori, fra questi e gli enti pubblici e amministrativi. Non un fumoso convegno come tanti, dove ognuno recita il proprio intervento senza ascoltare gli altri, giusto per timbrare il cartellino della presenza. Ma un serie congrua (leggi umanamente sopportabile) di interventi cronometrati di 10 minuti con suggerimenti e buoni esempi, selezionate da un comitato scientifico, raccolti in forma scritta, conservati e messi a disposizione di amministratori, dirigenti e altri potenziali finanziatori e partner.
A questa giornata pubblica stiamo valutando di affiancare la creazione di un luogo/logo comune, un coordinamento, un consorzio, un'associazione di secondo livello... che metta insieme in modo strutturato i singoli e gli insiemi, artisti, operatori, associazioni e gruppi che operano nella cultura in maniera professionale (se non professionistica).
Sono piccoli passi. Cauti e pragmatici. Si può immaginare molto altro, lo sappiamo perché per fortuna da queste parti la fantasia non manca. Però per ora sarebbe abbastanza.
1"Film is often just business — I understand that and it’s not something I concern myself with. But if film aspires to be part of culture, it should do the things great literature, music and art do: elevate the spirit, help us understand ourselves and the world around us and give people the feeling they are not alone." Krzysztof Kieslowski