L'appuntamento di Area Libri a Seregno con l'attrice e autrice svela un'appassionata di Dostoevskij con il gusto del comico
A
incontrare Marisa Miritello, pure in un’occasione formale come la presentazione del suo secondo romanzo (“Là sotto qualcosa”, edito da Eclissi), hai subito un’impressione come di familiarità, di poter comunicare facilmente con una che potrebbe essere stata tua compagna al liceo, anche se di sicuro hai un’altra età e ben altra storia. Quale sia la sua, di età, rimane un mistero: nessuna traccia nelle fonti scritte, e lei ci scherza sopra, ma continua a custodire il segreto come una gran diva, nonostante l’aria, ancora decisamente giovane, da ragazza della porta accanto.
Un’attrice di solida formazione e di consistente carriera: Scuola del Piccolo Teatro di Milano, esperienze teatrali con registi come Dario Fo o Gabriele Salvatores, Maurizio Scaparro o Andrèe Ruth Shammah, solo per citare i nomi più noti. E a teatro ha trovato la sua strada più personale non solo come interprete, ma anche come autrice, nel monologo comico: una vena che riversa anche nella scrittura, e alla quale riconosce addirittura un valore terapeutico, tanto da tenere corsi di comicoterapia, avvalendosi sia della collaborazione di psicoterapeuti, che della sua più recente acquisizione di competenze come counselor.
È evidente che non potevamo non porle domande sul rapporto tra queste sue esperienze e la sua vocazione parallela da scrittrice di romanzi: certo, romanzi sui generis (il primo, uscito nel 2011 con le edizioni Altro Mondo, si intitolava Tempi Morti), dal momento che parlano, entrambi, di storie che hanno come centro un cimitero e come investigatore semi-abusivo un ex magistrato divenuto per necessità capo dei servizi di disseppellimento (servizi resi ormai indispensabili dalla mancanza di spazi per nuove sepolture).
Marisa Miritello durante l'incontro con le sue lettrici presso Area Libri di Seregno
A spingerla ad aprirsi alla forma del romanzo, ci dice, è stata l’esigenza di superare la dimensione sintetica della scrittura teatrale: dal momento che il teatro conta sull’integrazione di significato che arriva dall’interpretazione, dall’azione, dalla messa in scena, il testo teatrale può limitarsi alla sintesi estrema del dialogo per raccontare una storia. Su quanto siano essenziali i dialoghi anche nel romanzo, per conferire il necessario ritmo alla narrazione, Marisa si sofferma parecchio a riflettere insieme al pubblico presente: ricorda che negli Stati Uniti esiste addirittura una apposita specializzazione, quella di autore di dialoghi, per dedicare a questo aspetto la cura più attenta ed esperta. Ci legge un passaggio del suo romanzo, ed è chiaro che, nonostante abbia sempre scritto monologhi per il teatro, l’aver interpretato tanti testi teatrali le ha dato una ben precisa capacità di rappresentare i personaggi e le loro relazioni attraverso le battute. Ma è soprattutto nella costruzione dei personaggi che l’esperienza di recitazione diviene fondamentale: sia che tu debba interpretarlo, sia che tu debba inventarlo, un personaggio devi costruirlo facendo ricorso a una parte di te. “È facile, tutti noi abbiamo una parte maschile e una femminile” così risponde a chi le chiede come faccia a immedesimarsi in un protagonista maschile. Lo studio del personaggio è parte essenziale della preparazione dell’interprete, e questa diviene una risorsa privilegiata quando scrivi.
È solo del rapporto col pubblico, essenziale nell’esperienza della recitazione, che la scrittura di romanzi non ha invece bisogno: nel senso che scrivere, dice Marisa, è una fonte di felicità per sé, il riscontro positivo è nella soddisfazione di aver finito una bella pagina.
Quanto al rapporto tra il comico e il drammatico che caratterizza i suoi noir, che non rifuggono dal rappresentare gli aspetti più critici della contemporaneità, dopo esserci divertiti con un pezzo esilarante dei suoi monologhi, scopriamo che l’autore preferito fin dall’adolescenza da Marisa Miritello è Dostoevskij!
Misteriosa quasi quanto la sua età, questa intrigante contraddizione (che appartiene in verità a tutti i comici di razza) ci spingerà ad ulteriori indagini sul tema.
Librerie Resistenti
Cosa ti aspetti che succeda in tempi di crisi e contrazione dei consumi ad una piccola libreria indipendente di una cittadina di medie dimensioni nel cuore della Brianza? Nel migliore dei casi, che vivacchi stentatamente contando su scolastica, qualche best-seller e un po’ di irrinunciabile cartoleria. O no?
Accade anche il contrario, in verità: mai come quest’anno, ad esempio, Area Libri di Seregno (una libreria ultratrentennale che Laura Crippa e Franca Villa hanno rilevato nel 1999) ha mostrato una vitalità e un attivismo grazie ai quali i lettori di Seregno e dintorni hanno trovato un punto di riferimento sicuro per la loro voglia di cultura e partecipazione.
Dagli appuntamenti mensili con la lettura ad alta voce (uno per gli adulti e uno per i piccoli), a un corso dedicato alle Immagini per la filosofia, da corsi sulla medicina alternativa a stage dedicati all’espressione vocale e al movimento, da incontri con poeti e scrittori (Piero Marelli, Davide Rondoni, Loredana Limone, Elisabetta Bucciarelli, Marisa Miritello) alla recente adesione all’iniziativa nazionale Letti di Notte: queste ed altre sono le iniziative che ci hanno dato la netta percezione di una libreria viva, che resiste alla crisi grazie alla passione non solo delle libraie, ma anche dei lettori. Sono infatti i lettori, spesso, a chiedere uno spazio, ad offrire la propria voce per una lettura, a contribuire con un’idea, un contatto, una proposta, e perché no, una torta da condividere a conclusione degli incontri.
Concepire la libreria come un luogo dove non si entra tanto per comprare qualcosa che ci è stato suggerito dalla pubblicità, quanto per chiacchierare un po’ di libri, per sapere quali sono le novità che potrebbero interessarci, dato che il libraio (o le libraie) ci conosce, spende molto tempo a parlare con noi di libri e autori ed esperienze di lettura, condivide con noi una passione e offre spazio, tempo e conoscenza a chi voglia usufruirne; si preoccupa sempre della qualità e poco della quantità: è grazie a questo che una libreria riesce a promuovere stabilmente cultura sul territorio; anche senza grandi mezzi, anche senza grandi eventi , anche in tempi di crisi.