Vorrei ha assistito al primo festival dedicato al genere stoner/sludge ospitato dalla F.O.A. Boccaccio di Monza a fine luglio e ve lo racconta.
Un assaggio del festival in questo video riassuntivo con commenti degli organizzatori:
I
mmaginatevi un caldo afoso di fine luglio, immersi in un contesto urbano, sfollato dal periodo estivo e dalla calura: un deserto di asfalto.
Immaginatevi ora un angolo di fuga da tutto questo, dove né caldo , né zanzare lasciano tregua, ma si trova riparo dal contesto cittadino dove accorrere per immergersi nei capisaldi dell’arte, ovvero musica e arti grafiche.
Eccovi, siete all’Art Factory in the Desert Fest. Un nome che condensa in se stesso l’intento degli organizzatori, Cosimo e Marcello, ovvero quello di rianimare il deserto di sterilità in cui sempre maggiormente siamo costretti, per dare vita a una giornata e serata intere dove poter lasciar spaziare la mente, alla ricerca di ristoro creativo dal grigiore della città.
Un festival non da tutti, però, badate bene: il genere musicale a cui viene dato risalto è proprio quello che nel deserto ci è nato, lo stoner, senza rinunciare a tutti gli annessi e connessi che il panorama richiama: dallo sludge, al doom, alla psichedelia più da “viaggio”. Il tutto made in Italy e, soprattutto, made in Brianza.
Ad accogliere questa prima (di molte?) edizione è infatti la novella sede della F.O.A. Boccaccio, che non rinuncia ad insidiarsi sul territorio monzese, ma che riesce a sfruttare una sistemazione defilata, appartata, nascosta sebbene molto più vicina di quanto si pensi, dove il collettivo offre, oltre agli spazi, anche una cucina rigorosamente vegetariana, preparata in casa e non preconfezionata, con tanto di forno a legna per le pizze, pane sfornato in giornata e birre artigianali.
A disposizione dei gruppi due palchi: il Chill Out Stage, che si para proprio davanti agli astanti appena entrati, con effetto a sorpresa. Il palco, infatti, è l’asfalto stesso, emblema del contesto urbano, tuttavia decisamente adeguato al tipo di musica che il festival offre: nessuna distanza tra i musicisti e i loro ascoltatori, il contatto è diretto, e tra le persone, e tra il grigio manto di bitume, dando all’esibizione quell’aspetto post industriale dove l’effetto di fascinazione supera decisamente quello della decadenza.
Il secondo, il Main Stage, dove il palco esiste, ma solo per permettere una visione e un ascolto degni delle montagne di amplificazione che i gruppi che vi sono saliti hanno portato al seguito per far rendere al massimo i propri strumenti intrisi di fuzz.
Notevole il livello artistico di ognuna delle band che ha contribuito a dar vita agli spettacoli, tutte perfettamente rispondenti al filone musicale a cui si è voluto dare spazio, ma nessuna uguale ad un’altra. Di ciascuna si è potuto godere nella propria peculiarità, data talvolta dal carattere più sabbioso, da quello più violento, a quello più meditativo, passando per lo status mentale del trip cosmico.
Notevole il livello artistico di ognuna delle band che ha contribuito a dar vita agli spettacoli, tutte perfettamente rispondenti al filone musicale a cui si è voluto dare spazio, ma nessuna uguale ad un’altra. Di ciascuna si è potuto godere nella propria peculiarità, data talvolta dal carattere più sabbioso, da quello più violento, a quello più meditativo, passando per lo status mentale del trip cosmico.
Degne di nota anche le esposizioni grafiche che hanno contornato ed impreziosito il festival, dove serigrafie, artwork e manufatti hanno reso completo l’immancabile connubio tra le arti universali per eccellenza, quella visiva e quella uditiva. Senza mancare di menzionare la presenza di una delle etichette più di spicco in ambito italiano per la produzione proprio dello stoner rock e metal, ovvero la veneta Go Down Records, il cui intervento ha donato una nota di autorevolezza in più al ben riuscito tentativo di risaltare una realtà ancora in crescita nel nostro paese, ma di sicuro non più così sommessa e sotterranea rispetto agli anni passati. Dimostrazione ne è stata anche il dj-set infra e post esibizioni live curato da Christian Lanzi, che ha sostenuto la serata con i pilastri del genere proposti a pennello.
L’organizzazione della manifestazione, poi, non è certo da tenere in secondo piano: l’alternanza dei gruppi sui palchi impeccabile, gli spazi messi a disposizione adeguati ovvero raccolti, ma non costretti laddove l’arte si esibiva e spaziosi quelli dedicati al relax in chiave decisamente estiva. Ampi prati, infatti, hanno accolto musicisti affaticati e partecipanti accaldati, il tutto coronato da una piccola piscina, mini oasi nell’afoso deserto.
Il risultato di tutti questi addendi è stato un evento dallo spirito di amicizia, solidarietà, entusiasmo, ma soprattutto rispetto, non solo rivolto dai gruppi tra di loro – privi dunque di qualunque tipo di rivalità o concorrenza – bensì anche rivolto da tutti i partecipanti all’ambiente messo a loro disposizione. Bastava notare la differenza tra i cestini pieni e il terreno calpestabile pressoché intonso, cosa da non sottovalutarsi, dato che, come tristemente si sa, per l’italiota medio questa proporzione vira solitamente in direzione inversa. Per non parlare della richiesta fatta dai ragazzi del collettivo di lavare piatti e stoviglie nella cucina da loro organizzata prima di restituirli, richiesta che, a quanto visto da chi scrive, non è mancata di essere tranquillamente soddisfatta.
partecipare all’Art Factory In The Desert Fest ha contribuito decisamente al buonumore, alla fame di arte e al credere che, in fondo, anche in Italia si può.
Complice l’ambientazione dello spazio autogestito e dello spirito che sottende a questo movimento che, più che musicale, oserei definire culturale, partecipare all’Art Factory In The Desert Fest ha contribuito decisamente al buonumore, alla fame di arte e al credere che, in fondo, anche in Italia si può.
Le foto di Matteo Valfré
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Le band che hanno partecipato al festival, in ordine di apparizione:
Soul Racers ore 17.20 alle 17.50 chill out stage
Gengis Khan Voodoo Jacket 18.00 - 18.30 chill out stage
My Home On Tees 18.35 - 19.10 main stage
Psycho fellowship 19.15 - 19.45 chill out stage
Mexican Chili Funeral Party 20.00 - 20.30 main stage
Lilium 20.40 - 21.15 chill out stage
Berlikete 21.30 - 22.00 chill out stage
Veracrash 22.05 - 22.50 main stage
Goran D. Sanchez 22.55 - 23.25 chill out stage
Tons 23.30 - 24.15 main stage
I bancarellisti:
Foa Boccaccio
The Giant's Lab
Eeviac
Berlikete
Rob the Mutt
Taxi Driver Record Store
Il reportage fotografico completo a cura di Matteo Valfré:
http://www.flickr.com/photos/matteovalfre/
La pagina dell’evento Facebook dell’Art Factory In The Desert Fest:
https://www.facebook.com/events/582687015086362/