La redazione di Vorrei in visita al MUST di Vimercate. Che la “grande” Monza prenda lezioni dalla piccola Vimercate.
La
visita al Must (Museo del Territorio) di Vimercate, organizzata da Vorrei, oltre a suscitare la mia ammirazione, mi ha portato a diverse riflessioni.
La prima, è la solita: le cose viaggiano sulle gambe degli uomini. Questo museo è frutto di una grande passione per la propria città, strettamente connessa con un elevato livello professionale.
Primo portatore di quella passione e professionalità è il Direttore, Angelo Marchesi, che abbiamo avuto il privilegio di avere come guida. Ma il museo, aperto al pubblico tre anni fa, è stato il frutto di sei anni di preparazione da parte di una piccola squadra, di cui ha fatto parte, oltre a Marchesi, l’architetto Pier Federico Caliari, docente al Politecnico di Milano e Direttore dell’Accademia Adrianea di Architettura e Archeologia di Roma. Come ci ha raccontato Marchesi, prima di definire il progetto la squadra ha visitato e studiato decine di musei in tutta Europa, per fare tesoro delle esperienze altrui e andare oltre.
Non a caso il MUST è stato premiato nel 2012 come il miglior nuovo allestimento museale italiano dall’International Council of Museums (ICOM), al Palazzo Te di Mantova, e nello stesso anno ha ricevuto la nomination dell’EMYA per il premio europeo al miglior museo dell’anno.
L’impostazione storica, dalle origini ai giorni nostri, adottata per il percorso espositivo è importante: consente ai visitatori, a cominciare dai bambini, di acquisire l’eredità, la memoria storica del proprio territorio. L’equilibrio tra restauro dell’ambiente, con un rigoroso recupero delle strutture abitative settecentesche, e i moderni allestimenti mi è sembrato accettabile.
Tra le opere esposte, spicca il ritratto di Elisabetta Sottocasa, capolavoro di Mosè Bianchi (foto qui sopra), e tre eleganti statue trecentesche (foto in basso) che nella loro fattura esprimono bene la transizione tra la staticità delle sculture tardo-romaniche e il movimento che preludeva alla esplosione artistica italiana dei secoli successivi. Del novecento, notevoli sono quattro grandi tele di Gianfilippo Usellini (foto in alto), nelle quali l’autore ritrae scene e personaggi reali e fantastici, antichi e moderni, con “un linguaggio sottilmente ironico che fonde suggestioni della pittura metafisica e stilemi quattrocenteschi”, come è perfettamente detto nella Treccani online. Una di queste tele, con le sue svariate figurine, viene riprodotta senza i personaggi del passato, per un gioco nel quale gli scolari in visita sono invitati a riempirla nuovamente con nuovi personaggi della loro fantasia.
Nelle ultime sale sono esposti prodotti delle imprese industriali del Vimercatese che hanno ormai a loro volta un valore storico, come una moto Gilera vincitrice di innumerevoli gare e una elegante carrozzina della Peg degli anni Sessanta del secolo scorso.
Due mi sono sembrate le scelte importanti: quella di consentire ai visitatori di interagire con le opere d’arte, gli oggetti e le installazioni, grazie a strumenti multimediali sorprendenti (come quello che, partendo da proiezioni sulla parete di antiche fotografie di piazze del mercato o di tranvai del ‘900, consente al visitatore di animarle con la realtà odierna, che nella sostanza non differisce poi molto da quella del passato). L’altra, di ravvivare l’ambiente con suoni e voci. Scelta potenzialmente pericolosa, ma realizzata in modo da farne quasi un elemento del silenzio (come lo scorrere dell’acqua nella prima sala).
Il rischio di questo tipo di musei è di interessare solo i visitatori locali, mentre è auspicabile che attirino anche viaggiatori, con una importante ricaduta anche economica.
Da questo punto di vista, Il MUST ha avviato una strategia di apertura, come dimostrano i confronti internazionali a cui ha partecipato con successo, e un primo invio di opere del museo a una mostra in Germania, premessa di scambi culturalmente e socialmente preziosi.
Un’ultima considerazione: l’architetto Caliani è ora impegnato nella realizzazione del Museo Civico di Monza, di cui si parla da decenni, e che dovrebbe essere ormai alla vigilia dell’inaugurazione. Ma credo che questo non basti. È necessario che la “grande” Monza prenda lezioni dalla piccola Vimercate.
Le foto di Alessandra Scarazzato
Dal benevuto del direttore Angelo Marchesi e dell'assessore Mariasole Mascia alle stanze multimediali. La visita dei redattori della nostra rivista lungo il percorso del museo del Vimercatese.
Il MUST. Un museo per la città
Narrazione e linguaggio
Una volta individuati i temi delle sale e gli oggetti materiali e immateriali da esporre, si trattava di costruire una narrazione in grado di collegare e animare temi e oggetti all'interno di un racconto storico.
La composizione del racconto si rivelò simile alla creazione di un'opera letteraria, con una scansione in capitoli (i temi delle quattordici sale), a loro volta strutturati in paragrafi (gli oggetti). Oltre gli oggetti, emergevano le persone (i personaggi storici rappresentati) con la loro storia e con la loro umanità e conducevano, con intensità sempre maggiore, fino all'ultima sala Identità e memoria, epilogo ideale di ogni viaggio nel tempo che alla fine porta al riconoscimento del sé.
Ma strettamente connessa alla narrazione, si poneva la questione dell'accessibilità ai saperi contenuti nel museo, ovvero la questione del linguaggio. Volevamo coniugare il rigore scientifico dei contenuti con il diritto alla comprensione dei visitatori, che “non è più possibile siano esclusivamente persone istruite, colte e benestanti”.
Fu perciò giocoforza adottare un linguaggio divulgativo e sintetico allo stesso tempo, in grado di mediare contenuti tecnici e specialistici e di sciogliere i concetti più complessi.
Accanto al linguaggio testuale, mai preponderante nella comunicazione museale, si fece ampio utilizzo della grafica che, più efficace e immediata nel processo comunicativo, concorreva a creare attorno all'oggetto esposto un'atmosfera suggestiva ed evocativa del contesto storico di provenienza.
Fin dall'inizio abbiamo immaginato la realizzazione di un museo che fosse non soltanto in grado di comunicare contenuti al visitatore, ma anche emozioni e sensazioni, grazi e alla scelta dei colori delle pareti e degli allestimenti, alla pluralità dei materiali, alla presenza di suoni e voci, alla capacità del linguaggio museografico tout court. E grazie anche all'impiego di supporti multimediali e interattivi, anche se con alcune attenzioni: la multimedialità doveva prevedere tecniche avanzate di comunicazione dove i nuovi linguaggi dovevano essere asserviti a un fine didattico e saldamente ancorati ai contenuti, evitando che li travalicassero e diventassero essi stessi, da semplice mezzo, il messaggio; l'interattività, invece, doveva far leva sulla curiosità e sull'emozione del visitatore, facendolo sentire protagonista attivo nel processo di scoperta e di apprendimento.
La questione del linguaggio fu in definitiva fondamentale affinché il MUST potesse riconoscersi come un museo scientifico nei contenuti e democratico nell'accesso alla conoscenza.
Il filmato curato da Roldano Radaelli
Museo e comunità locale
Un museo civico come è il MUST, espressione di una comunità e di unterritorio, non poteva trascurare il suo ruolo di servizio pubblico, ma doveva organizzarsi avendo come riferimento e guida i bisogni della comunità locale.
Fin dall'inizio è stato chiaro che il museo doveva assumere una dimensione sociale e costruire reti di relazioni non solo con le istituzioni pubbliche operanti in ambito culturale (Soprintendenze, Regione, Provincia, Comuni), ma anche e soprattutto con il mondo della scuola, con le aziende, con le associazioni, con le reti culturali operanti sul territorio.
Alle scuole di ogni ordine e grado il museo propone attività didattiche che, mentre arricchiscono il percorso formativo degli alunni, aiutano a sensibilizzare i più giovani al rispetto e all'interesse per il patrimonio culturale locale.
Alle aziende il museo offre la possibilità di esporre i prodotti della propria attività e di presentarsi al territorio, di sponsorizzare restauri o eventi, oltreché di poter utilizzare gli spazi del museo come sede per convention aziendali.
Alle associazioni locali viene data l'opportunità di collaborare, a livello di tutoring e di partenariato, in progetti di promozione culturale, di sviluppo della creatività, di volontariato, di inclusione sociale, di difesa e di valorizzazione dell'ambiente naturale.
Agli altri istituti culturali del territorio — biblioteche, archivi, musei e reti museali — il MUST si rivolge per confrontarsi sulle buone pratiche professionali, per condividere progetti culturali intersettoriali e prorammi comuni.
E il museo nella società contemporanea diviene sempre più un luogo destinato al confronto e al dialogo tra culture passate e presenti, tra identità e appartenenze, tra esperienze e valori.
Un luogo comune nel quale immaginare ciò che saremo domani.
Testo di Angelo Marchesi e Massimo Pesenti tratto dal catalogo del MUST, Electa, 2011
Via Vittorio Emanuele II, 53 - 20871 Vimercate (MB) - Telefono: 039 6659 488
Orari di apertura del museo
Mercoledì 10.00 - 13.00
Giovedì 10.00 - 13.00
Venerdì 10.00 - 13.00 / 15.00 - 19.00
Sabato 10.00 - 13.00 / 15.00 - 19.00
Domenica 10.00 - 13.00 / 15.00 - 19.00
Ultimo ingresso mezz'ora prima della chiusura Chiusura estiva: dal 5 agosto al 1 settembre 2013.
Biglietti d'ingresso
Intero: euro 3,00
Ridotto junior (6-24 anni): euro 2,00
Ridotto senior (oltre 65 anni): euro 2,00
Ridotto studenti: euro 2,00
Ridotto gruppi (min. 15 persone): euro 2,00
Cumulativo famiglie (da 3 a 4 persone): euro 5,00
Bambini (0-5 anni): gratuito
Disabili e accompagnatore: gratuito
Giornalisti: gratuito
Tesserati ICOM: gratuito