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A Brugherio, BruMa quest'anno è dedicato alle scrittrici femminili. Il 9 ottobre apre la rassegna letteraria l'autrice, fra gli altri, de “La masseria delle allodole” e “La strada di Smirne”

Antonia Arslan ha una voce pacata e dolce, parla con chiarezza e cura, nell'atteggiamento tipico di chi ha insegnato per tempo. E' stata infatti docente di letteratura italiana all'Univesità di Padova. Italiana di terza generazione, la sua famiglia viene dall'Armenia ed intorno al dramma dei suoi parenti si è concentrata la sua attività di scrittrice.

Lei ha raccontato il crudele e misconosciuto dramma degli armeni nel suo libro più famoso "La masseria delle allodole". Ha sempre saputo che l'avrebbe fatto oppure ad un certo punto ha sentito la necessità impellente di raccontare questa storia?
Non è stata una decisione di programma, no... per un periodo della mia vita ha scittto diverse cose, sui giornali, su intenet, ho insegnato all'univesità. Ad un tratto c'è stato un coagularsi di una sensibilità, di una necessità di scrivere la storia della mia famiglia, di parlare del modo in cui venne cancellata l'esistenza della minoranza armena in Anatolia, di come morì il fratello di mio nonno; io ho capito che volevo scrivere un romanzo che non fosse un resoconto nè un memoir o il racconto di un vissuto: era una storia vera, in forma di romanzo con connessioni storiche.

 


Estratti del film “La masseria delle allodole” dei fratelli Taviani

 

Come è riuscita a reperire le informazioni per costruire il romanzo?
Ho iniziato a parlare con mio nonno. Lui stesso mi raccontò della morte del fratello; in realtà, conoscevo già la storia sin da quando avevo 9 anni , erano cose che avevo già sentito da bambina; nel momneto in cui ho deciso di raccontarle, sono riafforati i ricordi con lui, poi ho trovato delle lettere , parlato con membri della famiglia che vivono all'estero (perchè siamo un popolo in diaspora, alcuni sono in Brasile, ad Aleppo, nell'America del nord, in Libano) e ho ripreso le fila del discorso con mio nonno più seriamente.

20131008-arslan-allodoleProprio perchè la sua famiglia non è orginaria di qui e ha parenti fuori dall'Italia, non ha mai pensato di andarsene da questo paese?
Non ho mai pensato di andare via, mia mamma è completamente italiana, d'altronde. Io mi sento immersa in questa cultura italiana, talvolta mi sento più italiana degli italiani, perchè vedo le grandissime qualità degli italiani, mentre noi non facciamo altro che parlare male di noi, siamo l'unica nazione al mondo che lo fa! Viviamo in uno dei paesi più belli del mondo, se non il più bello, eppure non ne parliamo mai o ci lamentiamo sempre. Sicuramente siamo gravati da una burocrazia lenta, ma andate a vedere quella turca o greca, per esempio! Io mi sento 100% italiana e 100% armena, e sono orgogliosa di entrambe le parti.

A BruMa saranno ospiti quest'anno soltanto autrici femminili, in un percorso di esaltazione e riscoperta della scrittura al femminile in un momento in cui si sente parlare tasntissimo di uxoricidi, stalking, femminicidi... quanto, e se, la preoccupa questo fenomeno?
Ion credo che sia bene fare un'altra legge oltre le centinaia che già abbiamo per contrastare questo orrendo fenomeno, ma piuttosto si potrebbe aggiungere un comma che dia l'aggravamento della pena quando il crimine è contro le donne. Fare una legge appposta è un escamotage dei politici, rendere davvero operitiva la legge e indurire le pene mi sembra la cosa giusta. Il problema è che spesso le donne non denunciano, perchè se la donna denuncia ci deve essere l'anonimato, la donna deve poter denunciare senza che l'uomo o il convivente lo sappia, la persona violenta deve essere ammonita in modo serio senza che esso venga a sapere della denuncia. Solo il 5% delle donne denuncia significa che c'è un problema in questo senso, no?

20131008-arslan-smirneHa scritto due saggi, uno sulle scrittrici italiane tra il 1800 e il 900 e l'altro sul romanzo popolare in Italia nello stesso periodo; in entrambi i saggi compaiono le parole “Dame” e “galline”, una cosa curiosa; per quale motivo ha scelto e riusato queste parole?
Il motivo c'è ed è divertente , le ho scelto apposta, ho un certo talento nell'inventare i titoli. Allora, “dame” perchè le protagoniste di questi polpettoni letterari ottocenteschi, mi riferisco ai feuilleton erano donne, le eroine; “droga”, perchè uno dei saggi è “Dame, droga e galline”, e la droga era un elemento comunisssimo prima, non era penalizzata, ovunque in città esistevano le fumerie d'oppio e ne facevano largo uso scrittori e non; le “galline” perchè Antonio Gramsci, che era anche un fine critico letterario, scrisse di Carolina Invernizio, la più grande autrice del romanzo popolare dell'epoca, scrittrice piemontese, fu da lui definita “l'onesta gallina della letteratura popolare”. Ma perchè dobbiamo parlare male delle galline? E' vero che le donne chiacchierano, ma è proprio dalla chiacchiera che nascono le storie interssanti, con lo scambio di informazioni, storie, racconti, la cultura orale è così che è nata.

Potrebbe descrivere il ruolo il modello della figura della donna all'interno della cultura armena?
C'è un enorme rispetto della donna. Le bambine armene nel 1915 in Anatolia erano tutte alfabetizzate, c'erano scuole anche femminili o spesso c'erano miste, i bambini e le bambine imparavano a scrivere, e tra l'altro l'alfabeto armeno era una cosa diversa, è stato inventato nel 1800 per salvaguardare la cultura armena, perciò i bambini imparavno due lingue. Le bambine imparavano tutto per motivi anche lungimiranti: si sapeva che c'era l'enorme rischio che i maschi della famiglia sarebbero stati massacrarati, sarabbero morti o sterminati, perciò nella prospettiva si mantenere viva la propria cultura e tradizione le donne venivano educate e avevano il compito di trasmettere questa cultura e filosofia ai figli. E' soprattutto nel mio ultimo romanzo “Il libro di Mush” che parlo della natura e del coraggio delle donne armene, donne che spesso restavano solo con uno o due figli da mantenere. C'è una famosa ninna nanna, che riporto ne “La strada di Smirne”, in cui quelle che cantano sono proprio le donne che hanno chiuso il dolore dentro se stesse, lavorando sodo per ricpostruire famiglia e identità devastata.

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Azzurra Scattarella
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