A Palazzo Lanfranchi, Matera — candidata a capitale europea della cultura per il 2019 — si racconta nel cinquantesimo del Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini. Una mostra importante, che riempie di sana curiosità i cittadini-visitatori
A cosa servono le mostre? Può sembrare una domanda retorica ma in realtà non lo è. Una interessante risposta si può trovare in ricerche pubblicate negli ultimi anni (come “Le mostre al tempo della crisi” curata da Guido Guerzoni) dove, con molta chiarezza si dice: «Gli eventi espositivi sono un importante strumento di valorizzazione del patrimonio artistico e culturale e costituiscono un fondamentale veicolo di diffusione delle produzioni più innovative, ma in Italia nel corso degli ultimi quindici anni la loro funzione è stata stravolta da una proliferazione che ha raggiunto livelli quasi grotteschi». Si parla di circa una nuova mostra ogni 45 minuti eppure continuano a chiamarli “eventi”.
Temi bizzarri e titoli pretenziosi invadono il calendario degli appuntamenti culturali di tutte le città, imbellettati sotto accostamenti esilaranti (“Van Gogh e Tutankhamen” è l'ultima creatura del re delle mostrie, Marco Goldin) che non possono nascondere una diffusa, disarmante pochezza scientifica (“Amore e psiche” vista al Serrone di Monza alcuni mesi fa rappresentata forse il punto più basso della pretestuosità). Ci si inventa di tutto con la speranza di richiamare folle di visitatori a cui dare in pasto “capolavori”, “emozioni”, “esperienze irripetibili”. Un po' come in quei circhi con i ragionieri travestiti da tigre.
Il Miracolo della moltplicazione dei pani e dei pesci. Catanzaro, Le Castella
Fotografia di Angelo Novi / Cineteca di Bologna
Una corsa alla spettacolarizzazione che molto raramente ha a che fare con la democratizzazione dell'arte e della cultura, l'ombrello sotto cui si riparano sovente i curatori per dare valore alle loro offerte commerciali. Ce lo spiega Tomaso Montanari, voce lucidissima di questo frangente storico disgraziato, che in un articolo su Il Fatto a proposito della mostra di Vermeer a Bologna scriveva: «Esibire la Ragazza con l’orecchino di perle (ma anche la Gioconda, o il David di Michelangelo) come una reliquia magica, isolata ed irrelata, non ha nulla a che fare con la conoscenza. E anche se ci sono in fila centinaia di migliaia di persone tutto questo ha anche poco a che fare con un’emozione autentica, spontanea, non indotta. Possiamo non vedere il problema, sul momento: tutto, anzi, congiura perché non lo vediamo. Ma, sul medio e poi sul lungo periodo, gli alberi si riconosceranno dai frutti: il marketing produce clienti, inconsapevoli e tendenzialmente infantili, mentre la conoscenza aiuta a formare cittadini consapevoli, disposti a lavorare alla propria maturazione».
Questa è — a nostro parere — la risposta alla domanda iniziale. Le mostre, come i musei e la cultura tutta, servono a formare cittadini più consapevoli. Non spettatori.
Pasolini con un gruppo
Fotografia di Angelo Novi / Cineteca di Bologna
Questa lunga premessa è necessaria perché quando poi si incontrano mostre serie, interessanti, davvero ricche di stimoli, si ha l'impressione di parlare di mondi diversi. E forse è davvero così.
A Matera è in corso a Palazzo Lanfranchi “Pasolini a Matera. Il Vangelo secondo Matteo 50 anni dopo”. Una mostra aperta fino al 9 novembre e curata da Marta Ragozzino (Soprintendente BSAE per la Basilicata) e Giuseppe Appella (Direttore del MUSMA) con Ermanno Taviani. A mezzo secolo dalla sua realizzazione, si ricostruisce il processo creativo del film, il contesto sociale, artistico e politico attraverso documenti, filmati, foto, d'epoca e attuali.
I curatori hanno saputo cogliere l'occasione per raccontare con abbondanza di particolari quel momento della cultura artistica italiana e della cittadina lucana, fondendo la ricorrenza del cinquantenario del Vangelo con la candidatura a Capitale europea della cultura per il 2019. Qui — è evidente — la pretestuosità non è di casa perché Pasolini volle fortissimamente che il film fosse girato nei Sassi. Voleva, come scrive Maurizio Cecchetti su Avvenire: «ricreare l’atmosfera “umile” che contrassegna il messaggio di Cristo, mentre Gibson (molti anni dopo con The passion, ndr) si aggrappa alla fascinosa scenografia dei Sassi per rendere con verosimiglianza quasi archeologica lo sfondo dove si svolge il sacrificio. E infatti ambienta una parte delle scene del suo film anche in un altro luogo del Materano, Craco, paesino fantasma, che si svuotò negli anni Sessanta divenendo un rudere arroccato, che per la sua fatiscenza eroica rende una certa idea del passato lontanissimo; Pasolini, invece, cercava altro, inseguiva il respiro arcaico dei Sassi. La loro forma vitale, avrebbe detto Warburg, consegnata a una povertà di forme e di stili di vita».
Viaggio in Lucania. Matera 1960
Fotografia di Mario Carbone
Matera, attraverso la mostra, così si racconta senza abbandonarsi all'oleografia stucchevole delle mostre autoreferenziali paesane, ma con il respiro che giustamente spetta ad una grande protagonista della storia sociale e artistica del Paese. Le testimonianze dedicate ora al regista ora alla città si intrecciano senza soluzione di continuità, Amerigo Restucci o Goffredo Fofi — fra gli altri — compongono tappe di un cammino coerente lungo i 3 piani dell'esposizione. Fofi in particolare, come dischiarano i curatori nella presentazione: «ci aiuterà a comprendere anche la dimensione figurativa del primo cinema di Pasolini, la sua cultura artistica ed il rapporto con il maestro Roberto Longhi, a cui dedica Mamma Roma. Forti sono infatti i riferimenti pittorici, diretti ed indiretti, specialmente agli antichi maestri del primo Rinascimento, richiamati ma non citati nelle immagini di Pasolini. Fofi ci parla di un Vangelo dirompente e dell’effetto di rottura che il film provoca. Ci introduce alla dimensione musicale del Vangelo e ci aiuta a capire il senso di Matera, perchè il regista sceglie la città dei Sassi, allora al centro della riflessione politica e culturale. Pasolini conosce il mito del meridionalismo, che deriva da Rocco Scotellaro e Carlo Levi, e grazie a loro è permeato da una visione della cultura contadina nuova e rispettosa. Matera è stata raccontata da molti, specialmente, negli anni immediatamente precedenti il Vangelo, da Rocco e i suoi fratelli di Visconti. Pasolini attraversa la stessa Matera di Visconti e trova, tra quei Sassi non ancora completamente abbandonati, l’ambiente ideale per costruire un Cristo contadino umano».
La disperazione delle Pie Donne ai piedi della Croce.
Fotografia di Angelo Novi / Cineteca di Bologna
Speriamo, in queste righe, di aver dato il nostro piccolo contributo affinché si comprenda la corretta funzione delle mostre e la loro differenza dalle mostrie. Da Palazzo Lanfranchi si esce carichi di stimoli, con la voglia di rivedere il film, di rileggere i romanzi, di andare per i Sassi a individuare i luoghi delle riprese; di ripercorrere la storia architettonica della città oppure quella sociale che ritroviamo dipinta nell'enorme tela di Carlo Levi custodita nello stesso edificio...
Le mostre importanti sono così, ci riempiono di sana curiosità.
PASOLINI A MATERA. IL VANGELO SECONDO MATTEO CINQUANT’ANNI DOPO.
Nuove tecniche di immagine: arte, cinema, fotografia.
Matera, 21 luglio – 9 novembre 2014I
Museo Nazionale di Palazzo Lanfranchi, Piazza G. Pascoli 1
Musma. Museo della Scultura Contemporanea. Matera, Via San Giacomo
ORARI
Museo Nazionale di Palazzo Lanfranchi 9.00-20.00, Aperto tutti i giorni.
Ticket €2,00, ridotto €1,00
Musma 10.00 - 14.00 e fino a settembre 16.00-20.00. Chiuso Lunedì.
Ticket € 5,00, ridotto € 3,50
La presentazione della mostra
Era il giugno del 1964 quando Pier Paolo Pasolini, alla ricerca della giusta ambientazione per il suo Vangelo secondo Matteo, scelse Matera come Gerusalemme e realizzò, tra i Sassi e l’aspro paesaggio della Gravina, sotto quel sole “ferocissimo e antico” che gli ricordava la Terrasanta, le più importanti scene del suo capolavoro.
Dopo cinquant’anni da quella straordinaria esperienza, che fu cinematografica ma anche culturale e spirituale e che fece conoscere l’immagine della città dei Sassi in tutto il mondo, Pasolini ritorna a Matera e in Basilicata con una grande mostra che ricostruisce, grazie ad una nuova narrazione resa possibile dall’accostamento di materiali e documenti diversi, in gran parte inediti o prodotti per l’occasione, l’ideazione e la realizzazione del film, nella cornice spettacolare dei luoghi in cui venne girato.
Un racconto polifonico che parla di cinema, di arte, di fotografia, di poesia, di scultura, di bellezza ma anche di trasformazioni sociali, rovesciamenti di paradigmi e soprattutto di piccole e grandi utopie. Una mostra che parla con le immagini, attraverso grandi visioni collettive e si rivolge a tutti, abitanti culturali e cittadini temporanei, che Matera accoglie volentieri in un anno speciale, in cui l’intera comunità è impegnata insieme nel viaggio verso l’Europa.
Dall’ideazione avvenuta a contatto con la Pro Civitate Christiana di Assisi, alla realizzazione, nell’estate del 1964, nel sud dell’Italia e in particolare a Matera, dove il regista ambientò il set principale, il percorso della mostra mette a fuoco il Vangelo e lo collega alla cultura e ai linguaggi artistici del tempo: alle nuove tecniche di immagine. Arte, cinema, fotografia restituiscono, attraverso un allestimento fortemente multimediale e interattivo che permette a tutti i pubblici una visita “speciale” ed avvincente, lo sguardo ampio e controcorrente di Pasolini, un pensiero critico originale, forse profetico, certamente attuale anche rispetto ai temi sacri, che il regista riesce a trattare con immensa umanità. La mostra sarà aperta da una intensa installazione visiva che richiama la performance realizzata dall’amico Fabio Mauri nel 1975, pochi mesi prima del brutale assassino del regista. Mauri proiettò il Vangelo secondo Matteo sul corpo di Pasolini e questa proiezione venne fotografata: grazie alle fotografie che scorreranno su un immenso schermo che i visitatori potranno attraversare sarà possibile rivivere una grande emozione multisensoriale.
All’interno del Museo Nazionale d’arte medievale e moderna di Palazzo Lanfranchi, il percorso della mostra si snoderà in tutti i diversi livelli dell’edificio, occupando in maniera significativa la maggior parte degli ambienti, completamente ripensati per l’occasione: dalla Chiesa del Carmine alla Sala delle Arcate, dove è allestita la sezione dedicata alla scultura contemporanea. Un’appendice di questa sezione trova collocazione all’interno degli spazi del Musma-Museo della scultura contemporanea di Matera.
Nel 1964 Pasolini scelse di realizzare il suo Vangelo nell’Italia meridionale e venne a girare in Sicilia, in Calabria, in Puglia e, soprattutto, in Basilicata. Matera divenne, grazie allo sguardo lungo del regista, Gerusalemme. Pasolini, che non aveva trovato in Palestina la cornice giusta per il suo Vangelo, ambientò nella città dei Sassi, considerati allora una “vergogna nazionale” per le tremende condizioni di vita dei loro abitanti, il set principale del film. Il magnetismo, le radici profonde, la storia antica di Matera riuscirono a conquistare uno dei maggior intellettuali del Novecento italiano (regista, poeta, scrittore) che, con il suo capolavoro, contribuì a fondare una nuova immagine della città, capovolgendone il destino. Da simbolo della barbarie e della subalternità delle classi contadine a patrimonio mondiale dell’umanità e oggi candidata a capitale europea della cultura, anche in nome di quella straordinaria armonia di paesaggio culturale e naturale che Pasolini fece conoscere al mondo intero.
Questa mostra racconta le vicende del film di Pasolini. Dall’ideazione -tra Roma, Assisi e la Palestina dall’ottobre del 1962 alla primavera del 1964- alla produzione e alla realizzazione nell’estate di cinquant’anni fa, fino alla presentazione al Festival del Cinema di Venezia e all’accoglienza che la critica del tempo riservò al film religioso del regista ‘scomodo’: comunista, omosessuale e non credente, che vinse il prestigioso premio della critica cattolica (OCIC).
L’idea è quella di restituire la storia e i luoghi del Vangelo (e l’immagine di Matera) attraverso una narrazione estremamente visiva, resa possibile dal montaggio creativo di documenti, dipinti, disegni, fotografie, spezzoni cinematografici, documentari, interviste prodotte per l’occasione a testimoni e figure esperte, materiale bibliografico ed anche oggetti, tra cui i costumi e la macchina da presa.
La mostra, divisa in sei sezioni, è aperta da un’installazione di forte impatto visivo all’interno della Chiesa del Carmine.
Nelle campate laterali della chiesa sono collocate dieci sculture che hanno il compito di richiamare l’attenzione sulle nuove tecniche artistiche sperimentate negli anni del Vangelo di Pasolini.
Davanti all’altare è allestito un grande schermo attraversabile sul quale scorrono le fotografie della performance Intellettuale. Il Vangelo secondo Matteo di/su Pier Paolo Pasolini. realizzata a Bologna nel 1975 da Fabio Mauri, che proiettò l’intero Vangelo sulla camicia bianca di Pasolini, a pochi mesi dalla sua tremenda morte. Oggi, grazie alle foto di Masotti, possiamo ripetere l’esperienza, passando attraverso il corpo di Pasolini sul quale si appuntano le immagini del suo capolavoro. Al di là dello schermo Goffredo Fofi ci introduce alla mostra.
La prima sezione si intitola La Fulgorazione figurativa. Il cinema di Pasolini 1960/1964. Si racconta il cinema prima del Vangelo anche attraverso una riduzione realizzata ad hoc dei primi film del regista friulano: Accattone, Mamma Roma, la Rabbia e soprattutto La Rocotta, episodio di Ro.Go.Pa.G, del 1963, sequestrato subito dopo l’uscita nelle sale, per il quale Pasolini fu condannato per vilipendio alla religione di stato. Narratore della sala è Serafino Murri.
Una grande fotografia di Pasolini seduto nel suo studio che ci guarda interrogativo, quasi colto di sorpresa, ci invita nella sala dal pannello del primo espositore, in cui sono esposti i documenti originali.
Dall’altra parte della sala, sul secondo grande schermo, le forti immagini de La Ricotta,
Nei quattro monitor scene di alcuni film interpretati da Pasolini (il Gobbo e Requiescant dell’amico Carlo Lizzani, Edipo Re e il Decameron); diverse interviste al regista, brani di repertorio, cinegiornali e interviste originali a Fofi e Graziella Chiarcossi, cugina di Pasolini.
Nei due grandi espositori presenti nella sala son conservati documenti originali riguardanti cinema e arte.
Nelle pareti interne degli espositori sono collocati 8 disegni di Pasolini.
Lungo le pareti della sala13 grandi fotografie illustrano aspetti anche inediti della vita culturale e sociale del regista
La seconda sezione si intitola Da Roma ad Assisi alla Palestina: l’ideazione del Vangelo e si snoda in tre successive spazi. Narratore è padre Virgilio Fantuzzi, critico cinematografico della rivista La Civiltà Cattolica, che ci introduce all’ideazione del capolavoro di Pasolini e ne illustra i momenti principali e il clima, legandoli alla situazione religiosa e culturale del tempo. Si richiamano, anche attraverso fotografie e documenti originali, i rapporti che il regista ebbe tra 1962 e 1964 con Don Giovanni Rossi, fondatore della Pro Civitate Christiana, che invitò Pasolini ad Assisi e gli diede poi forte sostegno. Incoraggiandolo anche a compiere un ‘pellegrinaggio’ in Palestina in compagnia di un sacerdote biblista per conoscere i luoghi del Vangelo, che il regista volle poi ambientare nell’Italia meridionale e specialmente a Matera. Nell’ultima saletta si proietta una riduzione del documentario Sopralluoghi in Palestina, diario del viaggio in Terrasanta. Nei monitor i racconti di Gianna Galiano testimone e volontaria di Assisi, che ricorda l’arrivo di Pasolini alla Cittadella nell’ottobre del 1962, e le parole di monsignor Francesco Angelicchio.
La terza sezione si intitola Matera come Gerusalemme: in questa grande sala si racconta la produzione e realizzazione del film. La scelta del sud, della Basilicata e il più importante set allestito a Matera, dalla fine di maggio del 1964. Narratore della sala è Ermanno Taviani, storico e esperto di cinema. A lui il compito di sintetizzare i contenuti e il percorso di lettura della sala, nella quale si illustra come, dopo lunghe riflessioni, i sopralluoghi in Terrasanta ma anche le riprese per il film-documentario Comizi d’amore, Pasolini decide si ambientare il Vangelo nelle regioni dell’Italia meridionale. Nel grande schermo la sovrapposizione delle scene del film agli stessi luoghi della Matera di oggi. Sulle pareti le straordinarie fotografie di Angelo Novi, fotografo di scena dei primi film di Pasolini. Di particolare effetto, oltre ai ‘fuori scena’, le fotografie a colori che ci permettono uno sguardo inedito sul film e 20 costumi del film, disegnati da Danilo Donati e scelti insieme a Gulia Mafai, che arricchiscono la dimensione fortemente visiva della mostra e si snodano in queste sale.
Nei 6 monitor la sintesi di Comizi d’amore di Pasolini, le interviste agli attori del Vangelo, ai testimoni di ieri e di oggi, tra cui Mario Rivelli della Gazzetta del Mezzogiorno che intervistò Pasolini e lo accompagnò in giro per i Sassi, come dimostra una grande immagine scattata da Rosario Genovese. Al centro della sala la macchina da presa Arriflex di Pasolini e altri oggetti, prestati dalla Cineteca Lucana.
Negli espositori materiali originali sulla realizzazione del film e sul set a Matera, tra cui la sceneggiatura originale di lavorazione stampata in due tomi dalla casa di produzione Arco Film. Nelle pareti esterne gigantografie di Novi, un pannello con i volti degli Apostoli e le mappe di localizzazione dei set del Vangelo in Italia, nelle regioni del sud e all’interno della città di Matera. Accanto quattro bellissime fotografie di Rosario Genovese che mostrano momenti delle riprese e Pasolini accanto alla cinepresa Arriflex. Pagine della sceneggiatura originale con appunti manoscritti di Pasolini a confronto con pagine della sceneggiatura con commenti dei sacerdoti che consigliarono e assistettero il regista. Nelle pareti interne articoli di cronaca sulla realizzazione, tra cui i reportages di Dario Argento che allora scriveva su Paese Sera. Ma anche materiali inediti che riguardano la lavorazione a Matera (l’elenco degli ambienti per la lavorazione e la richiesta di ambienti nei Sassi disabitati presentata dalla Arco Film, con i relativi permessi).
La quarta sezione, intitolata Il Vangelo nella critica del tempo, racconta la ricezione del film e la presentazione, con i consueti clamori, polemiche e gazzarre fasciste, al Festival del Cinema di Venezia, dove riceve diversi premi tra cui quello della Critica ma non il Leone d’Oro. La critica del tempo coglie immediatamente la grandissima importanza del film, tradotto in breve tempo in più di 50 lingue. Alla fine di settembre il Vangelo riceve, ad Assisi, il prestigioso premio della critica cattolica (OCIC) che dimostra l’interessamento e la profonda comprensione che una parte della Chiesa manifesta verso il capolavoro di Pasolini. Nella sala si narra la fredda accoglienza di una parte della critica marxista, che legge nel capolavoro un cedimento del pensiero del regista comunista.
Narratore in questa sala è nuovamente Serafino Murri, che mette a fuoco la ricezione critica del Vangelo.
Nel grande schermo una riduzione del Vangelo a cura di Studio Antani, che evidenzia gli spezzoni lucani e materani del film di Pasolini.
Nei tre monitor l’intervista a Mino Argentieri, critico cinematografico de L’Unità e Rinascita ma anche interviste a Pasolini, alla madre Susanna Colussi e un documento riguardante la serata parigina svoltasi in dicembre con Sartre.
Sulle pareti le fotografie straordinarie di Angelo Novi che raccontano il film e la vita del set a partire dalla serie della Passione, ambientata tra i Sassi e la prospiciente Gravina, dove il regista ambientò il Golgota e girò le scene della salita al Calvario.
Nelle teche, sopra alle quali è allestita la rassegna stampa del 1964, le lettere relative al premio dell’OCIC, molte lettere originali tra cui quella scritta da Pasolini a Don Giovanni dopo la sconfitta del film a Venezia ma anche la prima edizione della sceneggiatura curata per Garzanti da Giacomo Gambetti.
Nel secondo espositore si comincia a parlare di Matera. Riviste illustrate, un fascicolo turistico estremamente interessante e le prime fotografie che documentano la città in uno dei suoi momenti più complicati: ovvero quello dello svuotamento dei Sassi. Al proposito, la rivista Basilicata che nel 1966 pubblica l’intervento di Carlo Levi, del quale è esposto un autoritratto del 1949. Sulla parete dell’espositore una grande fotografia ritrae Levi e Pasolini alla consegna di un premio letterario. Nella teca esterna il volume del Cristo si è fermato a Eboli in prima edizione.
La quinta sezione riguarda Matera e si intitola Il sole ferocissimo e antico di Matera. Nella sala si racconta della Matera incontrata da Pasolini attraverso diverse rappresentazioni e documenti. L’occasione è preziosa per rileggere, attraverso le vicende del set tra i Sassi, un momento molto importante nella storia di Matera, negli anni della vergogna nazionale, dello svuotamento e abbandono degli antichi rioni. In sala documenti originali tratti dai principali archivi pubblici e privati della città, fotografie inedite di Matera di allora, preziosi schizzi di Vincenzo Baldoni, tra i primi ad effettuare una ricognizione nei Sassi ancora abitati, montaggio originale ad hoc dei film girati a Matera prima del Vangelo (La Lupa di Lattuada, Il Conte di Matera di Capuano, Gli Anni ruggenti di Zampa, Il Demonio di Rondi). Disegni e dipinti degli artisti che hanno guardato e attraversato Matera in quegli anni: Luigi Guerricchio, Mauro Masi, Antonio Masini, Rocco Falciano, Carlo Levi.
In un grande monitor l’intervista ad Amerigo Restucci, narratore e testimone, che racconta un momento speciale nella storia di Matera e anche la propria esperienza di ieri e di oggi.
Negli altri monitor importanti materiali d’archivio Rai e Luce: le visite di De Gasperi nei primi anni Cinquanta, i documentari di Ivens e Lizzani, i film di Di Gianni, le interviste di Trufelli ai bambini dei Sassi.
Sulle pareti le fotografie di Mario Carbone, fotografo e documentarista interessato all’indagine sociale, che nel 1960 realizzò un’ampia campagna fotografica in Basilicata, accompagnando Carlo Levi nel viaggio preparatorio per il grande telero Lucania 61. Puntando l’obiettivo su Matera Carbone realizza uno straordinario reportage di viaggio.
Ma anche fotografie di Giuseppe Rotunno, che accompagnò Visconti nel viaggio in Basilicata per Rocco e i suoi fratelli nel 1960, Aldo La Capra che guarda la città con sguardo attento e Rosario Genovese, che osserva i Sassi documentandone la vita ancora in corso all’inizio degli anni Sessanta
Nelle teche si parla di Sassi e nuova città, anche grazie ad un percorso fotografico nei Sassi, agli schizzi e progetti di Baldoni e alle immagini dei nuovi quartieri dello ‘sfollamento’ Sassi. Si affrontano i temi della società e della cultura: la vita culturale, l’associazionismo giovanile, il lavoro delle donne e la scuola, dedicata ai ragazzi ma anche ai più grandi.
Nel touch screen, come sempre, brani di interviste e spezzoni di film; oltre a fotografie, documenti, trascrizioni di articoli.
La sesta e ultima sezione, al secondo piano, nella Sala delle Arcate, è intitolata Tra Gruppo Uno e Gruppo 63. Nuove tecniche di immagine. Sculture di Gastone Novelli, Achille Perilli, Toti Scialoja. Nicola Carrino, Nato Frascà, Pasquale Santoro, Giuseppe Uncini.
Sono esposte 103 opere di grandi protagonisti della scena artistica dei primi anni Sessanta. Per raccontare attraverso la scultura contemporanea il dibattito sulle nuove tecniche di immagine che si riflette nello straordinario film di Pasolini. Narratore uno dei protagonisti, Nicola Carrino che introduce con sapienza alla mostra che ha un’importante appendice nel MUSMA-Museo della scultura contemporanea. Matera
Il progetto del Gruppo 63 (modellato sul tedesco Gruppo 47), avviato nel 1956 dalla rivista “il Verri” di Luciano Anceschi e allargatosi, come una ragnatela, a vista d’occhio, riesce a dar senso a una intera generazione che rifiuta la cultura crociana, irrita la cultura impegnata di quegli anni e al tempo stesso forma teorie, indica poetiche, partecipa a un’ideologia, si interessa alle sperimentazioni elettroniche di musicisti come Berio, Maderna e Stockhausen, inalbera ossessioni letterarie e visive, costruisce una sorta di abito mentale che a molti fa spalancare gli occhi sulla letteratura, sulla scrittura, sul rapporto con la realtà.
Il “Gruppo Uno”, fondato a Roma nell’ottobre del 1962 da Gastone Biggi, Nicola Carrino , Nato Frascà, Achille Pace, Pasquale Santoro, Giuseppe Uncini, già operanti “oltre la pittura informale”, con interessi ottico-percettivi (Biggi, Frascà, Pace, Santoro) e materico-oggettuali (Carrino, Uncini), indaga sul rapporto arte-società e propone l’analisi dei processi del fare e del vedere in una sua particolare area, differenziata sia dalla Op Art che dalla Pop Art, attraverso l’uso della forma geometrica primaria e dei materiali tradizionali e contemporanei.
Dal 1965, Carrino, Frascà e Uncini sviluppano la ricerca sulla tridimensione in rapporto allo spazio ambientale, esplicando inoltre attività didattica e di collaborazione nell’architettura e nella comunicazione visiva, cinema compreso.
Pasolini a Matera. Il Vangelo secondo Matteo 50 anni dopo. Nuove tecniche di immagine: arte cinema fotografia
La mostra è promossa da Comune di Matera, Comitato Matera 2019, Soprintendenza per i Beni storici, artistici e etnoantropologici della Basilicata e Lucana Film Commission con il MUSMA-Museo della scultura contemporanea di Matera. Con il sostegno di Regione Basilicata e APT di Basilicata e la collaborazione di Cineteca di Bologna, Archivio contemporaneo del Gabinetto Scientifico e Letterario G.P. Vieusseux di Firenze, Pro Civitate Christiana-Assisi, Archivio di Stato di Matera, Fondazione Istituto Gramsci Roma, Rai-Basilicata, CinecittàLuce, Cineteca Lucana, Archivi privati di Matera e Potenza (Baldoni, Buonsanti, Genovese, Padula, Palumbo, Vinciguerra, La Capra), Università della Basilicata.
Curano la Mostra
Marta Ragozzino e Giuseppe Appella con Ermanno Taviani