La festa per i settant’anni di Michele Sangineto al Teatro Manzoni di Monza del 23 Ottobre 2014
L
a festa artistico-musicale organizzata per i settant’anni di Michele Sangineto era stata annunciata come un evento di rilievo. Alcuni giorni prima il maestro liutaio aveva riferito: «Sono emozionatissimo per quanto stanno organizzando … i miei familiari desiderano fare una sorpresa, per cui mi hanno tenuto all’oscuro di tutto. So solo che quel giorno mi commuoverò». La festa musicale è stata patrocinata dal Comune di Monza. Venticinque le differenti performance, con il teatro Manzoni al gran completo. Un pool di volontari ha lavorato a tempo pieno, per realizzare un concerto che ha catalizzato l’attenzione degli spettatori dalle otto e trenta della sera fino alla mezzanotte. In chiusura, il discorso di Michele Sangineto:« Ringrazio tutti, avrei tanto da dirvi, ma lo sintetizzo. Nella vita la cosa più importante è l’amicizia». Subito dopo ha impugnato il salterio ad arco, suo strumento preferito, e ha suonato “Greensleeves”. Presentatore della serata è stato Roberto Bonzio, giornalista-storyteller mestrino impegnato a realizzare il progetto internazionale multimediale “Italiani di Frontiera”, caratterizzato da “makers”, persone motivate e animate dal desiderio di guardare positivamente al futuro, stimolando un utilizzo creativo e innovativo delle nuove tecnologie. Da venti anni ha compreso e valorizzato con articoli l’ingegno di Sangineto.
Con efficace sintesi ha simpaticamente narrato al pubblico il percorso di un “sogno” partito da un paesino della Calabria (Albidona), reso concreto in Brianza e, in seguito, diffusosi in varie parti d’Europa. Un sogno i cui esiti, in un altro Paese, sarebbero stati valorizzati già da qualche tempo. Un sogno che nella serata musicale monzese è stato reso vivo dalla vicinanza di numerosi amici musicisti, tutti proiettati verso il domani, ma con un’attenzione speciale per le tradizioni popolari, in vario modo interpretate. L’arpa è stata lo strumento conduttore del concerto, compresa quella denominata “2.0”, ultimo modello tecnologico costruito da Sangineto. Tra i suonatori tanti i nomi di rilievo. Fabius Constable e la “Celtic Harp Orchestra”, da Como; Antonella Pierucci, da Urbino; Mario Lipparini, da Bologna (suona un’arpa a corde in metallo costruita da Sangineto); Patrizia Borromeo, cantante e strumentista (ha studiato arpa classica ad Alessandria, ma vive e lavora a Milano); Stefano Corsi, fiorentino, che si è distinto con un brano per armonica a bocca e arpa. Sempre dalla Toscana (San Gimignano), è giunto Andrea Piazza con la sua arpa “tirolese”.
Myrdhin e Sangineto - Foto di Paolo Mercurio
Un duo giovanile ha suonato in rappresentanza del gruppo “Calicanto”. All’arpa Alessandro Tombesi, figlio del più noto Roberto, uno dei maggiori ricercatori di musica popolare nel Veneto. I momenti più pubblicizzati della serata sono stati quelli riservati a due virtuosi stranieri: Jochen Vogel (Germania) e Myrdhin (Francia). Il primo è stato introdotto da un video preregistrato, nel quale ha espresso riconoscenza verso l’amico Michele, per averlo stimolato da giovane a valorizzare le sue reali potenzialità di musicista. Vogel ha scelto di cantare e suonare una composizione lenta e ingraziante, con riff melodici scalari minimi. Dopo Vogel è entrata in scena Katia Zunino, arpista torinese, la quale ha bonariamente palesato la propria emozione nel suonare a seguito del concertista tedesco. Avrebbe dovuto esibirsi in duo con Fabio Rinaudo (membro storico dei Birkin Tree e dei Liguriani) il quale, purtroppo, ha dovuto declinare l’invito all’ultimo momento. Katia ha mostrato abilità nell’arpeggiare con varietà ritmica e razionale espressività, qualità ben applaudite dal pubblico. Myrdhin, bretone verace, si è presentato con tono dimesso, accattivandosi subito l’attenzione degli ascoltatori con un’introduzione strumentale secondo il suo tipico stile melodico, seguita dal canto in lingua.
Gli organizzatori hanno informato di aver colto l’occasione della venuta in Italia di Vogel e Myrdhin, per coinvolgerli in un concerto tematico (24 ottobre, a Villasanta) e in uno stage di approfondimento strumentale (26 ottobre, a Milano). Bravi i due musicisti esteri, ma l’applausometro è salito dopo l’esecuzione di Vincenzo Zitello, apprezzato strumentista sin da quando (anni Novanta) erano in voga le sonorità e le melodie tipiche della musica new age. Zitello ha confermato di possedere una tecnica invidiabile e di saper interpretare gli “umori” del pubblico. È un musicista di talento e di carattere, di recente distintosi anche come docente e organizzatore d’incontri sull’arpa popolare (a Viggiano, Pz). Nel rendere omaggio, Zitello ha voluto ricordare Sangineto come promotore di pionieristici concerti dedicati all’arpa, nei quali furono invitati, proprio a Monza, il noto virtuoso classico Nicanor Zabaleta e Alan Stivell. Per razionalità espositiva, ho nominato consequenzialmente gli arpisti presenti al concerto, ma nei fatti tali suonatori sono stati quasi sempre alternati ad altri strumentisti popolari. Da Bergamo, è giunto Valter Biella, carismatico riscopritore in Lombardia del baghèt, di cui è il più rinomato costruttore.
Sul palco si è presentato accompagnato da Alberto Rota e da Giusi Pesenti (ha suonato idiofoni a intonazione indeterminata). Ettore Castagna ha scaldato la platea con un medley di balli pastorali, scanditi da entusiasmanti ritmi eseguiti sfregando l’arco sulla lira calabrese. Durante l’esecuzione strumentale, vicino a lui hanno danzato Adriano e Caterina Sangineto, figli di Michele. Adriano si è esibito con diversi gruppi, mostrando le proprie abilità strumentali soprattutto con il suo Ensamble del quale fanno parte la sorella (cantante dalla voce limpida) e il chitarrista Tiziano Cogliati. Tra gli strumenti popolari non poteva mancare il violino. Senza preamboli ha conquistato la scena il “leone d’Ungheria”: Janos Hasur, da circa vent’anni residente in Lombardia. Il suo repertorio è vasto. Comprende musiche popolari dell’est ed ebraiche, quest’ultime apprese durante il lungo periodo di militanza nell’orchestra diretta da Moni Ovadia. Nell’esecuzione dal vivo, Janos ha abilmente fatto convivere i contrappunti violinistici con il suo tipico canto baritonale. A tempo di valzer, è stato cantato “Serenin” dal gruppo piacentino “Enerbia”, coordinato da Maddalena Scagnelli (voce e violino) e specializzato nel repertorio popolare delle Quattro Province. Il canto polivocale “a cappella” ha contraddistinto l’esecuzione della “Famiglia Sala”, gruppo comasco di formazione accademica che ha confermato invidiabili abilità tecnico-vocali, interpretando brillantemente un’originale armonizzazione di “Greensleeves”. Il “pater familias” dei cinque figli cantori, Paolo, è pianista e lavora come tenore alla “Scala”; la moglie è laureata in musicologia. I marchigiani Maurizio Serafini e Luciano Monceri (componenti degli “Ogam”) hanno duettato utilizzando il “kaval” (lungo flauto pastorale tipico dei Balcani e dell’Anatolia) e la chitarra.
Il giorno dopo all'Astrolabio di Villasanta - Foto di Pino Timpani
Sono gli organizzatori del “Festival Montelago Celtic Night”.Come attore, nella serata, si è distinto Marco Pagani,che si è cimentato in una trascinante versione comica del doppiaggio diun servizio televisivo riservato alla liuteria Sangineto. Da esperto cantautore si è esibito Franco Breda, con la canzone “Lombardia”, dedicata alla memoria di Herbert Pagani e di Jacques Brel. Da rilevare è lo stacco destinato alla consegna delle targhe-riconoscimento per l’attività culturale in ambito folclorico. Roberto Sacchi, Giustino Sodano, Ivano Carcano, Giovanna Motta, Giovanni Alcaini, Antonio Marchesi, Franco Brema, Giancarlo Nostrini (purtroppo assente). Una targa ricordo è stata consegnata all’anziano maestro di cornamusa Antón Corral, il quale ha commossamente donato a Sangineto il “puntero” di una cornamusa galiziana. Carlos Núñez ha inviato gli auguri all’amico liutaio tramite un filmato musicale nel quale si è esibito al flauto.Vari i gruppi “world”, tra cui i brianzoli “Doomballemo” (organetto, arpa celtica e percussioni); i milanesi “Celto Jazz”, che propongono una fusion di musica popolare e jazz; i piemontesi “Folkamiseria”, un po’ folk un po’ rock con l’uso di mezzi digitali. Strumenti moderni e popolari (ghironda, cornamusa, clarinetto basso, tastiere elettroniche, voce) sono stati usati anche dai “Picotage”. Una “jam session” è stata improvvisata da Louis Siciliano, Giampiero Beltrando e Adriano Sangineto. L’esecuzione è stata contraddistintadall’utilizzo creativo di una chitarra a fibre ottiche denominata (se ho ben compreso) “misakitara”. A lato del palco, vicino ai musicisti, per circa due ore, sopra un pannello di carta, ha ininterrottamente disegnato il madonnaro Mario Bottoli.
Nella composizione visiva, si è vagamente ispirato ad affreschi michelangioleschi, rappresentando il maestro Sangineto intento a porgere i propri strumenti agli angeli. Il pubblico monzese ha seguito con attenzione ed entusiasmo. Il concerto ha permesso di evidenziare come la musica popolare venga sempre più eseguita e variamente rielaborata da musicisti d’impostazione colta supportati dalla tecnologia.
Per la buona riuscita della serata, una menzione merita Ivan, tecnico del suono, il quale ha lavorato tutto il giorno per sistemare secondo scaletta microfoni e impianto audio. Per la mole del lavoro svolto a titolo gratuito, un elogio speciale meritano gli organizzatori e, in particolare, Paola, Adriano e Caterina, ideatori della festa musicale, rispettivamente moglie e figli del maestro liutaio. Caratteristici e avvincenti sono risultati gli interventi di Roberto Bonzio, talvolta riferiti a citazioni di etnomusicologi quali Lomax, Leydi, Guthrie. Oltre a un’eterogenea serata passata all’insegna della musica popolare, ciò che rimarrà impresso nella mente dei presenti è il calore degli abbracci rivolti a Michele Sangineto da parte di centinaia di amici e conoscenti, i quali hanno voluto testimoniare affetto, stima e riconoscenza per il suo operato artistico-culturale. A sala semivuota, sono stato uno degli ultimi a salutare il maestro. Era gioioso e visibilmente scosso dal turbinio d’imprevedibili emozioni. Gli occhi erano ancora lucidi e pulsavano di quella speciale luce che contraddistingue tutti i suoi strumenti musicali (non sole arpe). Come etnomusicologo ho già avuto modo di argomentare in merito ai suoi gioielli organologici (Cfr. Michele Sangineto in Blogfoolk). Sino a oggi Michele Sangineto è riuscito a conseguire numerosi risultati con determinazione e spirito libero. Con animo sempre giovanile, il suo sogno prosegue: ha davanti a sé molti altri importanti obiettivi da concretizzare, come sempre a beneficio della musica, dei musicisti e della spiritualità dell’arte.