Il 13 dicembre del 1964 “rinasceva” la storica biblioteca monzese. Ecco, nelle parole del suo direttore Giustino Pasciuti, cosa è oggi.
Per il cinquantesimo della Biblioteca Civica di Monza abbiamo chiesto al suo direttore Giustino Pasciuti di poter pubblicare la sua introduzione al volume che festeggiava il quarantesimo raccogliendo le lettere dei cittadini e dei suoi frequentatori.
40 ANNI FA LA NUOVA SEDE DELLA BIBLIOTECA
Durante i lavori di ristrutturazione su una parete bianca di calce il carboncino dell’architetto comunale Luigi Ricci tracciava il disegno dello spazio rinnovato e dell’arredo della Biblioteca, annotando: “Tutti i disegni relativi alla Civica Biblioteca si trovano sotto la tappezzeria del salone, quindi inutile cercarli nell’archivio dell’ufficio tecnico”. Luigi Ricci lasciava il messaggio della nuova biblioteca concepita nel suo spazio e dei suoi muri unici custodi del suo disegno. Il senso tracciato del progetto è oggi in una immagine fotografica che conserva il dettaglio dei tavoli, delle sedie, degli spazi attrezzati e della grande sala di lettura, delle postazioni di ascolto dei dischi, del “girabacchino”, l’espositore girevole delle novità librarie, del poligono del catalogo coi cassettini accessibili su quattro lati, dei divani e delle poltrone per sfogliare i libri e le riviste: sono i luoghi del lettore.
Le soluzioni del progetto del 1964 consentono ancora oggi di avvicinarsi ai libri e di intrattenersi nella biblioteca nel modo più naturale. Il progetto voleva, in effetti, che il lettore percepisse di trovarsi nel luogo dei libri senza sentirsi un accidente estraneo e pericoloso.
In basso a sinistra, ieri sul muro oggi sulla fotografia, il simbolo grafico della biblioteca del lettore e dei cittadini: una luna piena con tratti umani, lo stemma medievale della Città, non citazione colta ma dichiarazione di appartenenza antica, sigillata nella didascalia: “Biblioteca Civica di Monza Civium Lumen”.
Inaugurata la domenica 13 dicembre del 1964, la biblioteca non era solo più grande: i 600 mq originari (450 per i servizi e 150 per il pubblico con 32 sedute) si erano estesi fino 1400 (800 per i servizi e 600 per il pubblico con 164 sedute), ma la biblioteca era stata soprattutto pensata come spazio del lettore.
Quattro giorni dopo l’inaugurazione, il direttore Beppe Colombo, ricordava di aver sollecitato l’Amministrazione comunale: “Allestiamo una sede grande, accogliente, invitante tale che possa permettere di attuare tutte quelle iniziative che destino l’interesse verso il libro e certamente i monzesi corrisponderanno”.
A quarant’anni i monzesi dovevano avere un’occasione per “corrispondere” ed è stata inviata loro questa lettera:
“40 anni… Cara Biblioteca ti scrivo”
Sono davvero tanti i cittadini che frequentano e che hanno frequentato la Biblioteca. Generazioni di monzesi si sono avvicendate al banco del prestito, fra gli scaffali, nelle sale per studiare, per leggere, per fare amicizia, per dialogare, per polemizzare talvolta, per consigliare l’acquisto di un libro o di un periodico, per lamentarsi di un disservizio, per contestare una multa, per partecipare a una commissione di gestione per la stesura di un regolamento o per un’attività culturale. Ad alcuni di voi che siete stati o siete ancora utenti, amministratori, bibliotecari, vorremo chiedere una testimonianza.
Quarant’anni fa, il 13 dicembre 1964, veniva inaugurata la nuova sede della Biblioteca di Monza. La Civica era stata completamente ristrutturata per adeguarla alle esigenze della Città che cresceva col lavoro, coi servizi, con le scuole. La Città allora veniva invitata a leggere, per scoprirne il piacere, ma anche a riunirsi per parlare di cultura e per progettare la “sua cultura”.
Le nuove opportunità di lettura, di studio e di aggregazione si realizzavano, secondo il progetto della public library, nello scaffale librario aperto al pubblico, negli espositori delle novità editoriali, nella sala riunioni, nella sezione ragazzi e di storia locale, nei periodici e nelle riviste, nella grande sala di studio, nella fonoteca.
La nuova sede offriva un servizio moderno e accogliente che diveniva ben presto un fermento. La Biblioteca si apriva al territorio (Sistema comprensoriale Brianza 1968), quindi ai quartieri della città (Sistema Urbano 1976), poi ai paesi più vicini (Sistema Intercomunale 1986) e infine ai sistemi bibliotecari brianzoli (BrianzaBiblioteche 2003).
A quarant’anni dall’inaugurazione della sede vorremmo chiedervi una testimonianza per festeggiare il compleanno della Biblioteca, per ricordare, ma anche per capire quanto (e se) la Biblioteca sia stata della Città e dei suoi cittadini e quanto potrà esserlo ancora in futuro. Ritorna in mente il titolo di un film francese, più o meno coetaneo della Biblioteca: “Due o tre cose che so di lei”. Jean-Luc Godard filmava Parigi, la “lei” del titolo, per non perdere la memoria della città che andava trasformandosi ancora una volta.
E’ questo il senso dell’invito: narrare, secondo le modalità che vi sono più personali, per conservare la memoria e per “ricordare” il futuro. Raccontare “due o tre cose” della Biblioteca: un libro letto o un libro non trovato, un aneddoto, una poesia, un disegno, una fotografia, una delusione e un rifiuto, un personaggio, un bibliotecario, o anche, se volete, un’altra biblioteca semplicemente “desiderata”.
All’invito non hanno risposto in molti, forse l’imbarazzo di scrivere alla Biblioteca per i suoi quarant’anni faceva pensare che con una “lei” sulla soglia dei fatidici “anta” era conveniente soprassedere. Ma i ventotto che hanno risposto, senza imbarazzo, col cuore, con la memoria, col senso della consapevolezza di una storia partecipata da co-protagonisti, hanno detto che quello che era stato realizzato quarant’anni fa in biblioteca non era un semplice intervento estetico per una ruga di troppo dell’attempata “lei”. Spigolando fra le lettere, tanto ricche di ricordi, aspettative, notizie, nomi, attività, servizi, il rapporto fra il lettore-utente e la Biblioteca diventa ogni volta diverso e sinceramente ancorato all’esperienza vissuta.
La biblioteca è un luogo avvertito ora in forma immaginata:
“… me la figuro come un poligono a geometria variabile con tante facce, dentro un punto focale, il baricentro C come cultura”,
ora nella fisicità dei suoi odori e dei suoi rumori:
“…il tempo dello studio si confondeva con l’odore dei libri, con il plic-plic della fontana nel cortile, che segnava il tempo- senza tempo della lettura, o con il rumore leggero e inconfondibile della porta della grande sala”.
La biblioteca è un luogo diversamente fatato e avventurosamente arcano:
“un posto magico portatore di nuove possibilità”
“la notte in biblioteca per un’esperienza magica di lettura e racconto”.
In biblioteca si entra per un libro:
“Cercavo l’introvabile Bognetti e la sua Età longobarda per l’esame di Archeologia medievale. Nelle biblioteche milanesi il solito ritornello: già prestato. Nelle biblioteche universitarie: solo consultabile. Alla Civica di Monza era lì, disponibile al prestito…”
“Un ricordo è particolarmente vivo nella mia memoria: l’uso, in prestito, del libro degli Annali di Tacito, con testo a fronte… un’ancora di salvezza per la preparazione facilitata di un esame universitario”.
Cercando un libro, la mano paterna o la mano illustre conduce per la prima volta in Biblioteca:
“Mio padre, un giorno, spinto dalle mie continue richieste, e dovendo far quadrare il bilancio famigliare, decise di accompagnarmi alla biblioteca di Monza e di farmi la tessera, cercando di arginare il problema lettura”
“Credo di aver varcato per la prima volta la soglia della Biblioteca grazie a Manzoni… Ma lì, fuori della sala di consultazione c’erano sempre i cassettini carichi di storie… non riesco a cedere alla tentazione di portarmi a casa qualche libro per me, da gustare senza l’obbligo di citarlo in una lezione o di scriverne”.
La biblioteca è carica di vitalità e corre:
“… negli anni Settanta la biblioteca correva… il bibliobus, che pubblicizzava e vendeva (… gratuitamente) cultura, divenne così, per tre anni, una sagoma famigliare e catalizzante per i monzesi…”,
e cresce:
“Se posso fare un complimento alla biblioteca di Monza e contribuire con questo mio soffio a spegnere almeno una delle quaranta candeline, è quello di riconoscere, soprattutto negli ultimi anni, il desiderio di presentarsi come un immenso organismo vivente in perpetua evoluzione. Di avere promosso la lettura… impedendosi di diventare… un luogo immobile, pallido, morto”.
La biblioteca sta nella vita di tutti i giorni con la scansione del tempo dei nuovi incontri e dei nuovi bibliotecari, dei nuovi esami e dei nuovi libri di studio disponibili, con la spartizione del tempo fra impegni di studio, professionali e nella commissione di gestione:
“Vivo a Monza dal 1964, anno in cui è nata la nuova Biblioteca Civica… il mio legame forte con la Biblioteca di Monza è nato allora e per circa vent’anni è proseguito ininterrotto perché l’impegno sociale è diventato anche impegno professionale”.
“Alcune biblioteche hanno accompagnato momenti significativi della mia vita… Ma la biblioteca di Monza è stata la prima… il suo fascino legato alla scoperta dei cassetti delle schedine dai quali mi sembrava potesse scaturire di tutto”
“Ho cominciato parecchi anni fa, poco più che studente ginnasiale. E non ho più smesso. La Biblioteca mi ha sempre affascinato, per quel suo potenziale di lettura apparentemente infinito”
“Ho frequentato la sede del NEI durante i miei anni di studio… poi si finisce il percorso universatario e voilà, nuovi volti… sono tornata a frequentare la biblioteca – non quella del NEI ma la Civica- dove come giornalista mi sono occupata delle iniziative culturali”
“…data la fedele consuetudine a frequentarsi, così lunga nel tempo da farmi pensare che siamo cresciute insieme, tu in sapienza, io in età”
“Quando vinsi il concorso per un posto di bibliotecario a Sesto coronavo il sogno della mia ultima gioventù… Grazie a quei tascorsi, mi è capitato di essere nominato presidente della commissione di gestione: un onore inaspettato”
“Ogni scusa era buona per andare alla Civica… sino ad incontrare sguardi più loquaci dei testi raccolti con cui intrattenermi immaginando il futuro carico di attese”
La biblioteca è divenuta talvolta un’esperienza vissuta in comune fra generazioni diverse, fra padre e figlia e madre e figlia:
“Questa è una storia molto bella, una storia in cui padre e figlia, per situazioni diverse, si trovano a far parte entrambi della commissione biblioteca della nostra città… hanno dei progetti, proposte che racchiudono le esigenze delle proprie generazioni…”
“Carissima Beatrice, passerai la notte in biblioteca, per un’esperienza magica di lettura e racconto, insieme a tanti bambini… Tornando a casa mi sono ritrovata a pensarmi bambina, ho rivisto la mia prima biblioteca…”
“Veramente non ho dormito molto, eravamo tutti eccitati per la bella avventura e alle 7,30 i genitori erano già all’ingresso per portarci a casa. La notte magica era finita”.
La biblioteca è l’esperienza del bibliotecario, direttore e di quartiere, dell’amministratore, dell’utente della precedente “Civica”, del progettista della Civica e allora si riannodano i fili della sua storia:
“Mi permetterò di riandare coi ricordi addirittura a quando la tua sede era… in piazza Garibaldi”
“Mentre il Comune pensava ad un modesto ampliamento… io azzardai l’ipotesi di una completa ristrutturazione… Gli anni lontani del rinnovamento della sede restano nel mio ricordo come un tempo felice e irrepetibile”
“Se la prima intuizione di Ricci sta nell’invertire l’impostazione degli spazi, trasformando quello che era il magazzino librario in sala di lettura, l’idea risolutiva prende avvio dall’analisi del modo in cui si svolge la consultazione del lettore e la posizione del libro rispetto alla sala di lettura… ponendo le scaffalature “aperte” ai lettori… il libro perde il ruolo di oggetto appartato per divenire soggetto “tra” i soggetti”
“L’unico servizio che funzionava [nel quartiere Cederna Cantalupo] era la biblioteca. Io iniziai allora la mia esperienza di lavoro nel sistema bibliotecario. Mi fu subito chiaro che non sarebbe stato sufficiente organizzare la biblioteca secondo i suoi compiti tradizionali”
“Il consuntivo di questi quarant’anni è certo soddisfacente. Ciò non toglie che si possa e si debba fare di più per una città che cresce, oggi anche come capoluogo di provincia”.
Frequentando la biblioteca si insinua la percezione del tempo personale e del tempo storico:
“Entrare in biblioteca era una sorta di parentesi tra l’ieri ed il domani: leggere riviste, che gli studi avevano relegato nel tempo libero, ovvero nel mai; saltellare, consultando testi… richiedere testi ed attendere con curiosità il loro arrivo. Ero e mi sentivo utente… parola riconciliante con giornate di turbolente attese”
“Ricordo con piacere le ore passate nella sala dei libri antichi, perché le ragioni che mi hanno spinto ancora una volta ad entrarvi perdono l’urgenza delle cose da fare, e le ore che passano hanno una lunghezza diversa… Un libro antico, con il sottile, inspiegabile piacere che trasmette, non insegna la nostalgia, ma a misurare la distanza che divide quel tempo dal nostro, contribuendo, attraverso la conoscenza di quello, a farci conoscere la nostra storia presente.”
Non solo ricordi, ma progetto, immaginazione, esperienze di vita vissuta, le risposte giunte, tutte pubblicate, hanno la forma diversa che la biblioteca “dittava dentro”: dalla nota breve alla memoria parallela -fra vita quotidiana, impegno sociale, politico, amministrativo-, dalla cronaca di ieri, che oggi è storia, alla testimonianza che passa da una generazione all’altra. Tempo vissuto e non tempo perduto irrimediabilmente, poca nostalgia e alla malinconia del ricordo, quanti hanno scritto alla Biblioteca preferiscono mettere nel cuore, ri-cordare, il futuro: “non potrei vivere in una città senza una casa dei libri”, grati a Beppe Colombo e a Luigi Ricci.