A che cosa serve il patrimonio storico e artistico del nostro Paese? La recente vicenda della Galleria Civica di Modena dove l'arte è costretta a lasciare posto agli eventi gastronomici per l'Expo.
A che cosa serve il patrimonio storico e artistico del nostro Paese? La recente vicenda della Galleria Civica di Modena, che sembra un episodio isolato, di rilievo poco più che locale, in realtà ha precedenti ben individuabili a livello nazionale e avrà, con ogni probabilità, sviluppi futuri.
Le cose a Modena sono andate così: la “società Palatipico srl a cui aderiscono tutti i consorzi di tutela e delle DOP e IGP provinciali oltre al Consorzio Modena a Tavola, Modenatur e Artest” chiede al comune di Modena di poter usare per la durata di Expo 2015 la Palazzina dei Giardini. L’edificio venne costruito per il duca di Modena da Gaspare Vigarani (1588-1663), un architetto di statura internazionale (lavora in Emilia, ma anche a Roma e in Francia); i giardini ducali e la Palazzina vennero donati alla cittadinanza da Francesco III nel 1739: da allora sono e vengono sentiti dai modenesi come un luogo pubblico.
Naturalmente la società Palatipico sa che la Palazzina non è libera: dal 1983 è la sede che la Galleria Civica usa per le mostre di arte moderna e contemporanea, di architettura, di fotografia. Oltre un centinaio di esposizioni dagli anni Ottanta a oggi. “Ma che importa? – avranno pensato. – Che cosa c’è di più importante del Mercato?”; e poi si tratta solo di pochi mesi e le mostre già programmate da tempo le faranno da un’altra parte, con tutti gli spazi che ci sono…
A questo punto la società fa richiesta al Comune e il sindaco acconsente: la Palazzina diventerà il “Villaggio del Gusto”. Tutto questo senza che il direttore e lo staff della Galleria Civica fossero né consultati, né informati. Il direttore Marco Pierini si dimette e spiega le sue ragioni con chiarezza: l’obiettivo delle iniziative pubbliche deve essere il “turista consumatore” o il “cittadino consapevole?”. Le reazioni del sindaco sono, a loro volta, di una chiarezza disarmante: “La pubblica amministrazione ha ogni diritto a utilizzare i suoi spazi come meglio crede e questo progetto tra arte e gastronomia è una opportunità che penso sia di estrema qualità”. Come dire: chi è il padrone qui?
I tortellini e gli zamponi che sloggiano le opere d’arte, come ha titolato la stampa in questi giorni, sono la conferma che sul piano della cultura sono aperti due fronti: l’uno riguarda le imprese, l’altro la politica. Infatti è del tutto legittimo che le aziende, tanto più quelle che producono gastronomia di qualità, valorizzino la propria immagine richiamando lo sfondo storico e artistico del territorio in cui sono nate e operano. Ma utilizzare questo sfondo non è facile e non è privo di rischi: il confine tra buon uso della storia e cattivo gusto è quanto mai sottile. Dagli anni ’50, quando Mario Soldati conduceva in giro per il “Bel Paese” gli spettatori di Carosello per promuovere i prodotti Galbani, si è assistito a grandi oscillazioni di qualità; e talora si passò la soglia del grottesco, come in quella inserzione degli anni ’50 in cui si affermava che la cupola di San Pietro a Roma doveva la sua perfezione a una certa acqua minerale. Ed è di questi giorni il quadro di Van Gogh su cui schiaffa il proprio logo il “main sponsor” – si dice così – di una mostra che promette mirabolanti viaggi dall’Egitto alla Francia via Roma seicentesca.
Nel nostro caso modenese, è opportuno che la giusta promozione di prodotti tipici finisca col danneggiare lo svolgimento, altrettanto giusto, di iniziative culturali già programmate da tempo?
Ma un fronte ancora più caldo è quello dell’amministrazione pubblica. La scelta di non interpellare neppure il direttore parla da sé: è un’idea di politica in cui i tecnici sono sentiti come impicci e la cultura è vista come qualcosa che è a servizio. Adesso abbiamo bisogno dei “nostri” spazi e le vostre mostre andranno dove si può. “Cultura” e “contemporaneità” sono parole buone per le inaugurazioni, perché nonostante tutto e ancora per un po’ faranno tendenza. Poi vedremo.
Il fatto nuovo della Palazzina dei Giardini, infatti, è che nella vicenda sono coinvolti sia l’arte antica (un edificio del Seicento), che l’arte contemporanea (l’attività espositiva della Galleria Civica); tutte e due messe di fronte, come a un dato di fatto, a una visione strumentale della cultura, quali che siano le sue diverse declinazioni. Che vuol dire esattamente “progetto tra arte e gastronomia” (sono le parole del sindaco)? Che i prodotti tipici trovano spazio entro l’“arte” della Palazzina di Vigarani? Se questo è il “progetto”, è veramente ben poca cosa. In realtà il senso dell’operazione è semplicissimo: risponde all’idea di arte come scenografia, magari suggestiva, affascinante, o meglio ancora “emozionante” e “carina”. Arte (antica e contemporanea) come location.