Quante definizioni si possono dare alla cultura? cosa intendiamo per la sua valorizzazione? Nell'episodio 6 rispondono Annalisa Bemporad, Carmen Pellegrino, Elisabetta Bucciarelli, Domenico Ferraro e Antonetta Carrabs
La cultura sembra essere tornata al centro dell'interesse di tutti, ma di cosa parliamo esattamente quando parliamo di cultura? che cosa abbiamo in mente quando invochiamo la sua valorizzazione? E cosa non è cultura? Lo abbiamo chiesto a molte personalità attraverso 4 domande secche. Questo è il sesto episodio, qui la raccolta. Buona lettura.
- Una sua definizione, personale, della cultura.
- Cosa non è cultura?
- Qual è la funzione del patrimonio culturale?
- Cosa vuol dire, per lei, valorizzare il patrimonio culturale?
Annalisa Bemporad, operatrice culturale
- Non c'è UNA cultura, ci sono molte elaborazioni e creazioni dell'uomo e quindi molte CULTURE, e sono vive solo se si confrontano e si arricchiscono continuamente.I periodi più fecondi culturalmente sono nati dalle contaminazioni e dalle mescolanze. Fra egizi e greci e romani e etruschi, fra l'oriente e l'occidente, fra l'africa e l'europa, fra l'ebraismo, il cristianesimo e l'Islam eccetera eccetera...
- la paura del nuovo e del diverso. L'arroccamento da iniziati, la conservazione fine a se stessa. La vita culturale non è un di più, una ciliegina sulla torta, non si può chiudere in un caveau o in un cervello. Ghettizzarla significa inaridirla.
- La memoria, l'identità la ricchezza scientifica e culturale condivisa. Non è un PATRIMONIO è un 'eredità morale e materiale. Scritta, dipinta, scolpita pensata, suonata, cantata, studiata ricercata.
- studiare, identificare, far vivere, senza distruggere ma con spirito innivativo e utilizzando tutti i mezzi che abbiamo a disposizione. Investire risorse è indispensabile ma anche un po' di cervello e idee non guasterebbero.
Carmen Pellegrino, abbandonologa
- Esperienza del mondo e volontà di farne partecipi gli altri; volontà soprattutto di non tenersi tutto per sé perché solo ciò che non si dà muore.
- La compulsione nell’acquisire nozioni, specialmente quelle tese ad escludere gli altri, a contraddire gli altri, come se si fosse depositari di un pensiero elevato e superiore, da condividere con pochi prescelti. Per me questo è il contrario della cultura.
- Ricordarci che esiste la bellezza, in numerose forme e manifestazioni, e di questa bellezza noi siamo parte.
- Opporre resistenza tenace contro chi vorrebbe farci credere che in realtà non esiste alcuna bellezza.
Elisabetta Bucciarelli, scrittrice
- Cultura per me ha un significato che passa dai gesti e dal tempo. Non riguarda il passato, o non solamente, ma soprattutto l’imminente. E’ un participio futuro che contiene la terra da cui deriva, la semina, la crescita, lo sviluppo. Essenzialmente è avere cura, condividere, mettere in comune i pensieri e il nutrimento di cui abbiamo necessità tutti.
- Non è cultura l’intrattenimento, l’ostentazione del sapere, l’accumulo di informazioni, l’esibizionismo, il narcisismo accademico, i modelli imposti, tutto ciò che genera distanza e invece di suscitare stupore e meraviglia provoca abbandono e determina un senso di inferiorità nel prossimo.
- Creare collegamenti, legami, fare rete. Spargere semi che facciano nascere alberi, nutrirli di sostanze buone, ossigeno, aria, colori, forme. Allargare lo spazio e il tempo, rompere le barriere e scavalcare i confini.
- Renderlo accessibile a tutti e fornire delle chiavi di lettura per poterlo accogliere e com-prendere. Creare passione e stupore intorno alla bellezza. Far entrare nelle scuole gli artisti e i costruttori, i falegnami e gli equilibristi. Gli scrittori, i poeti, i musicisti e gli atleti. Solo chi fa può trasmettere passione. E solo la passione riesce ad assegnare il valore massimo alle cose. Dobbiamo provare a cambiare il punto di vista e riconoscere un valore a ciò che non si può comprare con i soldi o possedere in esclusiva, la Storia, l’Arte, l’Architettura, lo sport, la letteratura, la musica, dobbiamo rendere la bellezza indispensabile e restituire, condividere, mettere al mondo nuove possibilità di essere. La conseguenza sarà lo stato di necessità, non ne potremo più fare a meno.
Domenico Ferraro, docente e editore
- Un concetto da declinare al plurale, coniugandolo a quello di partecipazione, per indicare uno spazio aperto in cui uomini e donne possano incontrarsi in una prospettiva di condivisione e dialogo.
- Tutto ciò che invece evoca confini e steccati, separazioni ed esclusioni. Se cultura è un campo aperto, dove germogliano istanze ed aspirazioni sotto il soffio benefico delle idee, il suo contrario è l’aria asettica e rarefatta di una serra, dove accanto ad accigliati custodi di troppo angusti specialismi siedono spesso rozzi difensori di malintese identità, strumentalmente invocate a difesa di interessi di parte, privilegi ed egoismi.
- Nella molteplicità delle sue manifestazioni e nella pluralità dei suoi esiti storicamente determinati, raccontare la vita delle diverse comunità per riannodare il legame con il proprio passato, nel quale radicare anche la promessa di un futuro diverso rispetto a un presente scarnificato e, proprio per questo, assunto come orizzonte invalicabile dagli improvvisati laudatores del nuovo che avanza.
- Adoperarsi a favore delle differenze, reclamando ad ogni espressione dell’animo umano il diritto ad esistere, senza distinzioni né gerarchie, all’interno di una ‘biodiversità’ che, accolto nell’ambito alimentare ed enogastronomico, a maggior ragione dovrebbe essere affermato e praticato per quanto riguarda i patrimoni e le culture dell’uomo.
Antonetta Carrabs, Casa della poesia MB
- Con questo titolo la Repubblica, qualche anno fa, aprì un dibattito sull’iniziativa piuttosto vistosa dell’artista cileno Alfredo Jaar, che aveva disseminato sui muri e nella metropolitana di Milano una serie di poster e cartelloni che invitavano a riflettere sul significato della parola. Qestions, questions! Un’iniziativa che ricordava il problema della cultura e la responsabilità di farla. Oggi l’invito arriva da Vorrei e dal suo direttore, forse con lo scopo di risollevare un termine che ha perso da tempo la sua aura sacrale, che è divenuto una sigla d’obbligo e forse incolore nelle pagine serie dei quotidiani.
Mi chiedo: cos’è la cultura?Piuttosto che inseguire una precisa definizione, vista la quantità di spazi che il termine dovrebbe coprire, potrebbe essere interessante scoprire se indica un’origine ed una meta: per esempio quella ricerca di una verità o un bene assoluto.
Una cosa è sicura: la cultura è la storia. E’ la disposizione dei membri di una società ad affrontare la realtà attraverso conoscenze, credenze, valori. Li orienta nelle diverse situazioni che si presentano nella vita. Ogni individuo si realizza attraverso la cultura nel rispetto delle differenze individuali che devono essere uguali per le differenze culturali. Non esistono tecniche scientifiche che provano che una cultura sia migliore di un’altra: i costumi e i valori sono relativi alla cultura a cui appartengono. Sono cultura dunque l’economia, la politica, il galateo e la strategia militare, per non dire la religione, la scienza e la filosofia….. - Tutto ciò che non è Bellezza, tutto ciò che non contribuisce alla convivenza sociale e civile di un territorio. Tutto quello che non conferisce un senso, un significato profondo, una direzione alle cose, allo sviluppo in generale, all’adeguamento, ai valori che rendono sensato, ossia pieno di buonsenso, ciò che si realizza in una dimensione di valori, spiritualità, legami sociali…
- Viviamo in un Paese che ha il privilegio di detenere un patrimonio culturale e artistico unico al mondo. La funzione del nostro patrimonio culturale? Sicuramente è quella di segnare le tappe della nostra Storia. Le opere d’arte, i monumenti, i beni e gli edifici ci ricordano quotidianamente come siamo arrivati ad oggi e perché. Il nostro patrimonio culturale rappresenta un’enorme risorsa, un tesoro inestimabile: è la nostra memoria, la nostra identità. Ed è soprattutto per questi motivi che deve essere costantemente tutelato e salvaguardato. La sua salvaguardia è la salvaguardia del nostro passato e del nostro futuro.
- Bisogna creare l’integrazione con gli altri segmenti della società che consenta lo sviluppo e l’interazione con il privato oltre che con il pubblico. Ci ha pensato la crisi economica a decretare il definitivo fallimento di questa impostazione. Noi siamo convinti che sulla cultura non solo è necessario ma persino strategico investire. E sappiamo che la tutela del nostro patrimonio artistico, delle nostre eccellenze nel campo dell'arte, della musica, del teatro… rappresentano elementi imprescindibili dell’identità del nostro territorio sui quali puntare. Tutto ciò costituisce parte di una rivoluzione liberale conservatrice che deve essere anche, prima di tutto, una rivoluzione culturale. Non è più né auspicabile né sostenibile che le risorse per realizzarla provengano solo dal finanziamento pubblico. È necessario che i privati siano messi in condizione di entrare (e di restare), con i loro capitali, nel mondo della cultura attraverso la elezione dei progetti; non più fondi erogati a pioggia ma una nuova strategia di razionalizzazione e promozione degli investimenti, pubblici e privati. Bisogna sì contribuire alla manutenzione, alla promozione e all'accesso al patrimonio storico e artistico del nostro territorio ma soprattutto bisogna valorizzare e favorire l'espressione artistica, per non inaridire le sorgenti creative che rappresentano la vitalità briantea, promuovendo anche iniziative per i giovani artisti.
Nell'immagine un dettaglio di Segnali di Jannis Kounellis (1960-1961)