20150504 Twitter with Megaphone

Lezioni di sintesi, fra haiku, aforismi, riassunti e tweet

 

Sembra che l’uso di Twitter, la rete sociale che obbliga gli iscritti a non superare, nei messaggi inviati, i 140 caratteri, sia in crisi. Lo denuncia il suo stesso creatore, Dick Costolo, che assume su di sé pubblicamente la colpa della fuga di molti fan della prima ora. La causa: il moltiplicarsi di messaggi offensivi, minacciosi o volgari, che Twitter non è stato  in grado di escludere, a differenza di Facebook.

Ma io spero e credo che si troverà il modo per eliminare da Twitter  questo elemento  negativo, per fare emergere i rilevanti pregi che, a mio parere, questa invenzione logica e dialogica contiene. Il primo, enorme pregio di Twitter è quello di obbligare chi lo usa a limitare il messaggio a non più di 140 caratteri. Io  trovo quanto mai produttivo  e divertente l’esercizio di costringere il pensiero  che vorrei propinare ai miei lettori, che magari ho espresso con  500 o 250 caratteri, nella gabbia dei 140. Spesso scrivo qualcosa su Facebook, più o meno lunga. Poi la traduco su Twitter. 

Ad esempio, l’otto marzo scorso, su Facebook:

Da dire al 50% degli italiani che non votano:
“Il voto è lo strumento più forte e non violento che abbiamo in una società democratica, e non voglio che la gente dimentichi che c’è stato chi ha pagato col sangue per ottenerlo”.
John Lewis, leader del movimento per i diritti civili, tra i marciatori del Bloody Sunday sul ponte di Selma.

Tradotto per Twitter:

 “Non voglio che la gente dimentichi che c’è stato chi ha pagato col sangue per poter votare”.
John Lewis, tra i marciatori di Selma.

Insomma: per l’espressione del proprio pensiero, Twitter risponde bene alla regola di essere essenziali. E’ la stessa regola che, nelle scuole inglesi, obbliga gli alunni a redigere il riassunto di un libro in un numero limitato e preciso di parole, o che impone di introdurre  un lungo documento con  una sintesi, un “One page report” o comunque uno scritto breve e chiaro che contenga  il succo del documento, rimandando chi vuole approfondire l’argomento alle parti analitiche. 

Quando si scrive un pensiero in 140 caratteri, è molto importante cosa c’è dietro. Ci può essere infatti un impulso istintivo, non sorretto da adeguato studio o informazione.  C’è, cioè, il rischio di sentenziare, convinti di esprimere icasticamente una somma verità, che invece è frutto di preconcetti, modelli mentali mummificati, falsi sillogismi, salti d’inferenza, del tipo: 

“L’assassino è stato un albanese. Gli albanesi sono  tutti delinquentii”.

Bisognerebbe invece tener sempre presente la lezione Zen, di un fendente (o un tiro al canestro) veloce e preciso perché frutto di un diuturno esercizio.
Un frutto prezioso  della filosofia Zen è costituito dagli haiku. Ne cito uno particolarmente espressivo, di Shinomoto Saimaro::

Riflessa dal ruscello
la rondine si lancia.
Un pesce.

 Sicuramente i semplici twitter di Papa Francesco sono basati su una elaborazione profonda:

Se noi siamo troppo attaccati alla ricchezza,  non siamo liberi.  Siamo schiavi.

Non saprei invece  come classificare l’uso ben diverso che Matteo Renzi fa del Twitter. Egli lo usa per puntualizzare i fatti che testimoniano (o dovrebbero testimoniare) la progressiva attuazione del suo programma. Ad esempio:

Nel 2015 le tasse vanno giù con gli 80 euro per 10 milioni italiani e incentivi su lavoro (IRAP e assunzioni). Questi i fatti. 

Oppure per esprimere con immediatezza la sua posizione rispetto ad eventi rilevanti::

Resistenza, 70 anni dopo. Oggi sono a Marzabotto.
L'Italia intera ringrazia questa comunità
#ilcoraggiodi continuare a ricordare

E’ una scelta di trasparenza, rispettabile, che mostra come  si possa cinguettare nei modi più diversi e con i più diversi scopi, tutti legittimi e corretti.
Mi  piace tuttavia riflettere  sul fatto che il limite dei 140 caratteri è stato sostanzialmente seguito  dagli albori della storia nei più diversi modi.

Dalla scienza, come nel teorema di Pitagora:

In ogni triangolo rettangolo il quadrato costruito sull’ipotenusa
è sempre equivalente alla somma dei quadrati costruiti sui cateti.

Ma il regno del ”meno di 140 caratteri” è soprattutto il regno degli aforismi, che si perde nella notte dei tempi.
I romani erano particolarmente versati in questo modo di esprimersi, ma non si può parlarne senza pensare a  Michel de Montaigne che nel cinquecento  anticipò  di un paio di secoli l’enunciazione dei diritti dell’uomo, del rispetto reciproco e soprattutto dei diversi, dei supposti inferiori, degli animali, dell’ambiente. 
Per l’economia di questo scritto (e di Twitter) ne citerò uno solo:

“MI considero un uomo comune, eccetto per il fatto di considerarmi un uomo comune”.

Ma come tralasciare il fatto che Twitter è per sua natura “poetico”, al punto di poter stimolare la creatività, all’insegna del “Diventa chi sei” (citando ancora de Montaigne)?
Facendo tesoro dell’essere stato obbligato da severi  insegnanti ad imparare molti testi a memoria, comincerei con il ricordare i frammenti dei lirici greci, che le ingiurie del tempo hanno ridotto per lo più a meno di 140 caratteri. Ad esempio, quello di Saffo:

Tramontata è la luna
e le Pleiadi a mezzo della notte
Il tempo passa
ed io giaccio, sola
.

(Per la verità sto barando: la poesia ha un seguito, che a scuola non ci facevano leggere perché aveva una forte carica erotica, del tutto  scevra da pornografia. Vedi su Internet).

E come non pensare alle terzine dantesche, che con tre versi  descrivevano una persona, un fatto, un sentimento, un pensiero in modo essenziale. Tra gli innumerevoli esempi, mi ricorre spesso  alla mente la sfida di Dante ai suoi compagni di avventura, ormai “vecchi e tardi”, a  riprendere il mare  per andare oltre le colonne d’Ercole ad esplorare “il mondo sanza gente”:

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e conoscenza.

Non fu una bella idea. Egli convinse i compagni a fare “dei remi ali al folle volo”, ma alla fine “il mar fu sopra noi rinchiuso”. 
I sonetti, con il loro alternarsi di terzine e quartine, da Petrarca a Giovan Gioacchino Belli, offrirebbero una miriade di esempi.

 E’ bella la conclusione di “Er Giorno der Giudizzio” di G.G. Belli:

All'urtimo uscirà 'na sonajera
D'angioli, e, come si ss'annassi a letto,
Smorzeranno li lumi, e bona sera. »

Ma saltando a piè pari tanti secoli, gli esempi di poesie brevissime e immortali  del novecento offrono solo, come tweet,  l’imbarazzo della scelta. Famosa  quella di Quasimodo scritta, come dice Wikipedia, “sotto l'impulso di un'improvvisa folgorazione, secondo il criterio ermetico”:

Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.

Naturalmente viene subito in mente la versione  con cui il giornalista e poeta satirico Gino Patroni vinse un premio letterario:

Mensa popolare.
Una zuppa di verdura
ed è subito pera.

Una profluvie di esempi si potrebbero trarre poi dagli antichi epigrammi, dai canti popolari, dagli stornelli a dispetto, dai limerick irlandesi, dai fados, dai blues.
Ma vorrei tornare a reminiscenze scolastiche, a quegli acrostici  che servivano a ricordare  gli argomenti  delle lezioni da ripetere nelle interrogazioni. Come:

Ma con gran pena le reca giù.

Che serviva per ricordare la chiostra delle Alpi: Marittime, Cozie, Graie, Pontine, Lepontine, Retiche, Carniche e Giulie.
O quella che richiamava i nomi dei tre massimi drammaturghi della Grecia antica:

Eschilo signori,
che qui si Sofocle.
Ma attenzione, perché
le scale sono Euripide.

Potrei parlare anche di un tipo di espressione che dovrebbe trovare nel vincolo  dei 140 caratteri (in realtà molti meno)  l’ispirazione per informare i lettori  in modo essenziale e obiettivo: i titoli dei giornali. Ma meglio lasciar perdere, perché  è questo forse il tipo di letteratura che maggiormente tradisce il suo ruolo, prestandosi troppo spesso alla falsificazione della realtà.

Mi permetto di  chiudere con due haiku-tweet di nuova fattura, anch’essi di argomento ornitologico, come quello  originale già citato.
Uno di mia moglie, Maria Luisa Grimani aka Sarima Giha, che  come artista ha fatto della  traduzione di testi, poetici e non,  in immagini, la sua opera principale:

Non garrula primavera
Non voli di rondine.
Solo rimpianto.

E uno mio, che grazie a Twitter mi sono sorpreso  a ripensare in forma poetica, dopo i tempi  giovanili e il silenzio di una vita:

Sono uscito sul balcone
poco prima dell'alba
ed ho sentito nell’aria
il canto di un uccelletto.
Risveglio.

Gli autori di Vorrei
Giacomo Correale Santacroce
Giacomo Correale Santacroce

Laureato in Economia all’Università Bocconi con specializzazione in Scienze dell’Amministrazione Pubblica all’Università di Bologna, ha una lunga esperienza in materia di programmazione e gestione strategica acquisita come dirigente e come consulente presso imprese e amministrazioni pubbliche. È autore di saggi e articoli pubblicati su riviste e giornali economici. Ora in pensione, dedica la sua attività pubblicistica a uno zibaldone di economia, politica ed estetica.

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