Quante definizioni si possono dare alla cultura? cosa intendiamo per la sua valorizzazione? Un riassunto delle tantissime risposte raccolte e, infine, un nostro contributo.
La cultura sembra essere tornata al centro dell'interesse di tutti, ma di cosa parliamo esattamente quando parliamo di cultura? che cosa abbiamo in mente quando invochiamo la sua valorizzazione? E cosa non è cultura? Lo abbiamo chiesto a molte personalità attraverso 4 domande secche. Questo è l'epilogo, qui la raccolta. Buona lettura.
Di cosa parliamo, quando parliamo di cultura? Domanda da pantofolai, si direbbe. Basterebbe consultare il vocabolario Treccani online e fermarsi anche solo al primo lemma:
cultura s. f. [dal lat. cultura, der. di colĕre «coltivare», part. pass. cultus; nel sign. 2, per influenza del ted. Kultur]. –
a. L’insieme delle cognizioni intellettuali che una persona ha acquisito attraverso lo studio e l’esperienza, rielaborandole peraltro con un personale e profondo ripensamento così da convertire le nozioni da semplice erudizione in elemento costitutivo della sua personalità morale, della sua spiritualità e del suo gusto estetico, e, in breve, nella consapevolezza di sé e del proprio mondo: formarsi una c.; avere, possedere una discreta c.; uomo di grande, di media, di scarsa c.; gli uomini di cultura. In senso più concr., e collettivo, l’alta c., quella che si acquisisce attraverso gli studî universitarî, e le persone stesse (laureati o docenti) che ne sono gli esponenti; analogam., il mondo della c., gli ambienti culturalmente più elevati.
Ma ovviamente questo non potrebbe bastarci. Nelle scorse settimane abbiamo rivolto 4 domande a lettori, artisti, studiosi e personalità per provare a capire quanto si è d’accordo nel definire cosa è cultura e cosa; abbiamo inoltre chiesto quale sia la funzione del patrimonio culturale e cosa significhi valorizzarlo:
- Una sua definizione, personale, della cultura.
- Cosa non è cultura?
- Qual è la funzione del patrimonio culturale?
- Cosa vuol dire, per lei, valorizzare il patrimonio culturale?
Le risposte, molto numerose, sono raccolte in questa sezione della rivista. C’è chi ha risposto telegraficamente e chi ha voluto approfondire la questione, c’è chi si è mantenuto decisamente sul vago — ammettiamolo, qualcuno ha sfiorato la banalità — e chi ha colto l’occasione per porre la domanda a se stesso. Generalmente la definizione di cultura è intesa in maniera molto, molto ampia (giustamente, diciamo). È stato Alfredo Somoza a dirci, antropologicamente, «non mi posso esimere dal considerare cultura l’insieme della produzione materiale e immateriale dell’uomo diventata patrimonio collettivo riconosciuto. La riduzione del concetto di cultura alle manifestazioni cosiddette “alte” e alle persone “istruite”, è stato storicamente un valido supporto pseudo-scientifico all’impresa coloniale ottocentesca. Non esiste, in antropologia, un discrimine tra “arte-artigianato”, “musica colta-musica popolare”, “religione-credenze”. Sono tutte manifestazioni culturali di pari dignità con diverse fortune, diffusione, accettazione». Insomma cultura non è, di per sé, qualcosa di automaticamente “eccelso”: è cultura sia la rima baciata del poeta della domenica, che quella di Montale. Come dice Massimo Pirotta «Esistono le noiose diatribe tra culture “alte” e “basse”. Chi decide e per chi? Le culture sono fonti di emozioni, ecco perché sono querelle sul nulla. Nell’oggi del mercato delle armi, dell’abbondante uso di psicofarmaci, di guerrieri con lo smartphone, delle carestie, delle mafie e delle “pluridecorate” ingiustizie sociali, se vogliamo discutere di culture, mi viene in mente solo una cosa. Che potrebbe essere la vera scommessa futura e da vincere: quella di fare camminare insieme milioni di solitudini che popolano il pianeta»
In più di una risposta è venuta fuori la radice etimologica di cultura, infatti secondo Federica Boràgina «Per capire cosa significa cultura mi sono sempre riferita alla sua radice etimologica. Cultus, e quindi una coltivazione di cui prendersi cura. Credo voglia dire questo: una semina che non dà mai dei risultati definitivi ma è in continuo divenire» che fa il paio con Simona Cesana «La cultura è quello che si raccoglie dopo aver arato, seminato, coltivato il "bello", inteso in tutte le forme possibili». Facendo felici chi, come chi scrive, inorridisce quando sente parlare di “petrolio dell'Italia”.
È sul cosa non sia cultura che forse sono arrivate risposte più “personali”, come quella di Renato Ornaghi ad esempio «Tutto quanto non è trasmissibile. Quello che sto pensando, se non lo scrivo o non lo dico o non lo dipingo, non è cultura». Mentre per Alberto Zanchetta «Ciò che non produce valori intellettivi ed estetici, qualità morali e durevoli». Roberto Rampi addirittura non esclude praticamente nulla «Tutto è cultura a suo modo. La certezza è nemica della cultura. Il consumismo è nemico della cultura. La violenza, il fondamentalismo anche. Ma sono anch'esse culture». Mentre per Massimiliano Rossin non è cultura «l'inesausta volontà di esprimere giudizi su qualsiasi cosa, senza passare dalla comprensione». Fra le definizioni più gettonate quella adoperata, per esempio, da Carlotta Fumagalli «Tutto ciò che porta all'omologazione, all'impoverimento e appiattimento intellettuale, emotivo, spirituale, ciò che parla agli istinti più bassi dell'uomo e che soprattutto prolifica in questo impoverimento». Ignoranza, volgarità, mancanza di curiosità, è soprattutto questo a non essere cultura secondo i nostri interpellati, come Matteo Riccardo Speziali e Renato Sarti. Oppure, come dice Alfredo Colina «la maleducazione, l'intolleranza e il disinteresse e l'indifferenza». Anche il nozionismo non è cultura, come ci ha ricordato Carmen Pellegrino.
E il patrimonio culturale? Intanto cos’è. Per Ezio Rovida «È la memoria del mondo, un gran libro aperto per chi sa e vuole leggerlo». Per Annalisa Bemporad «La memoria, l'identità la ricchezza scientifica e culturale condivisa. Non è un PATRIMONIO è un'eredità morale e materiale. Scritta, dipinta, scolpita pensata, suonata, cantata, studiata ricercata». Per Alessandra Scarazzato « Il patrimonio culturale è la base dell'acquisizione di conoscenze e abilità che ci rendono cittadini attivi, della crescita sociale ed è fattore di sviluppo locale». Che già avvia il discorso sulla sua funzione. A cosa serve, infatti, in patrimonio culturale? Per Chiara Spinnato a «Farci capire chi siamo». Per Michela Tilli «per nutrire lo spirito e coltivare l’identità della comunità, ma anche la consapevolezza delle differenze». Secondo Vera Dell’Oro «La funzione del patrimonio culturale è la sua massima condivisione, affinché germini in continuazione». Per Elisabetta Bucciarelli «Allargare lo spazio e il tempo, rompere le barriere e scavalcare i confini». È un ponte fra il passato e il futuro da costruire per Domenico Ferraro «Raccontare la vita delle diverse comunità per riannodare il legame con il proprio passato, nel quale radicare anche la promessa di un futuro diverso rispetto a un presente scarnificato e, proprio per questo, assunto come orizzonte invalicabile dagli improvvisati laudatores del nuovo che avanza».
Per Agnese Ermacora «Esporre la cittadinanza alla bellezza, affinché possa avere uno strumento in più per essere migliore». Bianca Trevisan ha coniato forse la definizione che più ci ha emozionato «Il patrimonio culturale è il primo strumento di conoscenza per il cittadino. Attraverso di esso nasce il senso di appartenenza alla comunità». Piacerebbe sicuramente a Tomaso Montanari che a questo concetto ha dedicato uno dei suoi libri più belli, Le pietre e il popolo.
Infine, cosa vuol dire “valorizzare” il patrimonio culturale? Per Luigi Rossi «Rileggere e attualizzare le storie per aiutare i giovani e non solo a orientarsi nella attualità». Per Michele Saponaro «Tutela e recupero. Senza una grande attenzione verso il patrimonio culturale, non ci può essere nessuna forma di valorizzazione». Per Monica Villa «Significa dare voce a tante voci, lavorare per ottenere una coscienza sociale, politica e territoriale». Per Elio Talarico, valorizzare « investire in cultura, che non è la semplice messa a disposizione di risorse finanziarie per produrre eventi, ma è un lavoro puntuale che parte dall'analisi della domanda, la conoscenza dell'offerta disponibile e dalla individuazione di una regia che stimoli la produzione culturale spontanea e dal basso e, nello stesso tempo, valorizzi la storia e le radici di una comunità in un processo che chiamerei "contaminazione evolutiva"». Per Luigi Abiusi «Proteggerlo, poi mostrarlo, poi spiegarlo (se necessario), poi sovranazionalizzarlo». Il conservatore (museale) Dario Porta sottolinea che « Per me valorizzare il patrimonio culturale per prima cosa vuol dire conservarlo. Vuole anche dire riconoscerlo, sembra ovvio ma non lo è. In Italia soprattutto, non è infrequente che ci sia la necessità di "additarlo" fisicamente questo patrimonio culturale». Antonetta Carrabs pensa a quello che sarà un domani patrimonio culturale «Bisogna sì contribuire alla manutenzione, alla promozione e all'accesso al patrimonio storico e artistico del nostro territorio ma soprattutto bisogna valorizzare e favorire l'espressione artistica, per non inaridire le sorgenti creative». Mentre Vittorio Pozzati ha indicato a chi spetti il compito «Ciascun soggetto/comunità per riconoscersi come tale non può far altro che valorizzare, preservare, investire in tale patrimonio: pena l’estinzione e del soggetto e della comunità». E Fabrizio Bottini in quale assetto «Una proprietà e/o controllo pubblico, anche se ben inserito negli aspetti virtuosi (che ci sono) del mercato».
Non tutti gli intervistati sono citati in questo piccolo riassunto della nostra saga, perché sono tantissimi e perché non è — non può esserlo — un discorso chiuso. Pensiamo sia fondamentale definire il campo quando si avvia un confronto e pensiamo, con questo lavoro di raccolta, di aver dimostrato come non sia affatto scontato che si parli delle stesse cose, degli stessi strumenti, degli stessi linguaggi.
Infine, ci permettiamo di dire la nostra. Per chi scrive è cultura ciò che permette di avere gli strumenti per scegliere. Per noi cultura è consapevolezza. È, poi, patrimonio culturale la sostanza (materiale e immateriale) che porta alla consapevolezza. Valorizzarla significa fare in modo che la consapevolezza sia quanto più diffusa possibile. Come vedete, per noi non è una questione di biglietti venduti e palazzi in affitto. Per noi la cultura ha un valore, non un prezzo.
Nell'immagine di apertura un dettaglio tratto da “Take care of yourself” di Sophie Calle