Un appello di Renato Ornaghi: «Vorrei davvero incontrare, tramite i lettori, un musicista (brianzolo o non) interessato a cimentarsi nello scrivere musica utilizzando una scala musicale completamente nuova»
Questa volta sono io a scriverlo: Vorrei. Vorrei davvero incontrare, tramite i lettori, un musicista (brianzolo o non) interessato a cimentarsi nello scrivere musica utilizzando una scala musicale completamente nuova: la scala φ-tonale. Utilizzo proprio il titolo di questa bella rivista del territorio: Vorrei, interpretandone lo spirito creativo per lanciare un ponte, un invito a un compositore desideroso di uscire dal già sentito per cimentarsi in una sperimentazione dai confini ed esiti tutti ancora da esplorare, ma con almeno il marchio dell’assoluta novità. Comporre appunto utilizzando una nuova scala musicale, chiamata φ-tonale.
Dove il simbolo φ (lettera greca, letta phi) è da intendersi come la sezione aurea (considerato il “numero” del creato per eccellenza, basato sulla serie numerica di Fibonacci e alla base di innumerevoli fenomeni fisici e naturali, nonchè utilizzato in numerosi e celebri capolavori dell’arte e dell’architettura). φ è forse il numero irrazionale che, insieme al numero π, più ha influenzato nei secoli l’arte e la cultura umana.
Chiamato anche costante di Fidia, divina proporzione o rapporto aureo, φ è come si è detto un numero irrazionale (cioè non riconducibile a un rapporto tra numeri interi). Questa è la formula matematica che determina il valore irrazionale di φ:
Sia per le sue proprietà geometriche e matematiche, sia per la sua frequente riproposizione in molteplici contesti naturali, artistici e culturali, il numero φ ha ispirato per secoli nella mente dell'uomo la conferma dell'esistenza di un rapporto tra macrocosmo e microcosmo, tra Dio e uomo, universo e natura. Numerosi filosofi ed artisti sono arrivati a vedere nelle sorprendenti proprietà del numero φ un ideale di bellezza e armonia, spingendosi a ricercarlo e a riproporlo quale canone definitivo; testimonianza ne è la storia del nome φ, che nell’arte e nella cultura ha assunto come si è visto gli appellativi di aureo o divino.
La musica non è certo rimasta immune dalla suggestione per questo affascinante numero: molti ritengono che in essa sia infatti centrale il ruolo della sezione aurea. A sostegno di questa tesi vengono ad esempio richiamate alcune particolarità strutturali di strumenti come il violino e il pianoforte. Bartók e Debussy sono solo due tra i compositori che hanno usato in musica il concetto di sezione aurea, ma se ne potrebbero menzionare molti altri, tutti operanti tra la fine del XIX secolo e il XX secolo. In questo articolo si utilizzerà dunque la sezione aurea come fonte di ispirazione musicale da un punto di vista completamente nuovo, attraverso la creazione di una nuova scala musicale: la scala φ-tonale.
Com’è costruita la scala φ-tonale
La scala musicale φ-tonale riproduce al suo interno una successione di suoni nella quale il numero della sezione aurea è la chiave generatrice fondamentale. Essa tuttavia risulta alquanto diversa dalle altre scale conosciute, siano queste tipiche della cultura occidentale oppure appartenenti a sistemi musicali estranei al nostro (come l’indiano, il cinese, il vietnamita, ecc.). Per spiegare meglio in cosa si differenzi radicalmente la scala φ-tonale dalle altre scale musicali conosciute, è opportuna una brevissima digressione sulle scale musicali (a beneficio della comprensione per chi non sia particolarmente addentro alla teoria delle scale) e su come le note musicali di queste vengono generate.
Le scale musicali “pitagorica” e “naturale”
La scala pitagorica è tra i più primitivi sistemi di scale musicali, utilizzata a lungo nella musica più antica per la costruzione dei suoni in una specifica melodia. Conosciuta in Mesopotamia fin dal IV millennio a.C., nella tradizione occidentale essa è stata attribuita a Pitagora; fu utilizzata nell'antichità in Grecia e nell'Oriente, in Cina e poi in Giappone. Questa scala musicale è basata con rigore matematico sull'intervallo di quinta (Do-Sol, rappresentato dal rapporto delle frequenze dei suoni 3/2) e di ottava (Do-Do, rapporto delle frequenze 2/1). Fu questa la scala adottata nella musica medievale: essa soddisfaceva le semplici esigenze della composizione monodica del tempo, in cui gli accordi conclusivi contenevano solamente ottave e quinte.
A partire dal XV secolo si affermò tuttavia un uso sempre più frequente degli intervalli armonici di terza e sesta, che nella scala pitagorica risultano poco consonanti. Nel XVI secolo pertanto il musicista veneziano Gioseffo Zarlino nel suo Le istitutioni harmonicae (1558) propose una scala naturale, utilizzando altri intervalli consonanti nella scala ossia (oltre alle quinte e quarte pitagoriche) le terze maggiori rappresentate dal rapporto di frequenze 5/4 e quelle minori rappresentate dal rapporto 6/5.
La scala naturale di Zarlino è una scala musicale di chiara ispirazione pitagorica e in quanto tale basata sulla successione di suoni armonici, con però alcuni perfezionamenti: essa identifica una progressione di note che collega la frequenza di una nota alla successiva attraverso un rapporto di numeri interi, come segue:
Pur essendo affascinante nella sua costruzione matematica, il problema di questa scala (che pure amplia alquanto il registro espressivo della frase musicale rispetto alla pitagorica), è che essa crea seri problemi di accordatura negli strumenti a intonazione fissa (pianoforte, chitarra, ecc.): è infatti necessario intonare nuovamente tali strumenti ad ogni cambio di tonalità. Sia per superare questo limite, sia per la necessità compositiva di poter effettuare modulazioni in diverse tonalità, i teorici musicali del XVIII secolo lavorarono nel cercare una soluzione tale da “aggiustare”, “temperare” la scala naturale, rendendo tutti gli intervalli tra i toni e i semitoni della scala equi, cioè uguali, in grado suonare omologamente in tutte le tonalità. Le soluzioni per rendere equa, “equalizzare” la scala naturale furono diverse, note in area musicale tedesca come buoni temperamenti e oggi spesso definiti temperamenti inequabili.
Il clavicembalo ben temperato di Bach (1722) fu la prima opera musicale che esplorò sistematicamente le grandissime potenzialità espressive del temperamento: a partire dal successo di quella, esso fu quindi rapidamente recepito. Ed è dunque ormai due secoli è quindi pacificamente adottata nella cultura musicale occidentale la cosiddetta scala temperata (cosiddetta a “temperamento equabile” a dodici semitoni, nella tecnica musicale nota col codice 12-tET). Tale scala consente di suddividere toni e semitoni in intervalli equidistanti e - finalmente - consente la piena modulazione nella frase musicale in tutte le dodici tonalità della scala, negli strumenti a intonazione fissa. Data l’importanza della scala temperata (che è alla base della musica classica o popolare che ascoltiamo ogni giorno alla radio), è più che mai opportuna – anche per poi comprendere la scala φ-tonale - una breve analisi della stessa.
La scala musicale temperata (12-tET)
Come si è visto, Il temperamento equabile in un sistema di costruzione della scala musicale è basato sulla suddivisione dell'ottava (cioè dell’intervallo tra due suoni aventi uno il doppio della frequenza dell’altro) in intervalli tra loro esattamente uguali. Nell'uso occidentale più diffuso (e ormai monopolizzante, tant’è che lo ritroviamo sempre negli strumenti ad accordatura fissa, in un qualsiasi negozio di strumenti musicali), l'ottava è “equamente” suddivisa in 12 parti (dette semitoni). Il temperamento così costituito, codificato come si è detto 12-tET, è il temperamento per antonomasia per il 99,99% dei musicisti occidentali.
Abbiamo già visto che questa scala è stata denominata “scala temperata” in quanto determina un leggero "aggiustamento" dei gradi della scala naturale, in modo da dare uniformità ai vari tipi d’intervallo, eliminare le ambiguità armoniche tra tono maggiore e minore e consentire la modulazione armonica tra le varie tonalità. Per questo motivo e grazie al fatto che la musica romantica e post-romantica del XIX secolo beneficiò grandemente di tale impianto formale, tra tutti i possibili temperamenti equabili il 12-tET è quello che ha preso generale diffusione, sia nella musica cosiddetta colta sia nella musica popolare.
Come si costruiscono le note della scala 12 tET? Qui occorre iniziare a introdurre un po’ più di matematica: nella scala 12 tET entrano in gioco i numeri irrazionali, in particolare la radice dodicesima del numero 2. Dato che infatti l’intervallo musicale di ottava è espresso dalla frazione 2/1 (in quanto la frequenza dei suoni raddoppia ad ogni ottava crescente e si dimezza ad ogni ottava decrescente), il rapporto di frequenze che identifica il semitono temperato nella scala di 12 semitoni è il numero irrazionale S . = 1,059463…
Fate anche voi la prova, moltiplicando 12 volte per se stesso il numero S, si ottiene il numero 2:
S x S x S x S x S x S x S x S x S x S x S x S = 2
Partendo quindi dalla nota La centrale (La3) sulla tastiera del pianoforte, che ha frequenza 440 Hz, moltiplicando 12 volte il numero 440 per il numero irrazionale S si ottengono in sequenza le 12 note della scala 12-tET, sino a giungere al La successivo un’ottava sopra (La4) a 880 Hz. Per ottenere il La# (un semitono sopra il La3), la frequenza da generare sarà dunque: 440 x 1,059463 = 466,2 Hz. E così via per tutti i dodici semitoni della scala.
In questo modo, i dodici semitoni coprono esattamente ed equanimemente l'intervallo di un’ottava, secondo questo schema:
La scala temperata 12 tET, con i suoi 12 semitoni modulabili equanimemente in tutte le dodici tonalità sulla tastiera del pianoforte, ha indubbiamente rappresentato un fondamentale punto di arrivo per la cultura musicale occidentale, dall’epoca barocco sino alla musica romantica e moderna del secolo scorso (ma anche nella musica pop, rock e jazz). Essa è di fatto al cuore della musica che oggi tutti noi conosciamo e ascoltiamo. E tuttavia ogni sistema formale artistico e culturale - come ben si sa - evolve, esige continui sviluppi. Vedremo ora quelli più recenti, per poi arrivare finalmente alla scala φ-tonale (che è poi il vero obiettivo di questa lunga - ma converrete, necessaria - digressione sulle scale musicali).
Gli sviluppi più recenti: le scale microtonali
Per microtonalità si intende l'uso di qualsiasi sistema di ripartizione dell’intervallo musicale di ottava che sia considerato "inusuale" o "diverso" per un determinato ambito culturale. in molti contesti del XX e XXI secolo, ad esempio, si parla di microtonalità per qualunque accordatura per tastiera o chitarra diversa dalla divisione dell'ottava in 12 semitoni uguali (i nostri 12 semitoni equamente temperati, ovvero l’ormai ben nota e più volte menzionata scala 12-tET).
I suoni che uno strumento microtonale appositamente progettato può generare si collocano su divisioni alternative di intervalli all’interno dell'ottava. Ad esempio, un compositore microtonale può scrivere in un sistema di scala che suddivida l'ottava in 17, 19, 22 o 31 parti uguali. La ragione che lo spinge a fare ciò è semplicemente di ricerca e di evoluzione del proprio linguaggio musicale: qualsiasi particolare divisione dell'ottava impone di fatto l'utilizzo di alcuni rapporti armonici ed impedisce l'uso di altri, esplorare le varie sfumature della tavolozza musicale è uno dei compiti e obiettivi del compositore che non vuole fermarsi.
Solo per fare un paio di esempi, la scala a diciannove semitoni 19-tET permette di utilizzare molte variazioni armoniche esotiche come quelle che si sentono nella musica mediorientale mentre la scala 31-tET ha a detta di alcuni compositori un suono particolarmente calmo e distensivo.
Ogni artista vero desidera ama conoscere al massimo il materiale di cui dispone, e soprattutto vuole andare oltre i linguaggi che già conosce. Le scale microtonali offrono questa possibilità di emigrare da regole già note (il sistema 12-tET, dopo l’esplorazione effettuata della cosiddetta musica dodecafonica, ha in sostanza esaurito le sue potenzialità espressive come sistema di segni). Una scala particolare nell’ambito microtonale è la 24-tET, che non fa altro che “spaccare il capello” del tono della scala temperata in quattro, suddividendo l’intervallo di ottava in 24 anziché 12 suoni equidistanti e giungendo alla frammentazione del semitono in due parti proporzionalmente identiche. Tutta la nostra musica occidentale – basata sui 12 semitoni della 12iET – è pertanto un “sottoinsieme proprio” della musica microtonale 24-tET. Ma è ora giunto – e finalmente, direte – il momento di parlare della scala φ-tonale.
Un’ulteriore evoluzione musicale: La scala φ-tonale
Con l’avvento della microtonalità si è passati come si è visto dalla divisione dell’ottava in 12 semitoni equidistanti a divisioni della medesima in altri multipli o sottomultipli, esplorando sistemi musicali che aprono nuovi orizzonti al compositore. Ma anche le scale microtonali (e qui sta il punto cruciale) pongono ancora un ultimo forte vincolo: tutte le possibili suddivisioni microtonali non hanno minimamente scalfito quello che è l’intervallo musicale base e più importante: l’intervallo di ottava (ovvero, quello tra due note omonime ma una avente frequenza doppia dell’altra). Un intervallo questo che, anche più complessi sistemi di scala generati dalle varie culture musicali, è rimasto sempre immune e per nulla scalfito.
Come suonerebbe mai una frase musicale, priva di questo fondamentale intervallo? Intervallo che è talmente fondamentale e fondante al punto tale che in qualsiasi sistema musicale non ci si è mai posto il dubbio di farne a meno. L’intervallo di ottava – mutatis mutandis – è dunque una sorta di Quinto Postulato della musica: in geometria pareva infatti talmente evidente ed intuitivo che da un punto esterno a una retta passasse una e una sola parallela alla retta data, che per 2000 anni di teoremi e studi geometrici non ci si è mai posti il dubbio se al Quinto Postulato potessero esistere alternative.
Eppure, perché no? Comporre senza intervallo di ottava si può fare: basta volerlo, disponendo ovviamente di una scala ad hoc. La scala φ-tonale offre appunto al compositore l’opportunità di superare questa ultima barriera musicale, un vincolo presente in ogni scala, rompendo il tabù di non utilizzare nella composizione un intervallo musicale (l’ottava) che è stato sinora ritenuto intangibile, adottando una sequenza di suoni in una scala nella quale l’ottava non risulti mai essere presente.
Creare una scala del genere non è peraltro complesso: in luogo del moltiplicatore 2 occorre adottare un altro numero, scelto ad hoc. Personalmente (in particolare, per le motivazioni scritte all’inizio dei questo articolo) propongo al compositore di utilizzare la scala φ-tonale, denominata 10- φtET e basata sul numero φ (cioè la sezione aurea), con una sequenza di 10 “semitoni” separati in modo equanime nei rapporti in frequenza tra loro dal numero irrazionale s, la radice decima del numero aureo:
s : | = 1,049297804… |
Ovviamente, a questo punto l’intervallo di ottava non sarà più rappresentato dal rapporto numero intero 2, ma dal rapporto φ, in una scala di dieci semitoni tale che:
s x s x s x s x s x s x s x s x s x s = φ
Dato che il valore di vale circa 1,05946, possiamo notare che il valore s del “semitono” della scala φ-tonale risulta essere leggermente più “piccolo” del valore S della scala cromatica occidentale 12-tET.
Ma l’elemento più importante e la vera novità concettuale della scala φ-tonale è che, nel suo sviluppo nelle sue note ascendenti e discendenti, si determina un andamento delle altezze di nota tale da non incrociare mai le rispettive ottave di ogni altra nota in scala. Si veda infatti nel seguito lo sviluppo delle frequenze per 4 ottave nell’intorno del La centrale 440 Hz, rispettivamente per le due scale 12tET e 10φ-tET:
All’interno dell’ottava seguente il La centrale (La3) , la scala φ-tonale esprime circa 14 “semitoni”: il 14° “semitono” a salire (indicato Si-φ) è infatti percettibilmente più grave del La4 una ottava sopra (863,0 contro 880 Hz), mentre il 15° semitono è leggermente più acuto del La4 (905,6 Hz contro 880 Hz).
Ne consegue dunque che, nello sviluppo delle note nella scala φ-tonale, non esisterà mai alcuna coppia di “semitoni” che siano rispettivamente l’uno un’ottava inferiore o superiore dell’altro. Si tratta dunque di una sequenza di suoni assolutamente nuova, i cui rapporti “armonici” e le cui potenzialità espressive (nella sua totale mancanza di riferimento con l’intervallo di ottava) sono ancora sconosciute e tutte da esplorare.
Conclusioni
Questa in realtà non vuole (né può) essere una conclusione. Spero però possa avvenire, per il lettore musicista intrigato o almeno incuriosito dalle considerazioni teoriche esposte sopra, che esse siano un buon punto di partenza su cui riflettere e ragionare. E magari, sperabilmente, creare.
Io, come ho scritto all’inizio, semplicemente Vorrei. Vorrei trovare un compositore che scriva un pezzo in musica usando la scala musicale φ-tonale, e ovviamente ce lo faccia poi ascoltare. La costruzione di questa scala, grazie ai moderni strumenti elettronici di sequencing disponibili all’interno di un qualsiasi software musicale (Cubase, Sonar, ecc.) è relativamente semplice. Per quanto poi riguarda la notazione su rigo della scala φ-tonale è tranquillamente possibile continuare a utilizzare quella tradizionale su pentagramma, a partire dal La3. tenendo ovviamente presente che il significato delle note rappresenta tutt’altro che quanto siamo tradizionalmente abituati a pensare e a sentire.
Esisterà mai un compositore così generoso e coraggioso da volersi cimentare a esplorare, a conoscere e soprattutto farci conoscere questa scala, proponendoci una sua prima composizione musicale? Io, assai ottimisticamente, lo spero davvero. Perché sperare fa sempre bene. Come diceva Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi: “Giova sperare, caro il mio Renzo”.
Se dunque qualcuno che legge questo articolo volesse essere così gentile da segnalarlo ad amici musicisti, compositori e non, gliene sarò sinceramente grato. Chi poi volesse contattarmi per ulteriori chiarimenti o precisazioni, può tranquillamente farlo per il tramite della rivista Vorrei. Buona musica φ-tonale!
Renato Ornaghi