Silvia Giacon racconta la sua esperienza di collaboratrice alla Milanesiana, dove ha accompagnato il sociologo e filosofo polacco.
Quando gli ho raccontato di aver lavorato come accompagnatrice di Zygmunt Bauman, Antonio mi ha chiesto di narrare ai lettori di Vorrei il Bauman uomo, il personaggio non pubblico. Non credo di aver conosciuto Bauman in meno di ventiquattrore senza trascorrere molto tempo in sua compagnia. Posso però affermare di aver colto alcuni aspetti che ne denotano una straordinaria umanità, ed è su di essi che spenderò queste parole.
Lavoravo già da qualche giorno alla Milanesiana, rassegna di Arte Cinema Letteratura Scienza Teatro e Filosofia ideato e diretto da Elisabetta Sgarbi. Lessi sul foglio della logistica il nome di Zygmunt Bauman, affiancato al mio nel ruolo di accompagnatrice. Deglutii. Era il mio primo ospite importante dall’inizio di quest’esperienza. Come ci si rivolge a un personaggio di tale portata? mi chiesi. Devo intavolare un discorso di natura intellettuale oppure posso chiedergli che cosa ha mangiato per colazione?
Il bello di questo lavoro è la possibilità di conoscere da vicino personaggi di spicco dell’intellighenzia nazionale e internazionale e, soprattutto, relazionarsi con loro come persone prima ancora che come personaggi famosi. C’era, ad esempio, lo scrittore avvilito per la recente morte della moglie che non faceva mistero del suo dolore o la sceneggiatrice russa che sorpresa ascoltando i miei racconti sulle esperienze della mia famiglia con i bambini di Cernobyl. Non sapevo cosa aspettarmi da Zygmunt. Forse lo credevo più distaccato, molto poco umano, come tanti intellettuali che hanno offerto la propria vita allo studio. Appena mi si è presentato, non ho capito quello che mi diceva. L’ho osservato un po’ agitata e mi è tornato in mente il personaggio del notaio ne Gli Aristogatti: una figura buffa, tenera e un po’ assente, quasi che a volte fosse presente a quello che si sta dicendo e altre volte no. Per la sua riservatezza, ho impiegato un po’ di tempo a instaurare un rapporto di fiducia. Poi, però, sarei rimasta piacevolmente sorpresa.
Zygmunt è un gran fumatore. Di due anni più vecchio di mio nonno, che se solo odora lontanamente il fumo di una sigaretta rischia di non svegliarsi più, l’ottantanovenne Bauman si accende sigarette di continuo, senza però fumarle tutte: le spegne e riaccende in base al tempo di cui dispone. È consapevole di questo suo vizio (quando, dopo l’evento, lo stavo accompagnando alla cena, mi ha confessato “This is my obsession” [Il tema della Milanesiana era proprio Manie e Ossessioni, ndr], anche se il suo fumare è quasi nascosto, intimo, poco plateale. Quando gli ho mostrato le mie sigarette rollate, si è fatto una risata.
Zygmut è sordo da un orecchio, tanto che alle volte pare assentarsi dalla conversazione e rifugiarsi in un mondo tutto suo. Ricordo mio nonno, che ora purtroppo non c’è più, che aveva lo stesso problema e quando le voci attorno a sé si facevano confuse e rumorose, si spegneva e osservava sorridendo la scena di fronte a sé. La situazione di Zygmunt mi ha ricordato il nonno e l’ho teneramente ammirato quando, stanco e accaldato, si voltava e lasciava che la sua assistente curasse le relazioni pubbliche al posto suo. Quasi che il suo handicap selezionasse per lui i momenti a cui valesse la pena partecipare. Il resto era spazzatura.
Zygmunt è un vero signore. Mentre pensavo che si sarebbe lamentato dell’organizzazione visti i trasferimenti in luoghi caldi, talvolta inutili o all’indirizzo errato, mi ha lasciata attonita un gesto che a mio parere ne denota una grande umanità: li stavo riaccompagnando in hotel dopo la cena quando è passato davanti al ristorante un venditore ambulante di rose: Zygmunt ha estratto il portafoglio e ne ha acquistate tre, che ero sicura avrebbe regalato alla sua assistente. Invece le ha offerte a me ringraziandomi per la cura dimostrata nei loro confronti. Devo molto a quell’episodio: una gratificazione che solo una persona di grande umanità arriva a concepire, soprattutto se così anziana e scevra da interessi per una giovane lavoratrice impegnata nel rendere il suo soggiorno piacevole e privo di complicazioni.
Credo che vi siano delle piccole particolarità che permettono di comprendere una persona pur conoscendola molto poco: non posso affermare che tipo di persona sia Zygmunt Bauman, ma posso giurare che la fama che lo precede non ha influito minimamente sul suo modo di trattare le persone con cui si rapporta. E questa, a mio avviso, è una qualità che nessun libro potrà mai insegnare.