Fra i grandi scrittori italiani del Novecento, Calvino ha restituito alla narrativa, ma soprattutto alla lettura, una dimensione ludica, giocosa, libera. Lettori e collaboratori di Vorrei raccontano il proprio rapporto con la letteratura di Italo Calvino. Scrivici anche il tuo Calvino: info@vorrei.org
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aleotto fu Topolino, lo ammetto. Furono i fumetti Disney, con un benemerito adattamento "topesco", a farmi scoprire Il Visconte dimezzato, dando inizio a un percorso di letture fantastiche (mai aggettivo fu più azzeccato per uno scrittore). La trilogia degli antenati, insieme ai racconti di Marcovaldo e alle Cosmicomiche, mi aprì un mondo fatto di storie architettate con un'allegra precisione, composta di gioco e di studio impastati insieme. Ecco, credo sia questa impareggiabile commistione di fresca improvvisazione e lavoro a tavolino, tale da lasciare al lettore solo l'impressione della prima, lasciando magistralmente in ombra la seconda, a dimostrare la straordinarietà di Calvino nel panorama letterario italiano di ogni tempo.Fra i grandi scrittori italiani del Novecento, Calvino è senz'altro quello che più di tutti ha restituito alla narrativa, ma soprattutto alla lettura, una dimensione ludica, giocosa, libera: una lezione che un decennio dopo avrebbe portato avanti un altro grande autore come Daniel Pennac. E non è un caso che – insieme al francese – Calvino risulti fra gli scrittori più amati dai docenti di scuola: l'unico, per certi aspetti, ancora capace di parlare agli studenti con una lingua schietta, comprensibile pur nella sua ricercatezza espressiva (non preziosità, ma precisione, appunto).
Tutto questo, però, non può bastare a rendere la grandezza letteraria di Calvino, senza parlare dei suoi meravigliosi personaggi, i suoi caratteri che come prismi rispecchiano vizi e virtù degli italiani (ma non solo). Ecco, forse ancora meglio delle sue stesse storie, sono i personaggi a dare l'idea di quanto sia geniale Calvino. Come fare a non innamorarsi scorrendo la sterminata galleria di personaggi indimenticabili come Medardo di Terralba, Cosimo Piovasco di Rondò, Marcovaldo, Palomar...?
Il più grande di tutti però, quello che mi ha fatto capire quanto Calvino sapesse toccare corde che da lettore trovo imprescindibili, è stato Agilulfo, il Cavaliere Inesistente. Con la sua ostinata e granitica voglia di esserci, quell'armatura vuota mi ha trasmesso – più che insegnato – la nozione di quanto sia vitale la forza di volontà nell'esistenza umana, il desiderio di lasciare il segno, di esserci per fare la differenza, per fare la cosa giusta. Per imporsi non sugli altri, ma sulla vita, sulla propria stessa vita, e darle senso attraverso l'azione.