Musica. Questa canzone è un piccolo miracolo. Uno dei rari esempi di canzone che cerca di riflettere seriamente su cosa significhi fare musica oggi in Italia e fare parte del mondo cosiddetto alternativo.
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na canzone che in tre minuti condensa le debolezze della scena musicale e culturale italiana degli ultimi anni. Un grido necessario.
Emiliano Merlin è già attivo da qualche anno all’interno di quella che viene definita “musica indie”, prima nei Lecrevisse, uno dei segreti meglio custoditi dello scorso decennio, con all’attivo il bellissimo (due.), poi in solitaria, con un paio di album entrambi di ottima fattura, con buoni riscontri di critica ma scarsa attenzione da parte del pubblico.
In questa sede ci occuperemo però di una singola canzone di Emiliano, che non fa nemmeno parte di quella che viene solitamente considerata come discografia ufficiale di un artista. Il brano in questione si trova infatti su una compilation uscita un paio di mesi fa, “Fosbury10”, nata per celebrare il decimo compleanno dell’etichetta trevisana di cui Unòrsominòre fa parte.
La canzone si intitola “Pezzali”, come il cantante ex 883, ed è un piccolo miracolo. È infatti uno dei rari esempi di canzone che cerca di riflettere seriamente su cosa significhi fare musica oggi in Italia e fare parte del mondo cosiddetto alternativo. In questo caso la parola chiave è l’avverbio “seriamente”: Unòrsominòre riesce infatti ad uscire dal cortocircuito ironico che attanaglia ormai da qualche anno l’indie e il cantautorato italiano. Di canzoni che citano le reflex o chi cerca fortuna a Londra ce ne sono molte, ma “Pezzali” è la prima a non dare un giudizio finale con un sorriso bonario, autocompiaciuto e finto distaccato. In questo caso lo sguardo è veramente critico, incompromissorio e giustamente cattivo.
Gli interrogativi che pone Unòrsominòre devono infatti essere affrontati e risolti, per far sì che la musica italiana (o almeno la sua parte non commerciale) e chi la segue possano tornare ad avere un peso culturale. Che senso ha ad esempio persistere nell’appellarsi alla retorica delle piccole cose? E rivalutare in modo acritico ciò che fino a pochi anni fa veniva visto come lontano, se non contrario, ai propri ideali? E soprattutto, rincorrere l’ironia e il disimpegno per nascondercisi dietro senza mai relazionarsi con la realtà sociale e culturale di questi giorni?
La nostra speranza è che “Pezzali” possa essere uno stimolo per molti, tra i musicisti e ancor più tra il pubblico, e non un epitaffio.