Teatro. Lo spettacolo di debutto della compagnia Odemà, tra le più promettenti della scena contemporanea, in scena al Teatro della Contraddizione
A
tua immagine, ovvero come proporre ad un pubblico una disquisizione teologica di altissimo livello, del tutto non banale, con intelligenza, immaginazione e sarcasmo. Il tutto accompagnato da atmosfere che sanno di vaudeville, siparietti brechtiani che non mancano di quel gusto retrò e un po' in bianco e nero del cinema muto (anche se lo spettacolo è tutt'altro che silenzioso, anzi!) alla Buster Keaton e alla Charlie Chaplin. Ma andiamo con ordine.
Metti una sera in un foyer di un teatro, tra chiacchiere e saluti di chi arriva e chi è già lì da un po'. Metti che entra uno strano figuro, cerone in faccia, bombetta in testa, zoccoli ai piedi. Rossetto sulle labbra. Metti che si metta a baciare tutti, con quel rossetto, come a marchiarli, come a dire “ti ho contagiato, ora sei fregato”. Non fa paura, non incute timore, tutt'altro, questo diavolo poetico è simpatico, tenero, viene quasi voglia di abbracciarlo. Si entra in sala, è proprio lui che fa da padrone di casa, scopre le poltrone coperte da un drappo, fa accomodare il pubblico e... comincia la storia, anzi la Storia, quella raccontata nel libro più letto e tradotto al mondo.
Sono due lampadine all'inizio che incarnano gli altri due protagonisti, oltre al poetico diavolo, di questa storia: le lampadine si parlano. Capiamo subito che si tratta di Dio e di suo figlio. Le domande sono esistenziali “Padre perchè mi hai creato? Perchè hai voluto un figlio? Che ci faccio io in questo mondo?”.
Guerre, morti, soprusi, ingiustizie, martiri, roghi, crociate, nefandezze di ogni genere e tipo saranno il prezzo che Dio chiederà all'uomo di pagare pur di vedersi riconoscere un dominio immenso, su tutta l'umanità; è un Dio assetato di potere, che non esita a sacrificare il proprio figlio, incarnazione di sé stesso, pur di poter estendere il suo potere su un popolo più vasto del solo popolo ebraico, su tutta la cristianità. Un figlio consapevole che il suo non è il sacrificio salvifico che viene raccontato, bensì un sacrificio che condanna il genere umano a sofferenze e patimenti oltre ogni limite e giustificazione. L'elenco dei modi in cui moriranno i primi martiri della cristianità è un esilarante balletto da avanspettacolo in cui si cimenta con successo la bravissima Giulia D'Imperio, nostra Dio al femminile, sulle musiche suonate dal vivo dal Diavolo in persona, il poetico Enrico Ballardini, mentre un esterefatto Gesù Cristo (Davide Gorla, anche autore del progetto drammaturgico) assiste incredulo ed impotente. Il racconto continua passando dalla descrizione di cosa sarà l'inquisizione al racconto delle Crociate, tanto il testo è denso di significato e la parola letterariamente intensa (testi presi da Goethe, Saramago, Pessoa...), tanto la forma è leggera, dinamica, imprevedibile. Tanto che a volte si rischia di perdere qualche concetto presi come si è a seguire le immagini e ce ne si dispiace perché si vorrebbe cogliere appieno ogni parola, sicuri di trovarci una grande o piccola verità.
La carrellata di crimini e nefandezze che gli uomini saranno disposti a subire e infliggere ai propri simili in nome (e per conto) di Dio è talmente vasta che nemmeno il Diavolo può restare indifferente e infatti, sul finale, cerca un'alternativa proponendo un patto a Dio: “perdonami e accoglimi nuovamente nel tuo Regno e il Male scomparirà dal mondo e tu dominerai incontrastato su tutto il Creato”. Dio non accetta. “Se non sussiste il Diavolo, non sussiste neanche Dio”, come a dire che il Bene per esistere ha bisogno del Male. E che Male sia allora, ma che non si dica che il Diavolo non ci ha provato. A tentare Dio.
In fondo però è evidente che l'unico vero responsabile di tutto il male raccontato non è né Dio, né suo figlio, né il Diavolo, ma solo ed esclusivamente chi li ha creati per fornirsi un valido alibi per uccidere, prevaricare, dominare. In sala dunque il vero protagonista è il pubblico, chiamato in causa (anche in modo esplicito dagli sguardi e dagli intensi silenzi degli attori) per assumersi le proprie responsabilità. Lo spettacolo si chiude con la stessa immagine dell'inizio: un lenzuolo, o per meglio dire un sudario, copre i corpi immobili di Gesù che tiene in braccio un Dio sopraffatto e quasi senza vita, il Diavolo modella questa scultura candida e polverosa come fosse una Pietà. Ecco che resta solo quell'involucro che tanto viene demonizzato dalla cristianità come fonte di tutti i mali, quel corpo martirizzato, piagato, rinnegato che però è l'unico posto dove il devoto fedele può contenere la sua anima.
Teatro della contraddizione
Via della braida milano
Ore 20.45
www.teatrodellacontraddizione.it